Sì, credo proprio che queste siano le parole giuste per descrivere il quadro politico leccese alla vigilia della campagna elettorale per le amministrative di giugno e ciò interessa, purtroppo, tutti gli schieramenti in campo.
Incominciamo dal Centrodestra. Questo non ha ancora trovato
il candidato sindaco unitario - ovviamente lo troveranno perché non potrebbero
mai rinunciare al potere – ma intanto le tre forze politiche che lo compongono
si stanno scontrando su tre figure ipotetiche. La prima è un ex sindaca che
alla veneranda età di ottanta anni crede ancora di essere l’unica soluzione per
una città come Lecce. Probabilmente ritiene che oltre le sue non ci siano altre
esperienze e competenze adeguate non solo dall’altra sponda ma anche nel suo
stesso campo. Ancorata al suo passato dimostra ancora tanta passione per la
“poltrona”. Il secondo è anche lui un ex parlamentare che dopo un periodo di
distacco… “…a volte ritornano”. Il terzo è in palese conflitto di interessi ma
ovviamente per lui non è un problema stante il fulgido esempio fornito da un
ben più illustre predecessore che tanto male ha fatto all’Italia e che “scese
in campo” per difendere le proprie aziende e fu supportato magnificamente da
giornali e televisioni di sua proprietà.
Nel Centrosinistra la situazione non è molto differente.
C’è un sindaco che nel corso del suo mandato ha via via dilapidato buona parte
del grande consenso ricevuto nelle precedenti elezioni. Con la sua supponenza e
scarsa empatia, con il suo decisionismo e scarsa propensione al confronto e al
dialogo, ha saputo disperdere quel credito di cui disponeva. Non contento di
tutto ciò non ha ritenuto opportuno fare con semplicità e oculatezza un passo
indietro rischiando in questo modo di oscurare anche le “cose buone” già fatte.
Basti pensare che una buona scelta quale la realizzazione delle piste ciclabili
è diventata quasi un boomerang dal punto di vista del consenso. A fronte di
tanta autoreferenzialità il partito di maggioranza relativa del Centrosinistra
non è stato in grado di assumere una posizione autonoma diventando succube dei
diktat altrui e si è per giunta prestato a delle elezioni “primarie” ridicole e
farlocche, poco partecipate e financo controproducenti. Ma queste primarie sono
state possibili grazie anche al desiderio di visibilità di un’altra forza
politica dello stesso schieramento che ha creduto in questo modo di raccogliere
un certo dissenso che potrebbe tornargli utile nel corso delle elezioni di
giugno. Senza questa complicità le “primarie” non si sarebbero potute svolgere
con buona pace dei costruttori della possibile futura débâcle elettorale.
Anche la seconda forza politica del Campo progressista ha
rinunciato colpevolmente a svolgere un proprio protagonismo che sarebbe potuto
risultare benefico per la città e per lo stesso schieramento. Anziché
inaugurare un nuovo percorso virtuoso per l’elaborazione di un programma
condiviso, per l’aggregazione di tutte le voci del dissenso e per la
composizione di una coalizione alternativa con un candidato sindaco autorevole
e stimato da tutti, ha preferito rinchiudersi nel proprio recinto rincorrendo
le ambizioni personali di taluni. E in questi comportamenti c’è la risposta
alla grande differenza che si registra tra l’esito delle elezioni nazionali e
di quelle locali. Finché non si sarà in grado di preparare una classe dirigente
adeguata si continuerà a pagare il prezzo di queste logiche prepolitiche e
autoreferenziali.
Per ultimo ci sono poi i piccoli partiti della sinistra radicale che continuano a preferire la sterile testimonianza politica senza riuscire ad incidere minimamente sulla trasformazione della società ed oggi assistiamo anche al sacrifico di un professionista medico stimabile che viene immolato sull’altare del velleitarismo dei negazionisti novax.
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