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Ipse dixit ...

Preso nel vortice degli affari e degli impegni ciascuno consuma la propria vita, sempre in ansia per quello che accadrà, e annoiato di ciò che ha. Chi invece dedica ogni attimo del suo tempo alla propria crescita, chi dispone ogni giornata come se fosse la vita intera, non aspetta con speranza il domani né lo teme. Seneca - Il Tempo

Dubitando ....

Dubitando ad veritatem pervenimus - Cicerone

Festìna lente ("Affrettati lentamente") - Svetonio

Festìna lente ("Affrettati lentamente") - Svetonio

martedì 8 agosto 2023

“Ho pagato lo Stato per uccidermi”, il provocatorio libro di Jimmy Greselin

La storia vera di un uomo, sopraffatto dai debiti con l’erario, che ha finito per togliersi la vita. Un libro forte, che vuole far conoscere la realtà dei fatti e la Legge 3 del 2012, la cosiddetta Salvasuicidi

Morire per i debiti è una cosa terribile, ma se i debiti che portano a togliersi la vita sono con lo Stato, la vicenda diventa ancora più atroce. Questo è il fulcro di “Ho pagato lo Stato per uccidermi”, il provocatorio libro di Jimmy Greselin (Steps Edizioni), che oggi è parte attiva di Legge3.it, l’organizzazione fondata da Gianmario Bertollo che aiuta privati e imprenditori ad uscire dal sovraindebitamento.

Una storia romanzata, ma non è un romanzo. Il libro racconta è la storia di una persona vera, Andrea (nome di fantasia), che per una serie di vicissitudini si è trovato sopraffatto da un monte debiti che sembrava impossibile da ripagare, non è riuscito a sopportare tutto questo e si è tolto la vita. Il protagonista viene definito “un uomo come tanti, che è morto per il suo lavoro”.

Una storia davvero triste, soprattutto se consideriamo che è proprio lo Stato che ha portato questa persona ad uccidersi, attraverso l’impossibilità oggettiva di far fronte ad impegni economici impossibili da onorare. – Commenta Jimmy GreselinSpesso lo Stato che pretende dalle persone più di quanto queste possano oggettivamente sopportare, anche quando non dovrebbe, anche quando la persona non ce la fa più. Purtroppo, viviamo in una società che ancora oggi colpevolizza chi si trova in questa situazione, lo guarda con sospetto e lo spinge ai margini. Lo Stato stesso guarda le persone con debiti come se fossero i peggiori dei criminali, colpevolizzando chi ha avuto degli ‘incidenti di percorso’ suo malgrado”.

Andrea è stato un uomo forte e volitivo, che si è sempre dato da fare, che si è rialzato più volte da situazioni disastrose, sempre con la voglia di fare meglio. – Prosegue l’autore – Ogni volta ha ricominciato da zero. Nel libro si trovano anche le sue debolezze di uomo, ma, soprattutto, la vigliaccheria di parenti e amici che lo hanno abbandonato, gli stessi che, troppo tardi, si sono pentiti di averlo tradito. Ed è stato proprio questo abbandono che alla fine gli pesò di più, facendolo sentire solo. Con questo, però, non voglio dire che si debba puntare il dito verso la famiglia, che, di fatto, non ha obblighi, e talvolta non ha neanche gli strumenti, economici ed emotivi per sopportare queste situazioni. Ma l’abbandono più grave, forse, è quello da parte dello Stato. Andrea aveva pagato milioni di euro di tasse, per poi essere messo all’angolo come il peggiore dei criminali, con accuse infondate, poi cadute dopo la sua morte”.

Nel libro Jimmy Greselin parla anche di educazione finanziaria, spesso troppo carente non solo tra i cittadini, ma tra i piccoli imprenditori stessi, e dell’invidia sociale, che indica come una grande piaga dei nostri tempi. Invidia verso chi riesce nel proprio lavoro, ma anche verso chi ha di più, e questo porta molte persone a contrarre debiti per acquistare beni che non possono permettersi, ma anche a non provare empatia verso chi entra in crisi rischiando di perdere tutto. 

