Il 17 e il 18 novembre si sono tenute le elezioni regionali in Emilia Romagna ed in Umbria.
Affermazione netta
dei candidati del centro sinistra
rispettivamente Michele De
Pascale che ha battuto
Elena Ugolini nettamente
, e in Umbria il prossimo governatore sarà Stefania Proietti che
subentra alla sfidante Donatella Tesei. È Michele de Pascale (centrosinistra)
il nuovo governatore dell'Emilia Romagna.
"La sua è una vittoria decisa,
schiacciante", ha detto la sfidante di centrodestra Elena Ugolini
ammettendo la sconfitta. Negativo però il dato definitivo dell'affluenza, che
si è fermata al 46,42%, con un crollo rispetto al 67,67% delle precedente
elezioni.
Anche in Umbria è
stata eletta la candidata del centrosinistra, Stefania Proietti, che ha battuto
la sfidante del centrodestra - e presidente uscente - Donatella Tesei. In
questo caso l’affluenza è stata del 52,3% (64,69% nella precedente tornata).
In entrambi i casi quindi il centrosinistra vince.
Per me però quello di cui la
politica dovrebbe preoccuparsi, è l’affluenza, che passa
In Emilia Romagna, dal 67,69 % delle passate regionali al
miserrimo, 46,42%, e per l’Umbria dal 64,69 al 52,3.
Ricordiamoci , tutte e due, con la Toscana, erano regioni rosse ed esprimevano
percentuali bulgare di votanti, guidate dall’egemonia sul territorio del
PCI, finchè c’è stato, e dai suoi eredi .
Mi ha lasciato stupefatto il dato emiliano comunque, ma mi
lascia stupefatto ancora di più come, anche a Roma, nessuno abbia mostrato la
ben che minima inquietudine.
La affluenza attestata al 50%, punto più punto meno, è
diventata la costante elettorale del
nostro paese, e non solo, anche europea.
E non vale dire che l’astensionismo puntella e legittima i
risultati ottenuti da chi ha votato, può valere per percentuali di non voto
basse, fisiologiche, non per la metà dei cittadini aventi diritto, che non praticano questo diritto-dovere.
Ai piani alti se lo sono mai posto il problema? se si , non
lo dicono.
Se si governa con ,
vista il peso dell’astensionismo, solo il 25% del consenso reale , giocoforza, si
perderà il contatto con le esigenze de i territori, delle comunità, che esprimono bisogni che con questo scollamento rimangono inascoltate.
La politica , e quindi la contesa elettorale, viene gestita
come contrapposizione quasi di maniera, tra forze che si accapigliano su
banalità, tralasciando attentamente ,e secondo me, volutamente , le vere
contraddizioni il cui superamento dovrebbe essere la base del governo di una
collettività.
Quando su temi
importanti, come la gestione del territorio , non si vedono differenze
sostanziali tra le varie parti , viene
da se che il cittadino non va a votare ,perché vede i candidati praticamente
uguali, e non si sente rappresentato.
L’astensionismo, la mancanza di partecipazione, è
frutto della percezione della politica come qualcosa di lontano, autoreferenziale.
Quando il consenso lo si cerca con influencer ,con esperti di marketing, cos’altro ci si può aspettare?
Come dice Ivan Cavicchi, nel suo libro La sinistra e la
sanità, le politiche sanitarie italiane sono ispirate da quelle dell’ Emilia
Romagna. Sbandierate come riforme , sono solo una migliore gestione del
presente, che ha permesso l’ingresso del
privato, dei fondi e non solo, nella cura di quello che è uno dei diritti
fondamentali , la tutela della salute pubblica.
E le conseguenze di quest’approccio, sono sotto gli occhi di
tutti, caos nei pronti soccorsi, attese infinite, chiusura di ospedali, mancanza di servizi quando ,come in aree considerate marginali ,
sono considerati antieconomici.
Se l’unico criterio di riferimento è la sostenibilità
economica di qualunque intervento, che ha tempi finanziari, quindi risposte a
breve termine, va da sé che non c’è posto per un approccio di più ampio
respiro. E non solo in sanità, ma anche in ambiti ugualmente strategici, come
la gestione del territorio.
Tutto questo ha ricadute negative nella vita dei cittadini.
Torniamo alle elezioni.
Si parla di Emilia Romagna, e non si possono non dire due parole sul candidato del centro sinistra
uscito vittorioso dalle elezioni regionali Michele De Pascale.
Chi è, e qual è la sua storia?
Sindaco di Ravenna per due mandati ha visto la città da lui
amministrata andare sott’acqua più volte
negli ultimi anni, città con una cementificazione importante, durante il suo
mandato.
La solita idea di sviluppo “predatorio “ a spese
dell’ambiente e le conseguenze si sono viste.
Benissimo, con i cambiamenti climatici in atto la piovosità
“acuta” si è fatta più frequente, ma non bisogna dimenticare che l’Emilia
Romagna, è al terzo posto nella sciagurata classifica delle regioni in Italia per consumo
di territorio, che vuol dire rendere
impermeabili intere aree e rompere le linee di flusso delle acque, con le
conseguenze disastrose che sono sotto gli occhi di tutti.
Ferrara,
nell’inondazione di qualche mese fa viene salvata dall’apertura di un canale
napoleonico, e questo la dice lunga.
La serenissima Repubblica di Venezia curava le malghe delle montagne, perché l’acqua che
arriva in laguna viene da lì.
Se in base a ragioni gestionali, finanziarie,
economicistiche, si abbandonano senza manutenzione idrogeologica, destino
comune a tutta l’Italia purtroppo, sia le aree interne, sia quelle a valle , le
conclusioni le abbiamo davanti ai nostri occhi.
Se la politica non fa realmente politica, se la politica non
ha un progetto, non esprime un’idea , un’idea riformatrice, rimane ostaggio di un pensiero
omologato, uniforme, con i vari partiti che si differenziano solo per
sfumature, non riuscendo a esprimere delle vere idee di governo alternative .
La gente non si riconosce e non vota.
In quest’ottica il disastro di Valencia è emblematico.
Lì la popolazione , giustamente inferocita, se le è presa
con tutti, governo centrale, e regionale, con tutto l’arco costituzionale si
sarebbe detto qualche decennio fa in Italia.
Quella di Valencia , area ciclicamente inondata, alluvione
sessant’anni fa con cento morti, che
negli ultimi decenni, è stata oggetto di speculazione edilizia, con il solito consumo
di territorio.
Conclusione: se si costruiscono centri commerciali sulle vie
di passaggio delle acque , essi si trasformano in tombe per chi ha la sfortuna
di trovarsi dentro, al momento dell’evento calamitoso.
In più se su direttiva EU la Spagna elimina in pochi anni
103 dighe, per tutelare l’ambiente fluviale, non si riesce più a gestire le
acque piovane in situazione di eccezionalità.
Gli argini vanno curati e i contadini lo sanno benissimo, e
lo hanno ricordato proprio per le inondazioni in Emilia Romagna.
Questi disastri non sono solo imputabili al cambiamento
climatico , ma ricordano che il
territorio va gestito e va gestito in sinergia con le popolazioni che lo vivono.
Altro punto dolente! Le burocrazie, che siano regionali,
nazionali, europee, abituate al dirigismo, astratto e piattamente normativo,
mal si interfacciano con le comunità...
Con la sinistra, o presunta tale, che si adagia in un
conformismo che mi lascia senza parole.
Che tristezza!
P.S. vi invito a leggere i contributi acutissimi che vi propongo oggi
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