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GLI INTERVENTI DI LEONARDO ELIA
The Others - un altro punto di vista
Salute e benessere a cura di Leonardo Elia
giovedì 31 luglio 2025
mercoledì 30 luglio 2025
Il ritorno del protezionismo e la de-industrializzazione USA Guglielmo Forges Davanzati (Prof. Storia del Pensiero Economico - UNISALENTO)
Stephen Miran è il principale
teorico del protezionismo dell’aministrazione Trump. Nell’articolo User’s guide
to resttucturing the global trading system del 2024, Miran rileva due
principali benefici per l’economia USA derivanti dall’introduzione di dazi,
ovvero: l’aumento del gettito fiscale e la re-industrializzazione. Nel
dibattito italiano, queste tesi vengono spesso considerate con sufficienza e
prevale la convinzione che le misure protezionistiche USA siano destinate a
produrre danni per la stessa economia statunitense, trattandosi di una gestione
irrazionale della politica commerciale. Si tratta di quella che viene definita
la Madam theory o teoria dei pazzi al potere, secondo la quale l’irrazionalità
del comportamento del Presidente serve a disorientare gli avversari politici
per ottenere il massimo vantaggio nelle trattative.
Conviene, per contro, prendere
Miran sul serio e verificare se le sue tesi reggono alla prova della teoria e
dei fatti.
Miran parte dall’osservazione per
la quale, essendo il dollaro valuta di riserva internazionale, la sua continua rivalutazione, è
responsabile del declino industriale americano anche come conseguenza della concorrenza di Paesi con costi di
produzione più bassi e cambio deprezzato (Cina, in primis). Si stima, a
riguardo, che la quota degli occupati sul totale della forza-lavoro nella
manifattura americana si è ridotta dal 24% del 1960 all’8% del 2025. Il peso
del Pil USA su quello mondiale si è ridotto dal 40% del 1960 al 21% del 2012.
Secondo Miran, l’introduzione di dazi può servire ad arrestare questa tendenza
e, al tempo stesso, ad attrarre capitali negli USA. I dazi, infatti, proteggono
le imprese con sede negli USA dalla concorrenza internazionale. Il ritorno al
protezionismo – si aggiunge – non avrebbe effetti inflazionistici (si cita, a
riguardo, l’esperienza positiva del biennio 2018-2019) e, con un livello
“ottimo” dei dazi (stimato al 20%) si produrrebbe anche l’aumento del gettito
fiscale. Va da sé che questo effetto si produce solo se la domanda statunitense
di prodotti importati è molto rigida e, per conseguenza, mentre un basso
livello dei dazi (dunque, politicamente poco rilevante, se i dazi sono
concepiti come strumento di negoziazione politica) può generare un gettito
elevato, vale il contrario nel caso di dazi elevati.
Questa tesi è criticabile per due
ordini di ragioni:
1) Non sembra esistere correlazione
fra diffusione del dollaro come valuta di riserva internazionale e
de-industrializzazione USA. Dal 1944 e nei successivi decenni la domanda di
dollari su scala internazionale è continuamente cresciuta, salvo far registrare
un significativo decremento nell’ultimo triennio (raggiungendo oggi il minimo
storico del 57.54%, a fronte di un aumento della domanda, in particolare, di
euro, soprattutto per effetto della dollarizzazione promossa dai BRICS). Il
deficit commerciale americano è aumentato del 60%, al netto dell’inflazione,
tra il 2000 e il 2022. Si badi che questo aumento si è registrato proprio a
partire dalle prime msiure protezionistiche, volute, in particolare,
dall’amministrazione Biden. Come è noto, a partire dalla fine della seconda
guerra mondiale, con gli accordi di Bretton Woods, il dollaro diventa la valuta
di riserva internazionale. Il problema nasce dal fatto che gli USA sperimentato
da tempo un problema di “doppio deficit” (pubblico e della bilancia dei pagamenti)
che, negli ultimi anni, ha generato un processo di de-dollarizzazione, connesso
al tentativo dei BRICS di utilizzare una valuta diversa dal dollaro. Se il
protezionismo serve a regolare l’offerta di dollari, allora quella
dell’amministrazione Trump – nelle circostanze attuali - ha come finalità
essenziale la difesa dell’egemonia monetaria, che, a sua volta, è difesa di
quello che il Presidente francesce Valéry Giscard d’Estaing ebbe a definire
l’”esorbitante privilegio”. L’esistenza, in Europa, di regolamenti (e, dunque,
di barriere non tariffarie), in particolare su salute e ambiente, viene
percepita dall’industria statunitense e da Trump come ostacoli alle
esportazioni USA, pur essendo valide erga omnes e non configurandosi, a rigore,
come strumenti di protezione. Miran ritiene anche che l’aumento dei dazi generi
incrementi del gettito fiscale: va da sé che questo effetto si produce solo se
la domanda statunitense di prodotti importati è molto rigida e, per
conseguenza, mentre un basso livello dei dazi (dunque, politicamente poco
rilevante, se i dazi sono concepiti come strumento di negoziazione politica)
può generare un gettito elevato, vale il contrario nel caso di dazi elevati. Si
ha, quindi, un trade-off fra rilevanza del protezionismo per il conseguimento
di finalità di contrattazione con Paesi terzi e sua importanza per contribuire
al risanamento delle finanze pubbliche.