Il protagonista di “Ho pagato lo Stato per uccidermi”, purtroppo, si tolse la vita appena 3 mesi prima che entrasse finalmente in vigore la Legge 3 del 2012, la cosiddetta legge Salvasuicidi, emanata proprio per evitare che episodi del genere si ripetessero.

Con questo provvedimento normativo, lo Stato ha finalmente introdotto strumenti legali che consentono lo stralcio di debiti insormontabili, sostituiti da piani triennali di rientro di parte del credito che siano realmente sostenibili.

 

JIMMY GRESELIN

Laureato in Diritto Internazionale ha fatto da sempre l'imprenditore ed il consulente. Ha avuto esperienze in vari settori, dalla moda alla cantieristica, dalle commodities all'immobiliare, sempre con aziende fondate da lui, con le quali ha lavorato in tutto il mondo con maggior fortuna all'estero e maggiori difficoltà in Italia, causate spesso da un sistema bancario ingessato ed una burocrazia incomprensibile.

Da qualche anno si dedica ad aiutare le aziende, gli imprenditori e le persone in difficoltà al fianco di Gianmario Bertollo, applicando gli strumenti che la Legge3 del 2012 ed Il Nuovo Codice della Crisi, mettono a disposizione.

Avendo sempre lavorato in proprio, ha conosciuto e subito tutte le difficoltà che gli imprenditori e i liberi professionisti devono affrontare quotidianamente, e questo libro ne è la conferma. Già autore di "EDUCAZIONE FINANZIARIA - Può nuocere gravemente agli economisti", pubblicato nell'ottobre 2022. È fermamente convinto che per raggiungere un obiettivo sono necessarie due condizioni: averne uno e non aver paura di fallire dando la colpa ad altri.

Teoria politica del denaro. Da Aristotele a Keynes di Stefan Eich (Treccani)

La crisi finanziaria globale del 2008, la risposta monetaria al Covid-19, la catastrofe climatica ormai in atto e la crescita incessante delle disparità economiche hanno mostrato come il denaro sia diventato il vero campo di battaglia su cui si scontrano concezioni del futuro in contrasto tra loro. I filosofi politici giocano un ruolo cruciale in questi dibattiti, offrendo gli strumenti concettuali per indagare cosa si intende per giustizia e democrazia in quel peculiare ordine monetario che è il capitalismo finanziario e recuperando o creando un linguaggio adatto a discuterne. Riesaminando le intuizioni dei principali pensatori politici dall’antica Grecia a oggi – da Aristotele a Locke, da Fichte a Marx, a Keynes –, la grande storia intellettuale della moneta ricostruita da Stefan Eich mostra come il protagonista di queste pagine non sia solo un mezzo di scambio, ma anche un’istituzione centrale di governo politico. Poiché la modernità monetaria, sempre sospesa tra aspettative di espansione e uno spazio di esperienza instabile, ha trovato la sua espressione più pura nei momenti di difficoltà, quando sono emersi nuovi modi di affrontare il problema, l’autore ha individuato e indagato sei fasi di crisi avvicendatesi nel corso della storia e ha illustrato come solo acquisendo una maggiore consapevolezza dei limiti storici della politica monetaria potremo iniziare ad articolare concezioni più democratiche del denaro come bene pubblico. 

 


 

Mosca: "In tre giorni avanzati di 3 km sul fronte di Kupiansk"

Niger, scaduto l'ultimatum Ecowas: la risposta dei ribelli

De Luca: "Mentre Meloni fa la sua sfilata di moda per il mondo qui invasione di migranti mai vista"

Strage di Bologna e neofascisti, cosa dicono le sentenze?

Parte il riesame Ue del Pnrr, Fitto rassicura le Regioni

Chiarelettere: "IL CAVALIERE NERO" di Paolo Biondani e Carlo Porcedda

Chiarelettere: "CENT'ANNI DI FRATERNITÀ" di Arturo Paoli

Chiarelettere: "IL CANTO DEL GALLO" Don Andrea Gallo

Chiarelettere: "VIVA IL RE!" di Marco Travaglio

sabato 5 agosto 2023

Psicopatologia ed etichette: la visibilità effimera degli eco-ansiosi in assenza di prospettive Eliana Forcignanò

