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GLI INTERVENTI DI LEONARDO ELIA
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Salute e benessere a cura di Leonardo Elia
mercoledì 8 novembre 2023
Segreti e lacune. Le stragi tra servizi segreti, magistratura e governo di Benedetta Tobagi (Einaudi)
Un’Italia, quella della seconda metà del Novecento, che si è mossa tra le lacune dei depistaggi e le condotte spesso equivoche dei servizi segreti. Benedetta Tobagi racconta, sullo sfondo delle stragi, la dialettica tra intelligence, magistratura e potere esecutivo dalla P2 alla caduta del Muro.
Segreti e lacune, valendosi di documentazione d’intelligence declassificata in larga parte inedita, indaga i conflitti tra magistratura, servizi segreti e potere esecutivo nel corso dei processi per le grandi stragi terroristiche (1969-80), nel periodo compreso tra la riforma dei servizi segreti del 1977 e la metà degli anni Novanta, quando cioè l’Italia riemerge dal terremoto politico della fine della Guerra fredda. A partire da qui affronta temi più ampi, quali l’annoso problema di come esercitare un controllo democratico effettivo sull’attività dei servizi e insieme le possibilità e i limiti della ricostruzione storica di vicende dell’Italia repubblicana in cui la dimensione politica si intreccia a quella criminale: ovvero come affrontare con metodo rigoroso anche gli aspetti indicibili e la dimensione occulta della politica.
In Italia i processi per le grandi stragi terroristiche, durati decenni e terminati spesso con assoluzioni generalizzate, costituiscono un terreno d’indagine perfetto per analizzare la conflittualità permanente tra magistratura e servizi segreti. In ciascuno di essi si manifestano infatti lentezze, gravi distorsioni e depistaggi veri e propri, messi in atto dagli organismi d’intelligence e da altre forze di sicurezza, operanti a servizio dell’esecutivo. Con la legge di riforma dei servizi del 1977 (varata proprio sull’onda degli scandali connessi alle stragi), che introduce per la prima volta un controllo politico e parlamentare sull’intelligence e insieme revisiona la disciplina del segreto di Stato, cresce l’attenzione pubblica, e insieme l’ipocrisia istituzionale, su questi temi. Il focus sugli anni Ottanta di questo libro consente di osservare nella pratica i limiti di questa pur importante e per molti versi innovativa legge di riforma, che aveva suscitato grandi speranze ben presto dissipate dallo scandalo P2. Nonostante la fine della Guerra fredda, con il corollario della «doppia lealtà» delle forze di sicurezza, depistaggi e degenerazioni nel funzionamento dell’intelligence continuano a riproporsi. Segreti e lacune, prendendo in esame le mentalità, i motivi e i meccanismi che ostano alla trasparenza, nonché la fisiologia e patologia dei rapporti tra intelligence e potere politico, delinea le radici di questa continuità dai risvolti drammatici.
martedì 7 novembre 2023
Fascisti della parola di Vittorio Feltri (Rizzoli)
Il politicamente corretto applicato al linguaggio secondo Feltri è il male del secolo, ed è giunto il momento di dire basta, di tornare a parlare come mangiamo.
Con le parole si può giocare, ma non si scherza.
Sono roba seria. Infatti, uno dei primi segni di un potere totalitario e
liberticida è proprio il controllo del linguaggio. L’imposizione della
censura di alcuni termini non è pratica che riguarda il passato, anzi, è
più attuale che mai. Più andiamo avanti e più regrediamo in questo
ambito. Più diventiamo moralistici, smarrendo tuttavia morale ed etica,
più ci concentriamo sull’uso di determinati vocaboli, facendone una
malattia. Così si è data vita alla battaglia più stupida, vana, insulsa e
folle della nostra storia: quella al dizionario. Oggi non si può più
dire “negro” al negro né si può più dire “zingaro”, “rom” o “nomade”.