2) La de-industrializzazione appare
semmai connessa alla finanziarizzazione, non all’apprezzamento del dollaro e
ha, dunque, ha che vedere con il modello di sviluppo che l’economia USA si è
data soprattutto negli ultimi decenni e, in particolare, con la deregolamentazione
dei mercati finanziari voluta da Clinton e alle delocalizzazioni (causate da
molti fattori oltre al tasso di cambio, fra i quali: più bassi salari
all’estero, tassazione più favorevole, minori vincoli ambientali). Si calcola
che l’incidenza della sfera finanziaria (quantificata dallo stock complessivo
delle attività finanziare esistenti sul mercato) sul Pil USA è in continuo
aumento dal 1950 a oggi. La finanziarizzazione dell’economia e delle imprese
frena la produzione industriale soprattutto perché crea incentivi ad allocare
capitale monetario in attività più redditizie con utili conseguibili in tempi
più rapidi.
Letto in quest’ottica, la vera
novità del protezionismo USA consiste nel fatto che– probabilmente per la prima
volta nella Storia del capitalismo – le politiche di protezione delle industrie
nascenti (teorizzate e messe in atto nella Germania della prima rivoluzione
industriale, in particolare da F. List, alla metà dell’Ottocento e poi dai
Paesi in via di sviluppo nel secolo scorso) – sono realizzate nella prima
economia al mondo. Trump sta accelerando il processo, ma questo era in fieri da
decenni, perché è da tempo che gli USA sperimentano il paradosso di voler,
simultaneamente vivere al di sopra delle loro possibilità (creando, dunque,
elevati e crescenti debiti privati e pubblici) e salvaguardare l’equilibrio
della loro bilancia commerciale.
martedì 29 luglio 2025
Ancora su Francesca Albanese - Intervento di Leonardo Elia
Ieri sono stato al presidio in piazza a Lecce per Handala , l’imbarcazione di Freedom Flottilla, carica di aiuti umanitari destinati a Gaza. A bordo 21 civili, provenienti da vari paesi, io personalmente ho parlato con un giovane francese, prima della partenza , a Gallipoli. Le notizie arrivate erano che era seguita da droni israeliani, Un’altra imbarcazione ,qualche mese fa, era stata colpita da droni , rischiando di affondare.
Abbiamo appreso in diretta, che l’Egitto aveva negato le
acque territoriali, gli amici si vedono al momento del bisogno!
Nella notte tra sabato e domenica Handala è stata abbordata
dall’ IDF, e sono stati arrestati i
membri dell’equipaggio, il tutto avvenuto in acque internazionali, un atto di
pirateria bell’è buono.
Silenzio dei mass media, escluso poche eccezioni. Per la comunicazione main stream questi fatti
, gravissimi non esistono. Se l’avesse fatto Putin!
Quando si parla della
Palestina non si può non parlare di Francesca Albanese. Lei è la “Relatrice
speciale per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati”. Dal maggio
del 2022.
Gli è stato rinnovato l’incarico. Avendo da sempre parlato chiaramente di “genocidio” a
Gaza, e di occupazione militare
,violenta e omicida , in atto in cis giordania si è attirata tutte le accuse possibili di
antisemitismo, e udite udite , anche sanzioni proclamate da pochi giorni
dall’amministrazione americana.
Rubio sul suo account X ha scritto: "Oggi impongo
sanzioni alla relatrice speciale del Consiglio per i diritti umani delle
Nazioni Unite, Francesca Albanese, per i suoi illegittimi e vergognosi
tentativi di indurre la Corte penale internazionale ad agire contro funzionari,
aziende e dirigenti statunitensi e israeliani".
Tra l’altro la
Albanese si è superata,
citando tutte le società, che
avendo rapporti con lo stato sionista, che è bene ricordare non è sottoposto a
nessuna sanzione, di fatto non solo appoggiano, ma addirittura lucrano sulla
strage perpetrata da Israele, che ha un modus operandi degno di uno stato
coloniale della peggior specie.