Erano i non troppo lontani anni Novanta, quando James Hillman, filosofo e padre della psicologia archetipica, estendeva il concetto di Anima mundi al discorso ecologico e alla cura dei luoghi. Ispirata dalla filosofia di Plotino, l’Anima del mondo – per come Hillman la reinterpreta – è quell’afflato divino che riconnette in un destino comune tutti gli elementi e gli abitanti del cosmo, rammentandone la matrice unica: il Tutto. Se un anello della catena soffre, il dolore si comunica agli altri anelli e il Tutto altro non è che la moderna astrazione dell’arché primordiale ricercata dai fisici ionici agli albori della filosofia. Sono evidenti anche le assonanze con le filosofie orientali, tanto per continuare a nobilitare la cacofonica etichetta di «ecoansia», rintracciando antichi ascendenti. Nell’immediato presente, analisi tematiche e metanalisi hanno tentato di fornire una definizione operativa del nuovo costrutto adottato dalla psicopatologia. È sembrato di rintracciare il sintomo principale dell’ecoansia nella condizione di angoscia e distress legata all’inquinamento, al cambiamento climatico, al consumo smodato di risorse naturali e non solo. Un’angoscia pervasiva orientata al prossimo futuro, sovente accompagnata da debolezza fisica e attacchi di panico: i più colpiti apparterrebbero a una fascia di popolazione occidentale compresa tra i 18 e i 35 anni d’età. Fin qui lo stato della questione, con la chiosa di Crepet che parla di «fenomeno indotto», riconoscendo nell’isteria che affetta alcune esternazioni dei più giovani in televisione l’introiezione attualizzata di paure e sensi di colpa che affliggono gli adulti e sono assorbite dalle presenti generazioni con un’amplificazione superiore alla tolleranza di un verecondo orecchio da psichiatra.

La verità sta nel mezzo? E quale verità? Se non quella che scaturisce dalla co-costruzione di narrative e visioni contestuali e dalla semiosi affettiva che induce da ambo le parti una reazione di pancia. Tra diniego e fobia, esiste la capacità di una riflessione più accurata attraverso la lente della psicologia e dell’ermeneutica? In primo luogo, sembra difficile trascurare la funzione di detonatore e amplificatore esercitata dai social media. In un’epoca in cui la ricerca spasmodica di modelli di identificazione e la diffusione dell’identità coesiste in maniera ambivalente con il desiderio di essere visti in quanto unici e originali, una buona via per il raggiungimento di entrambi gli obiettivi sembra essere offerta da queste nuove sindromi che si diffondono a macchia d’olio: dall’ecoansia agli assalti alla grammatica in nome dello scardinamento del sistema binario, per intenderci. La fobia per il clima è un modo di trovare voce, dando voce alla madre Terra, ma è anche una moda sufficientemente nuova, attraverso la quale io mi assicuro lo sguardo dell’altro e, illuminata da queste luci della ribalta, getto in faccia a un nemico generico e allo sguardo dei decisori politici, debitamente contrito per la circostanza, un malessere tanto generico quanto il mio nemico. Poi la ricerca si occuperà di rendere operativo il costrutto, ma forse non di riflettere sul buon uso del rasoio di Ockham: entia non sunt multiplicanda praeter necessarium. Fuori dai denti: le etichette, talvolta, sono così ridicole da apparire inutili o, forse, il contrario. Forse, simbolizziamo attraverso l’ecoansia l’angoscia per la palese assenza di prospettive che affligge il nostro tempo, ma nemmeno ci diamo l’opportunità di immaginarle queste prospettive. Giovanni Stanghellini scrive a proposito del fobico che la sua hybris consiste nel prendere per vero soltanto ciò che proviene dalla propria cenestesi, evitando e negando il sentire dell’altro. Il testo si chiama Selfie, pensate un po’: «“Va dove ti porta il cuore” è un incitamento affascinante, ma preso alla lettera nasconde una sproporzione – una hybris – imprudente e limitante al tempo stesso: l’accento sul “mio” mette fuori gioco l’“altrui”» (Stangellini, 2020, p. 59). Così l’attivista lascia lo studio, senza ascoltare l’intervento di Prestininzi e Giorgia travolge con il suo pianto Picchetto Fratin che dubita non si sa bene di cosa e ricorda un dovere non meglio specificato. Ma tra pareri esperti, commozione e ambigui doveri, come non ricordare che in sé i dati sono sempre filtrati attraverso letture soggettive a loro volta influenzate e plasmate dal contesto? In un’ottica socio-costruttivista (Salvatore, Cordella, 2022) si potrebbe dire che la fascia di popolazione afflitta da eco-ansia rende pertinente del cambiamento climatico la paralisi fobica: il lamento rivolto ai decisori politici insieme con il vandalismo nei principali musei delle capitali europee non sono altro che acting-out confermanti una rabbia cieca e l’impotenza diffusa. Che è anche un’impotenza appresa. Si ottiene cosa? Un ritorno di fiamma in visibilità che brucia più rapidamente del petrolio, ma prodotto zero per quanto riguarda il cambiamento invocato. Che fare, dunque? Consolare gli eco-ansiosi con parole oscure, inviarli dallo psicoterapeuta, magari con un bonus statale, confermando la lettura iper-soggettiva del fenomeno? O parlare con onestà delle complesse dinamiche socioeconomiche che impediscono la riduzione delle emissioni? O adottare la «capacità negativa» di cui parlano Bion e Keats prima di lui? Forse, era questo che tentava di adombrare confusamente il ministro. Più semplicemente si potrebbe dire: non lo so cosa accadrà domani, ma ho il dovere di impegnarmi oggi, almeno avrò fatto il possibile perché arrivi domani. 

