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Potere vuol dire determinare i limiti del pensabile

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Ipse dixit ...

Preso nel vortice degli affari e degli impegni ciascuno consuma la propria vita, sempre in ansia per quello che accadrà, e annoiato di ciò che ha. Chi invece dedica ogni attimo del suo tempo alla propria crescita, chi dispone ogni giornata come se fosse la vita intera, non aspetta con speranza il domani né lo teme. Seneca - Il Tempo

Dubitando ....

Dubitando ad veritatem pervenimus - Cicerone

Festìna lente ("Affrettati lentamente") - Svetonio

Festìna lente ("Affrettati lentamente") - Svetonio

Più che dare risposte sensate ...

«Più che dare risposte sensate, una mente scientifica formula domande sensate.» Claude Lévi-Strauss

lunedì 14 luglio 2025

Aree interne - Intervento di Leonardo Elia

Qualche giorno fa ho letto qualcosa  sul PSNAI, il piano strategico nazionale aree interne.

Approvato a marzo di quest’anno, ma circolato all’inizio di luglio. Basato su   studi del Cnel e del Censis, che dividono l’Italia i quattro aree, di cui una,  quella della provincia profonda, il 60%  del territorio nazionale, dove abita poco meno di un quarto della popolazione italiana.

Sono le aree  che più subiscono il  calo demografico e l’invecchiamento della popolazione che ci contraddistingue come nazione.

A parte dei passi  di  questo documento, che sono “da brivido”, in cui si disegna , e si accetta, una tendenza, l’abbandono di territori  come destino ineluttabile, la  maggioranza e l’opposizione, si scontrano polemizzando  sui “soldi”, sugli stanziamenti di fondi, non su come vanno  spesi.

Praticamente , le regioni devono incentivare  i comuni delle aree interne, meglio se riuniti in consorzi, ad una progettualità che coinvolga  la solita non meglio identificata  “ società civile”, fondazioni, terzo settore, e chi più ne ha più ne metta, in pratica gli enti locali se la devono sbrigare da soli senza un disegno articolato , e le risorse, che per essere efficaci devono essere nazionali .

Questi interventi spezzettati sanzionano la fine della politica, perché così non si può rispondere   alle vere esigenze che queste aree esprimono, interpretabili  solo con uno sguardo strategico. Cosa che chi conosce questi luoghi sa  bene.

Mia moglie è molisana, di un paesello a una decina di km da Campobasso. Il Molise esiste! Mille abitanti circa. In rapido depopolamento,  come tutta la regione. Lì  addirittura  volevano chiudere il locale ufficio postale, nel paese non c’è uno sportello bancario, con una stazione ferma da anni , che sembra essere ripartita con solo due treni al giorno  che collegano il capoluogo a Termoli.  Se io dalla mia città, volessi  andare lì, con  le ferrovie,  qualcuno  dovrebbe  venire a prendermi  o a Foggia o a Termoli.

In pratica  se si elegge la sostenibilità economica  a stella polare,  e manca una visione politica di ampio respiro,   risulta  naturale chiudere  i servizi essenziali ,  come anche  gli ospedali,  si penalizza   il trasporto pubblico,  aggiungendo  che spesso anche  la copertura internet non è adeguata. Cosi  si condanna all’isolamento gran parte del territorio nazionale, e quindi lo si condanna  all’abbandono.

Alla fine sia il governo , sia l’opposizione, scontrandosi su banalità, non pensano che mancando una strategia inclusiva nei confronti dei cittadini tutti, anche quelli che vivono nelle aree interne, li si condanna , per sfinimento all’emigrazione.

Visione strategica  che aveva  chi governava tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900, che dotarono  tutto il nostro paese di una rete ferroviaria che doveva collegare , e lo ha fatto,  le periferie, che sono una ricchezza , alle aree più centrali del paese. Pensate in Salento alle ferrovie che da Brindisi arrivano  al capo di Leuca.

Allora si pensò giustamente che le infrastrutture portano  sviluppo, come oggi bisognerebbe capire che le stesse infrastrutture potrebbero combattere il declino. Ma chi di competenza a quanto pare pensa ad altro, al riarmo per esempio.

Con destra e sinistra che appaiono, ancora una volta, facce , neanche tanto differenti, di una stessa cultura priva di un qualsivoglia respiro strategico. Solo visione economico finanziaria,  bassa ragioneria , senza futuro.

Si accetta, mettendolo nero su bianco il suicidio assistito di intere aree del paese, nel migliore dei casi trasformandole in grandi ludoteche e in genere in location di eventi.

Distraendo l’attenzione , il tempo, il denaro verso la creazione di un possibile invasore, un nemico, e relativo illusorio riarmo.

Sentitevi il governatore della Campania, che per quanto naif, è uno dei pochi politici lucidi e diretti!




