Dizionario politico minimo di Luciano Canfora (Fazi)

 Un lessico essenziale in cinquanta voci per comprendere le grandi questioni politiche del nostro tempo.

«C’erano una volta i partiti politici. Costituivano – come fu detto – “la democrazia che si organizza”. L’articolo 49 della nostra Carta ne scolpisce il ruolo vitale. Ora ne è rimasta soltanto l’ombra, e il discredito della politica dilaga. Dunque la conoscenza critica e storica della realtà politica si impone come esigenza ineludibile. Questo piccolo libro vorrebbe dare una mano». - Luciano Canfora


“Antifascismo”, “Capitalismo”, “Costituzione”, “Democrazia”, “Guerra”, “Libertà”, “Occidente”, “Populismo”, “Potere”, “Propaganda”, “Sovranità”: sono solo alcune delle cinquanta voci che compongono questo Dizionario politico minimo di Luciano Canfora. Intervistato da Antonio Di Siena, il grande storico e filologo spazia dall’antichità al mondo contemporaneo, dalla politica alla storia, dalla filosofia alla cultura, per aiutare il lettore a capire la complessità di parole di cui si dà troppo spesso per scontato il significato. E, per il tramite di quelle, approfondire le principali questioni politiche del nostro tempo. Con straordinaria lucidità, competenza e chiarezza espositiva, in questo volume Canfora condensa oltre cinquant’anni di riflessione storico-politica, offrendo tanto ai suoi numerosi estimatori quanto ai “neofiti” un prezioso strumento di comprensione critica della realtà. In alcune voci parla il raffinato ed erudito accademico, in altre l’uomo, il pungente osservatore del mondo che non ha ancora smesso di interrogarsi su di esso. In tutte emerge con forza un pensiero schietto e disincantato, costantemente fuori dagli schemi, capace – anche grazie al costante richiamo al passato e alla grande conoscenza del mondo antico – di fornire una lettura alternativa del presente. Piccolo breviario laico contro il diffuso analfabetismo politico, Dizionario politico minimo è un testo destinato a diventare un punto di riferimento nel dibattito intellettuale.



C'è del marcio in Occidente di Piergiorgio Odifreddi (Raffaello Cortina Editore)

 In questo libro l'autore riflette sull’arroganza dell’Occidente, anche attraverso i grandi pensatori del passato, e ci invita a non farci alleviare la coscienza dall’illusione che, forse, gli altri possono persino essere peggio di noi.


Piergiorgio Odifreddi, come molti italiani nati nel dopoguerra, è cresciuto nel mito degli Stati Uniti e dei soldati americani “liberatori”: sono stati loro, d’altra parte, ad aver salvato suo padre e suo nonno, entrambi deportati dai nazifascisti. Eppure, a partire dalla guerra del Vietnam, il suo rapporto con gli Stati Uniti inizia a cambiare. Ci studia per due anni, e ci insegna per venti. Viaggia in tutto il mondo, ed esplora in lungo e in largo il continente americano. Con sempre minor sorpresa, e sempre maggior fastidio, si rende conto dei modi violenti in cui gli Stati Uniti l’hanno sempre fatta da padroni: sfruttamento economico, embargo commerciale, occupazione militare...



Noi vogliamo tutto. Cronache da una società indifferente di Flavia Carlini (Feltrinelli)

Non c’è cambiamento senza verità e non c’è futuro senza memoria.

«In Noi vogliamo tutto la voce di Carlini, che scrive a riparo dal passato, decide di narrare gli episodi che l’hanno riguardata in prima persona, perché così la memoria – come lei stessa afferma - diventa filo rosso che la conduce alla scoperta del mondo.» - Martina Renna per Maremosso