Breve nota biografica - Eliana Forcignanò (1983) è dottore magistrale in Psicologia dell’intervento nei contesti relazionali e sociali e in Storia della Filosofia, PhD. in Scienze della mente e delle relazioni umane e ha conseguito un Master di II livello in “Gestione del disagio sociale e della microcriminalità attraverso le nuove tecnologie comunicative” presso l’Università del Salento. Dal 2013 si occupa del pensiero clinico di C.G. Jung, sul quale ha pubblicato due saggi e diversi articoli scientifici. Poiché la scrittura, quale forma d’arte e di comunicazione l’ha sempre affascinata, i suoi interessi e le sue pubblicazioni spaziano dalla poesia alla critica d’arte ed è in uscita per la rivista Psicoterapia e Scienze Umane una sua recensione a L’ombelico del sogno di V. Lingiardi, edito per i tipi di Einaudi (2023). Ha collaborato e collabora a vario titolo con testate giornalistiche locali cartacee e online.

Bibliografia essenziale 

Hickman, C. (2020).  

We need to (find a way to) talk about … Eco-anxiety, in Journal of Social Work Practice, 34(4), 411–424. https://doi.org/10.1080/02650533.2020.1844166

Hillman, J. (1999). Politica della bellezza. Bergamo: Moretti&Vitali.

Salvatore, S., Cordella, B. (2022). L’intervento psicologico. Bologna: Il Mulino.

Stanghellini, G. (2020) Selfie. Sentirsi nello sguardo dell’altro. Milano: Feltrinelli.

 

 


 

  

Chiarelettere: "Professione Lolita" di Daniele Autieri

venerdì 4 agosto 2023

Pier Paolo Pasolini, un intellettuale inaudito. Riflessioni sulla cultura e l'arte all'epoca della società dei consumi di Maria Concetta Loria (Calibano)

Una possibilità di dialogo con Pier Paolo Pasolini è concepibile solo contestualizzando la sua opera in un periodo storico fatto di profondi mutamenti sociali e culturali. Un percorso che vuole intrecciare l’esperienza dell’intellettuale corsaro con la sua elaborazione artistica. La ricostruzione dell’omicidio del poeta è affidata alle parole narrate da Ascanio Celestini in Museo Pasolini, mentre i racconti di Sandro Lombardi, di Giancarlo Cauteruccio e di Tullio Sorrentino, sull’incontro culturale con il suo Teatro di Parola, completano il saggio. Prefazione di Paride Leporace. 