Non commento sull’operato americano, sempre più da bullo, che
tra l’altro risulta controproducente , se visto in un’ottica
egemonica , perché espressione di un
doppio standard che nessuno al mondo accetta più.
Anche la macchina del fango che si è prontamente messa in
moto con l’attacco miserevole di Molinari contro la Albanese, non è degna di alcun commento. Faccio notare che lo stesso
Molinari è stato direttore fino a poco tempo fa del quotidiano Repubblica.
Quello che mi preme ,
da cittadino italiano, è l’atteggiamento istituzionale, e qui ci metto non solo
il governo, ma anche le opposizioni, la
sinistra o presunta tale.
Si sta rinnovando il
memorandum sulla difesa e la sicurezza tra Italia e Israele, in pratica tra il
nostro paese e uno stato canaglia,
genocida.
Non passa la mozione di sfiducia in Parlamento , di 5
stelle, Pd, AVS, ma la cosa che mi colpisce ‘ il silenzio assordante delle
istituzioni, mass media, atteggiamento comune anche all’attacco, di fatto a
Francesca Albanese, al suo operato, alla sua persona. Un Tajani che asserisce
che il nostro paese non ha niente a che
vedere con le sanzioni, vale meno del due di briscola. È il silenzio della
stampa, quella “accreditata “ nei salotti buoni della tv, che non fa nulla per
difendere la relatrice ONU, la cui unica colpa è di avere fatto , e bene, il
suo lavoro.
Quando si è voluto ,
tutte queste figure si sono messe in moto, praticamente all’unisono.
E si può facilmente
trovare un parallelismo con l’astensione di AVS, e di FI,
il Pd ha votato contro ,sulla mozione di sfiducia alla Von der Leyen, al
Parlamento europeo. Mozione che voleva
sfiduciare Ursula e i suoi accoliti, tutti , che non sono altro che
guerrafondai deliranti. La peggiore commissione europea di sempre.
Se al genocidio non ti opponi sei connivente.
Come colpisce il silenzio sulla disumanità perpetrata a Gaza
, degna del miglior Hans Frank, giustiziato a Norimberga, del nostro presidente
della repubblica, il nostro non essere intervenuto in difesa di Francesca
Albanese.
Mattarella quando ha voluto ha preso posizione, per esempio
con le dichiarazioni totalmente fuori luogo
su la Russia e sulla sicurezza europea, sul nostro riarmo.
E che dire della
copertina dedicata alla nostra Giorgia, dal magazine americano Time, di
proprietà del solito imprenditore sionista ben piazzato.
“dove Giorgia Meloni sta portando l’Europa”.
A me questa prospettiva con queste premesse inquieta, e non
dò tutta la responsabilità solo al governo.
Con queste opposizioni, e con questa Bruxelles, con questa
Europa c’è da essere preoccupati.
C’è da essere preoccupati ancora di più vista la
capitolazione a cui ci ha portato la Von der Leyen nel negoziato con Trump sui dazi. Se ne è
accorto anche Calenda!
Con gli irreali commenti del nostro presidente del
consiglio!
lunedì 28 luglio 2025
Fascinazione criminale. Autoetnografia di un ex camorrista di Romano Catello (Rubbettino)
La marginalità come condizione e non come alibi, la delinquenza come fascinazione e non come trappola, la scrittura come autoterapia e non come esercizio letterario: sono queste le tre strutture intorno alle quali Catello Romano ricostruisce, con il piglio del narratore e la precisione del chirurgo, la propria adesione alla malavita organizzata. Romano attraversa gli anni della propria infanzia e dell’adolescenza selezionando le vicende che hanno fatto contemporaneamente da sfondo e da detonatore alle scelte che lo hanno condotto all’adesione alla camorra e poi, appena diciottenne, a una rocambolesca latitanza e infine all’arresto. È sulla soglia del carcere che il racconto si sospende, dopo aver rivelato fatti e narrato persone che dalle pagine della cronaca nera del Napoletano entrano così a far parte della trama fitta e drammatica della storia personale dell’autore. Il testo non è un’autobiografia né un’apologia: adoperando l’autoetnografia – un metodo di scrittura codificato dalla Sociologia – Romano evoca traumi ed epifanie, incontri ed errori, delitti ancora inconfessati e rivolgimenti interiori. Una scrittura frutto di una palingenesi solitaria, irta di asperità e di possibili equivoci, generata dalla determinazione di un uomo che, dal silenzio della reclusione, invoca un riscatto culturale, morale, spirituale, sfidando chi legge a mantenere uno sguardo laico sul male che lo ha attraversato
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