Un ritratto della politica attuale, a partire dalle radici neofascistiche del governo in carica, la cui assicurazione-vita è nella zelante scelta atlantista. Che ha ragioni storiche remote.
La marcia del neofascismo italiano verso
l’atlantismo più radicale incominciò subito dopo la stipula del patto
politico-militare tra gli Stati Uniti e il governo franchista spagnolo.
Questo confortevole contesto, collaudato da oltre settant’anni, spiega
la naturalezza con cui gli eredi del Movimento sociale italiano (MSI),
mutate le denominazioni, giunsero tempestivamente a far parte del
governo italiano sin dai primi anni Novanta e, nei mesi scorsi, al
vertice di esso. Con quanta dedizione ai fondamenti della Repubblica si
può arguire dalla definizione datane da Giorgio Almirante nel gennaio
1988: «Repubblica bastarda». Le premesse remote di questo idillio vanno
ricercate nel modo in cui, conclusasi la seconda guerra mondiale,
prontamente decollò la guerra fredda. La cui conclusione – crollo del
mondo ‘socialista’ e trionfo dell’alleanza atlantica – ha determinato un
ampio schieramento di poteri e di opinioni pubbliche che riconnette la
remota contrapposizione ‘o Roma o Mosca’ agli sviluppi tuttora in atto:
all’insegna del «dunque avevamo ragione».
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