Lo stato del potere. Politica e diritto ai tempi della post-libertà di Carlo Iannello (Meltemi)

Il neoliberalismo ha liquidato il liberalismo. Le politiche neoliberali hanno introdotto ovunque la concorrenza, dai servizi pubblici all’università, dalla sanità all’istruzione, fino a estenderla all’intera società. Si è così abbandonato ogni fine sociale e conservato il solo apparato autoritario, essenziale al mercato. Asservito lo Stato all’economia, neutralizzata la politica, scardinati i principi liberal-democratici e la prescrittività delle costituzioni, il neoliberalismo ha condannato la democrazia e il diritto pubblico a una prolungata agonia. Le nuove forme del potere stanno ora pregiudicando, dopo quelle politiche e sociali, anche le libertà economiche, che decenni di politiche neoliberali hanno finito, paradossalmente, per mettere in discussione. Alla sempre maggiore concentrazione dei capitali corrisponde un’inedita centralizzazione delle decisioni, ormai slegate dalle sedi della rappresentanza democratica, ancora formalmente esistenti. Sono ora gli stessi attori del capitalismo transnazionale a governare di fatto l’economia e la società, secondo modalità che rimandano alle pianificazioni dello Stato interventista. Carlo Iannello ricostruisce i contorni di questo “post-liberalismo” oligarchico e illiberale, che può essere contrastato solo ridando forza al progetto profondamente umano contenuto nella Costituzione repubblicana, costruito sul primato della persona rispetto allo Stato e alla tecno-economia




Intervento di BRIZIO MONTINARO, fratello di Antonio, agente di scorta di Falcone

L'abbandono delle aree interne è una sconfitta per tutta l'Italia

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Brigante se more - Musicanova

Dazi Trump: l’Europa paga il conto per i paradisi fiscali interni | La Fionda

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C’è ancora spazio per la libertà e la democrazia costituzionale? A partire da Lo Stato del potere di Carlo Iannello | La Fionda

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domenica 13 luglio 2025

GOFFREDO FOFI Il libro che mi ha cambiato la vita 14 04 2010 ARCHIVIO 2010 #thinkingstorage

Goffredo Fofi: "I professori universitari sono i meno adatti a capire la nuova cultura"

#CESCProject25 | Intervista a Goffredo Fofi

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SCP Nadia Urbinati: Il premierato e la svolta autoritaria

Gocce di silenzio - Gotas de silencio: Aforismi - Aforismos di Fernando Menéndez (iQdB)

sabato 12 luglio 2025

Me la sono andata a cercare. Diari di una reporter di guerra di Giuliana Sgrena (Editori Laterza)

«Se una giornalista torna in una bara da un paese in guerra, sicuramente sarà stata uccisa perché aveva fatto uno scoop, se invece dopo essere stata rapita torna a casa viva, beh, allora se l’era andata a cercare».
Giuliana Sgrena se l’è andata a cercare raccontando la violenza e la sopraffazione nei più importanti conflitti degli ultimi trent’anni, dando al giornalismo di guerra anche un punto di vista femminile.


Giuliana Sgrena è stata per quasi trent’anni inviata speciale in tutti i maggiori conflitti: dall’Algeria all’Iraq, dalla Somalia all’Afghanistan, dalla Siria all’Eritrea. I suoi articoli hanno raccontato un mondo dove la guerra stava tornando a essere non più un’eccezione ma la normalità. Dove regimi autoritari reprimevano e violentavano i propri popoli, dove gli stati fallivano, dove gli interventi di peacekeeping dei paesi occidentali si risolvevano in fallimenti e fughe precipitose. Si è esposta in prima linea per svelare le grandi falsificazioni dei governi e dei giornalisti embedded: dalle violenze commesse da chi avrebbe dovuto esportare la democrazia ai traffici osceni che ogni guerra porta con sé. A emergere in questo libro sono soprattutto gli incontri con donne e uomini straordinari, o il ricordo di colleghi, come Ilaria Alpi e Maria Grazia Cutuli, che hanno pagato con la vita la loro volontà di testimonianza. E, naturalmente, c’è il peso che tutto questo lascia nella propria esistenza: per Giuliana soprattutto il rimorso per la morte di Nicola Calipari, colui che l’aveva liberata dal sequestro di un gruppo islamista in Iraq e che venne ucciso da un soldato americano sull’auto che li stava portando all’aeroporto di Baghdad. Per anni, alla sindrome del sopravvissuto si è accompagnata l’accusa, da parte del mondo tutto maschile del giornalismo di guerra, di ‘essersela andata a cercare’, perché una donna non avrebbe dovuto essere lì. E questo libro è proprio la rivendicazione, con orgoglio, di una vita spesa – da donna – in prima linea



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