martedì 26 novembre 2024

Che tristezza ... ! Intervento di Leonardo Elia

Il 17 e il 18 novembre  si sono tenute le elezioni regionali in Emilia Romagna ed in Umbria.

Affermazione netta  dei candidati del centro sinistra  rispettivamente Michele  De Pascale  che ha battuto

Elena  Ugolini nettamente , e in Umbria  il prossimo  governatore sarà Stefania Proietti che subentra alla sfidante Donatella Tesei. È Michele de Pascale (centrosinistra) il nuovo governatore  dell'Emilia Romagna.  "La sua è una vittoria decisa, schiacciante", ha detto la sfidante di centrodestra Elena Ugolini ammettendo la sconfitta. Negativo però il dato definitivo dell'affluenza, che si è fermata al 46,42%, con un crollo rispetto al 67,67% delle  precedente  elezioni.

Anche in Umbria  è stata eletta la candidata del centrosinistra, Stefania Proietti, che ha battuto la sfidante del centrodestra - e presidente uscente - Donatella Tesei. In questo caso l’affluenza è stata del 52,3% (64,69% nella precedente tornata).

In entrambi i casi quindi  il centrosinistra vince.

Per me  però quello  di  cui  la politica dovrebbe preoccuparsi, è l’affluenza, che passa

In Emilia Romagna, dal 67,69 % delle passate regionali al miserrimo, 46,42%, e per l’Umbria dal 64,69 al 52,3.

Ricordiamoci , tutte e due, con la Toscana, erano  regioni rosse ed  esprimevano  percentuali bulgare di votanti, guidate dall’egemonia sul territorio del PCI, finchè c’è stato, e dai suoi eredi .

Mi ha lasciato stupefatto il dato emiliano comunque, ma mi lascia stupefatto ancora di più come, anche a Roma, nessuno abbia mostrato la ben che minima inquietudine.

La affluenza attestata al 50%, punto più punto meno, è diventata la costante elettorale  del nostro paese, e non solo, anche europea.

E non vale dire che l’astensionismo puntella e legittima i risultati ottenuti da chi ha votato, può valere per percentuali di non voto basse, fisiologiche, non per la metà dei cittadini aventi diritto, che non  praticano questo diritto-dovere.

Ai piani alti se lo sono mai posto il problema? se si , non lo dicono.

Se si governa  con , vista il peso dell’astensionismo, solo il 25% del consenso reale , giocoforza, si perderà il contatto con le esigenze de i territori, delle comunità,  che esprimono bisogni  che con questo scollamento rimangono  inascoltate.

La politica , e quindi la contesa elettorale, viene gestita come contrapposizione quasi di maniera, tra forze che si accapigliano su banalità, tralasciando attentamente ,e  secondo me, volutamente , le vere contraddizioni il  cui superamento  dovrebbe essere la base del governo di una collettività.

Quando  su temi importanti, come la gestione del territorio , non si vedono differenze sostanziali tra le varie  parti , viene da se che il cittadino non va a votare ,perché vede i candidati praticamente uguali, e non si sente rappresentato.

L’astensionismo, la mancanza di partecipazione, è frutto  della percezione della  politica come qualcosa di  lontano, autoreferenziale.

Quando il consenso lo si cerca con influencer  ,con esperti di marketing, cos’altro  ci si può aspettare?

Come dice Ivan Cavicchi, nel suo libro La sinistra e la sanità, le politiche sanitarie italiane sono ispirate da quelle dell’ Emilia Romagna. Sbandierate come riforme , sono solo una migliore gestione del presente, che ha permesso  l’ingresso del privato, dei fondi e non solo, nella cura di quello che è uno dei diritti fondamentali , la tutela della salute pubblica.

E le conseguenze di quest’approccio, sono sotto gli occhi di tutti, caos nei pronti soccorsi, attese infinite, chiusura di ospedali,  mancanza di servizi  quando ,come in aree considerate marginali , sono considerati antieconomici.

Se l’unico criterio di riferimento è la sostenibilità economica di qualunque intervento, che ha tempi finanziari, quindi risposte a breve termine, va da sé che non c’è posto per un approccio di più ampio respiro. E non solo in sanità, ma anche in ambiti ugualmente strategici, come la gestione del territorio.

Tutto questo ha ricadute negative   nella vita dei cittadini.

Torniamo alle elezioni.

Si parla di Emilia Romagna, e non si possono  non dire due parole sul candidato del centro sinistra uscito vittorioso dalle elezioni regionali Michele De Pascale.

Chi è, e qual è la sua storia?

Sindaco di Ravenna per due mandati ha visto la città da lui amministrata andare sott’acqua più  volte negli ultimi anni, città con  una  cementificazione importante, durante il suo mandato.

La solita idea di sviluppo “predatorio “ a spese dell’ambiente e le conseguenze si sono viste.

Benissimo, con i cambiamenti climatici in atto la piovosità “acuta” si è fatta più frequente, ma non bisogna dimenticare che l’Emilia Romagna, è al terzo posto nella sciagurata  classifica delle regioni in Italia per consumo di territorio, che vuol dire  rendere impermeabili intere aree e rompere le linee di flusso delle acque, con le conseguenze disastrose che sono sotto gli occhi di tutti.

 Ferrara, nell’inondazione di qualche mese fa viene salvata dall’apertura di un canale napoleonico, e questo la dice lunga.

La serenissima Repubblica di Venezia  curava  le malghe delle montagne, perché l’acqua che arriva in laguna viene da lì.

Se in base a ragioni gestionali, finanziarie, economicistiche, si abbandonano senza manutenzione idrogeologica, destino comune a tutta l’Italia purtroppo, sia le aree interne, sia quelle a valle , le conclusioni le abbiamo davanti ai nostri occhi.

Se la politica non fa realmente politica, se la politica non ha un progetto, non esprime un’idea , un’idea  riformatrice, rimane ostaggio di un pensiero omologato, uniforme, con i vari partiti che si differenziano solo per sfumature, non riuscendo a esprimere delle vere idee di governo  alternative .

La gente non si riconosce e non vota.

In quest’ottica il disastro di Valencia è emblematico.

Lì la popolazione , giustamente inferocita, se le è presa con tutti, governo centrale, e regionale, con tutto l’arco costituzionale si sarebbe detto qualche decennio fa in Italia.

Quella di Valencia , area ciclicamente inondata, alluvione sessant’anni fa con cento morti,  che negli ultimi decenni, è stata oggetto di speculazione edilizia, con il solito   consumo di territorio.

Conclusione: se si costruiscono centri commerciali sulle vie di passaggio delle acque , essi si trasformano in tombe per chi ha la sfortuna di trovarsi dentro, al momento dell’evento calamitoso.

In più se su direttiva EU la Spagna elimina in pochi anni 103 dighe, per tutelare l’ambiente fluviale, non si riesce più a gestire le acque piovane in situazione di eccezionalità.

Gli argini vanno curati e i contadini lo sanno benissimo, e lo hanno ricordato proprio per le inondazioni  in Emilia Romagna.

Questi disastri non sono solo imputabili al cambiamento climatico ,  ma ricordano che il territorio va gestito e va gestito in sinergia con le popolazioni che lo vivono.

Altro punto dolente! Le burocrazie, che siano regionali, nazionali, europee, abituate al dirigismo, astratto e piattamente normativo, mal si interfacciano con le comunità...

Con la sinistra, o presunta tale, che si adagia in un conformismo che mi lascia senza parole.

Che tristezza!

P.S. vi invito a leggere i contributi acutissimi  che vi propongo oggi

 



 

 

 

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