Qualche giorno fa ho letto qualcosa sul PSNAI, il piano strategico nazionale aree interne.
Approvato a marzo di quest’anno, ma circolato all’inizio di
luglio. Basato su studi del Cnel e del
Censis, che dividono l’Italia i quattro aree, di cui una, quella della provincia profonda, il 60% del territorio nazionale, dove abita poco meno
di un quarto della popolazione italiana.
Sono le aree che più
subiscono il calo demografico e
l’invecchiamento della popolazione che ci contraddistingue come nazione.
A parte dei passi di questo documento, che sono “da brivido”, in
cui si disegna , e si accetta, una tendenza, l’abbandono di territori come destino ineluttabile, la maggioranza e l’opposizione, si scontrano
polemizzando sui “soldi”, sugli
stanziamenti di fondi, non su come vanno spesi.
Praticamente , le regioni devono incentivare i comuni delle aree interne, meglio se
riuniti in consorzi, ad una progettualità che coinvolga la solita non meglio identificata “ società civile”, fondazioni, terzo settore, e
chi più ne ha più ne metta, in pratica gli enti locali se la devono sbrigare da
soli senza un disegno articolato , e le risorse, che per essere efficaci devono
essere nazionali .
Questi interventi spezzettati sanzionano la fine della
politica, perché così non si può rispondere
alle vere esigenze che queste aree esprimono, interpretabili solo con uno sguardo strategico. Cosa che chi
conosce questi luoghi sa bene.
Mia moglie è molisana, di un paesello a una decina di km da
Campobasso. Il Molise esiste! Mille abitanti circa. In rapido depopolamento, come tutta la regione. Lì addirittura volevano chiudere il locale ufficio postale,
nel paese non c’è uno sportello bancario, con una stazione ferma da anni , che
sembra essere ripartita con solo due treni al giorno che collegano il capoluogo a Termoli. Se io dalla mia città, volessi andare lì, con le ferrovie,
qualcuno dovrebbe venire a prendermi o a Foggia o a Termoli.
In pratica se si
elegge la sostenibilità economica a
stella polare, e manca una visione
politica di ampio respiro, risulta naturale chiudere i servizi essenziali , come anche gli ospedali, si penalizza il
trasporto pubblico, aggiungendo che spesso anche la copertura internet non è adeguata.
Cosi si condanna all’isolamento gran
parte del territorio nazionale, e quindi lo si condanna all’abbandono.
Alla fine sia il governo , sia l’opposizione, scontrandosi
su banalità, non pensano che mancando una strategia inclusiva nei confronti dei
cittadini tutti, anche quelli che vivono nelle aree interne, li si condanna ,
per sfinimento all’emigrazione.
Visione strategica
che aveva chi governava tra la
fine dell’800 e gli inizi del ‘900, che dotarono tutto il nostro paese di una rete ferroviaria
che doveva collegare , e lo ha fatto, le
periferie, che sono una ricchezza , alle aree più centrali del paese. Pensate
in Salento alle ferrovie che da Brindisi arrivano al capo di Leuca.
Allora si pensò giustamente che le infrastrutture portano sviluppo, come oggi bisognerebbe capire che le
stesse infrastrutture potrebbero combattere il declino. Ma chi di competenza a
quanto pare pensa ad altro, al riarmo per esempio.
Con destra e sinistra che appaiono, ancora una volta, facce
, neanche tanto differenti, di una stessa cultura priva di un qualsivoglia
respiro strategico. Solo visione economico finanziaria, bassa ragioneria , senza futuro.
Si accetta, mettendolo nero su bianco il suicidio assistito
di intere aree del paese, nel migliore dei casi trasformandole in grandi
ludoteche e in genere in location di eventi.
Distraendo l’attenzione , il tempo, il denaro verso la
creazione di un possibile invasore, un nemico, e relativo illusorio riarmo.
Sentitevi il governatore della Campania, che per quanto
naif, è uno dei pochi politici lucidi e diretti!
Nessun commento:
Posta un commento