 

SICUREZZA SUL LAVORO: OLTRE 19 MILIONI DI EURO NELLA FORMAZIONE

Più di 19 milioni euro di contributi sono stati concessi nel periodo 2019/2023 da FondItalia (Fondo Formazione Italia) a sostegno dei i corsi obbligatori aziendali sulla Sicurezza e la Salute nei luoghi di lavoro. Contributi che hanno interessato una platea di oltre 60mila lavoratori per un totale di quasi 6mila imprese. Di queste, quasi 3mila sono microimprese (fino a 9 dipendenti), poco più di 2mila piccole imprese (da 10 fino a 50 dipendenti) e 634 le grandi aziende con oltre 50 dipendenti. La regione italiana dove si è maggiormente investito in formazione sul tema è stata la Lombardia (più di 4 milioni di euro nel quinquennio), dove hanno preso parte ai corsi di formazione ex lege quasi 20mila lavoratori, per un totale di 2mila imprese. Al secondo posto di questa speciale classifica la Puglia, con quasi 3,5 milioni di euro per progetti finanziati e 557 imprese aderenti per un totale di 8.500 lavoratori e, al terzo, il Lazio con 277 imprese e quasi 5mila lavoratori.

I comparti produttivi che hanno espresso maggiore esigenza di risorse per la formazione obbligatoria sono le “attività manifatturiere” (quasi 5 milioni di euro per circa 1500 imprese e poco meno di 13mila dipendenti), il “commercio all’ingrosso e al dettaglio” (oltre 3 milioni di euro di contributi per più di mille  imprese e oltre 10mila lavoratori) e la “sanità e assistenza sociale” (quasi 2 milioni di contributi per 270 imprese e oltre 7mila dipendenti).

«Il sistema imprenditoriale italiano si è dimostrato molto attento alla formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sui posti di lavoro -è il commento di Egidio Sangue, vicepresidente e direttore di FondItalia-; ciò nonostante, il nostro Paese paga ancora uno scotto troppo drammatico in termini di incidenti e morti sul lavoro. Certo, la Legge 81 del 2008 ha dato alcuni benefici, ma dobbiamo tutti quanti fare di più. Penso all’aggiornamento che è, ad oggi, obbligatorio ogni cinque anni, ma che dovrebbe essere più stringente. Oppure alla scuola dove bisognerebbe iniziare a parlare di Sicurezza e Salute nei luoghi di Lavoro con particolare attenzione al futuro dei nostri giovani; o ancora ai lavoratori stranieri, che spesso incontrano difficoltà di comprensione linguistica e a cui dobbiamo necessariamente rivolgere un’attenzione differente».

Per Francesco Franco, presidente di FondItalia, «la formazione obbligatoria in materia di Salute e Sicurezza nei luoghi di Lavoro rappresenta un caposaldo della normativa italiana che agevola, migliora e rende più sicura la vita professionale dei lavoratori. A tutto ciò, noi di FondItalia consigliamo di accompagnare corsi di perfezionamento più mirati e specifici al fine di rendere ancora più preparati e competenti i lavoratori italiani».

 



 

Cripto, il regolamento Ue è stato appena approvato: ma è già superato?

Salvini: "Il nucleare è pulito e sicuro, non possiamo essere gli unici a dire di no"

Donald Trump tira dritto anche di fronte alla sua terza incriminazione

Notte di sbarchi a Lampedusa: 372 migranti soccorsi

giovedì 3 agosto 2023

La tragedia dei comunisti italiani di Giancarlo Lehner, Francesco Bigazzi (Mondadori)

Mandati di cattura, verbali d'interrogatorio, lettere dal carcere, sentenze, condanne a morte, vita nei gulag, tardive riabilitazioni: un libro che racconta con grande forza narrativa una tragedia dimenticata della storia del Ventesimo secolo, attraverso fonti storiche sconvolgenti provenienti dagli archivi moscoviti del Kgb: un dramma collettivo che ha come protagonisti gli antifascisti italiani colpiti, negli anni Trenta e Quaranta, dalla furia omicida del comunismo sovietico, dalle purghe del grande terrore staliniano. Una tragedia epocale, dalla quale scaturisce un quadro nitido dei carnefici e delle vittime, dell'ideologia come strumento di potere e di sopraffazione contrapposta all'idealismo disinteressato. 

 


 

Chiarelettere: "La cassaforte degli evasori"

L'Eco ansia – Matilda Stefanini, Second Life Contest 2021

Attivista in lacrime per 'eco-ansia', il minstro Pichetto Fratin si commuove

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