Non si può dire che uno è “cieco”, semmai è un “non vedente”. Non si può
dire “sordo”, al massimo “audioleso”. Non si può dire “spazzino”, ma
solo “operatore ecologico”. Non si può dire “bidella”, ma solamente
“operatrice scolastica”. Non si può dare del terrone al terrone mentre è
corretto dare del polentone a un polentone. E guai a dire “frocio” o
“finocchio”, a meno che tu stesso non sia omosessuale, in tal caso
diventa lecito. Per non parlare della repulsione diffusa nei confronti
dei sostantivi maschili. Se aggiungi l’astina alla vocale “o”, se
declini tutto al femminile, allora sei una bella persona, altrimenti
vieni etichettato quale maschilista tossico e pure farabutto.
lunedì 6 novembre 2023
PNRR. La grande abbuffata di Tito Boeri, Roberto Perotti (Feltrinelli)
Il Pnrr si basa su una scommessa: prendere a prestito soldi che si sarà in grado di spendere e rimettere così in moto l’economia. Quella italiana invece è sembrata più la grande abbuffata: prendere più soldi possibili, poi si vedrà. Ora che i conti non tornano, che fare?
A differenza di quasi tutti i paesi europei, l’Italia ha chiesto il massimo delle somme del programma NextGenerationEU. Per 6,5 euro su 10 si tratta di prestiti. Benché concessi a tassi agevolati, andranno restituiti. La scommessa su cui si regge questa scelta è che il Pnrr aumenterà per sempre il tasso di crescita dell’economia italiana. È una scommessa condivisa da tre governi: il governo Conte II ha chiesto il massimo dei fondi senza sapere bene come spenderli; il governo Draghi, pur avendo la possibilità e il capitale politico per frenare il treno in corsa, ha rinunciato a prendere atto della realtà; il governo Meloni ha fatto alcuni aggiustamenti necessari, ma ha anche ridotto la spesa più importante, quella sull’emarginazione sociale, e ha rimosso gli obiettivi di contrasto all’evasione. Tutti i governi hanno sbandierato stime iperboliche degli effetti positivi del Pnrr, senza alcun fondamento nella realtà. Nessun governo si è posto il problema di come finanziare la gestione futura degli investimenti. Oggi sappiamo che il Pnrr è in forte ritardo, ma questo non è il problema principale. Il Pnrr ha un vizio d’origine: troppi soldi, troppa pressione per spenderli a prescindere, troppo poco tempo per spenderli bene. Stanzia cifre assurdamente alte su spese inutili o deleterie ma “facili” come il Superbonus o “alla moda” come il digitale nelle scuole primarie mentre trascura spese necessarie per la nostra società, a partire da quelle per offrire opportunità ai giovani delle periferie urbane. Quasi tutte le maggiori riforme “epocali”, da cui secondo i governi dipendeva il successo del Piano, sono ferme al palo, e molte sono state abbandonate prima di partire. Cosa si può fare a questo punto? Prendere atto della realtà anziché nascondersi dietro a un dito: rivedere i piani rendendoli più realistici, e forse anche riflettere sull’opportunità di rinunciare a parte dei fondi presi a prestito. Questo non vuol dire rinunciare a essere ambiziosi, solo rinunciare a essere superficiali. Il Pnrr si basa su una grande scommessa: prendere a prestito soldi che si sarà in grado di spendere bene e rilanciare così l’economia. Ma un grave vizio d’origine l’ha resa più simile a una grande abbuffata: prendere più soldi possibile, poi si vedrà. Ora che i conti non tornano, che fare? “Nessuna retorica e nessun fiume di parole può trasformare un’idea confusa o non realistica in un buon investimento.”
domenica 5 novembre 2023
sabato 4 novembre 2023
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Animali puntualmente in transito sulle vie delle elezioni comunali leccesi. Le puntuali, insopprimibili pecore richiamate dal pifferaio di t...