Tra il 1952 e il 1953,
con un ristretto numero di giovani meridionalisti, Leonardo Sacco avvia con
Marcello Fabbri un periodico (“La Città”) che si guadagna, fra gli altri, la
considerazione di Gaetano Salvemini: “Finalmente un giornale meridionale senza
fronzoli, senza filosofemi e senza retorica; continuate e non fatevi dissuadere
a cambiare”. Poi, nel 1954, nasce “Basilicata” mentre la vicenda materana si
ricollega alle tipiche esperienze del meridionalismo, quando cioè appare chiaro
che le forze che occupano la macchina statale non tollerano più presenze
autonome, e con qualche leggina speciale estromettono studiosi e tecnici non
allineati con il governo. Ogni progetto innovativo viene depotenziato
dall’invadente potere governativo e poi ridimensionato e dimenticato dalle
mediocri ma interessate gestioni locali. Consapevole della crisi del centrismo
e dell’insufficienza della sinistra tradizionale, il settimanale punta verso
“una elaborazione dal basso di una nuova politica”. Su ciò insiste l’articolo
di fondo del primo numero sperimentale del giornale, “una nuova classe
dirigente, che sostiene “di preparare seriamente, modestamente, attentamente,
una nuova classe politica e una nuova classe dirigente in Basilicata”, perché
solo una forza politica autonoma avrebbe potuto dare solide basi alla nascente
democrazia e impostare una lotta politica moderna e autenticamente popolare.
Una simile operazione esigeva anzitutto una solida preparazione politica,
economica, tecnica, che permettesse una conoscenza approfondita dei problemi e
delle possibilità. La salvezza non poteva venire che dal di dentro: la
democrazia non sarebbe sorta per gratuita concessione, e i rapporti
tradizionali dell’arcaica società regionale non sarebbero mutati se i lucani
non fossero mutati e non si fossero trasformati. Quello del gruppo di
“Basilicata” insomma è un tentativo di affinare meglio una tradizione di
gestione autonoma di organismi economici, di amministrazioni locali, di
autogoverno in un contesto particolare e in un ambiente non leggibile o
comprensibile nei termini schematici della lotta di classe.
Mimmo Calbi vive e lavora
a Matera. Già redattore di “Basilicata”, collaboratore della cattedra di
sociologia dell’Università del Salento e membro della Société Europénne
d’Ethnographie de l’Èducation, attualmente presiede l’associazione culturale A.
Olivetti di Matera. Tra gli altri ha pubblicato: Un violento companatico
(1992); Resoconti. Schegge di un disordine didattico (1994); Cronache
dall’Osso. Reportage dalle aree interne della Basilicata (1995); Il pudore
pedagogico di J. Ortega y Gasset (con Vito D’Armento, 2002); Il compromesso
della penombra (2008); Il pathos della lucanità (2012).
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