Cosa significa abitare un Paese dove i diritti non vengono rispettati? Cosa significa abitare uno Stato che si racconta come il più civile tra gli altri? Cosa significa essere una donna oggi? Che ruolo gioca l’informazione in questo contesto? Tutte quelle che leggerete in queste pagine sono storie vere. Storie di corpi schiacciati da altri corpi. Storie di persone violate, spaventate, silenziate, storie riportate in vita senza finzioni con lo scopo di rivelare la quotidianità di un sistema di dominio costruito sulla paura.
Noi vogliamo tutto attraversa gli abusi sul luogo di lavoro e la violenza medica, l’indifferenza e la responsabilità. Flavia Carlini racconta in modo chiaro e accessibile ciò che il mondo dell’informazione tace e, dati alla mano, dimostra come le storie individuali rappresentino condizioni di vita collettiva. Rabbia e consapevolezza assumono in questo testo una nuova centralità, e diventano il potentissimo veicolo di riscoperta della collettività. Una rabbia endemica scorre tra di noi come un liquido mentre, sopra le nostre teste, si agita una sensazione di futuro e cambiamento.




La verità sulla Moschea di “Al Aqsa”*

E’ straordinario come tutto nella storia si ripeta a ciclicità quasi rituali, come il cambiamento climatico, la assurdità delle guerre e le scomode realtà per alcuni poi sostituite con finzioni ideologiche. E’ sotto gli occhi e le coscienze di tutti i popoli l’inasprirsi oltre ogni misura di inutili guerre in Europa e in Medio Oriente, languenti ormai in una normalità paranoica. Dal 7 ottobre però, data che segna infanticidi, terrorismo e ogni tipo di crimine su civili israeliani indifesi, è andato a riaccendersi un focolare di un antico odio etnico che ha da sempre alimentato guerre dettate da esclusivo pregiudizio politico. Parlo di quella guerra che già Winston Churchill nel 1947, leader di opposizione nella Camera dei Comuni, definiva, riferendosi alle crudeltà che il popolo ebraico aveva subito e che continuava a subire sotto il mandato britannico, aveva definito “squallida guerra”, è immeritatamente entrata nell’immaginario collettivo non-informato terzomondista occidentale come quella provocata da uno Stato colonialista, imperialista e sionista che ruba il territorio al popolo palestinese. La “fiction” della propaganda delle guide palestinesi, è un macchinoso congegno affabulatorio per il quale la Storia è solo un puzzle privo di consequenzialità causale da comporre e scomporre a seconda delle circostanze. In questa sede per ora prenderò in esame solo alcuni segmenti di questa narrazione. Abramo, il capostipite indiscusso delle religioni monoteiste, testimone in ordine cronologico della presenza di Dio prima nella Torah ebraica, poi nella Bibbia cristiana e infine nel Corano islamico, improvvisamente, con tutta la genìa dei profeti a lui posteriori da Mosè al Cristo, diventa musulmano. Aronne, fratello di Mosè, nel puzzle islamico, diventa invece fratello di Maria di Nazaret. E tutti i profeti entrano quindi nel segmento temporale di Maometto nato circa sei secoli dopo il Gesù cristiano. Persino l’arcangelo Gabriele, ravvedendosi dal primo annuncio, si converte alla giovane fede annuciando così il nuovo Verbo. Un tema ricorrente della propaganda anti-storica è la assoluta giurisdizione araba sulla Moschea di al-Aqsa. La centralità di Gerusalemme e la seguente moschea di al-Aqsa “da salvare dagli sporchi piedi degli ebrei”(Abu Mazen 16 settembre 2015), erano già stati pezzi di propaganda del precursore del fondamentalismo islamico, Amin al-Husseini, che nel 1930 affermava che “i sionisti” volevano impadronirsene e distruggerla solo perché alcuni rabbini si erano tranquillamente accomodati sulle sedie per pregare. Temi questi ripresi da tutti i leaders politici fino ad Abu Mazen, a seguito dei quali sarebbe iniziata la sanguinosa stagione degli accoltellamenti, dall’ottobre 2015 all’aprile 2016. Gerusalemme era stata deputata ad essere la 3° città santa dopo Mecca e Medina. Khomeini in Iran nel 1980 istituisce la Giornata di Gerusalemme inserendola come festività nel calendario islamico. Il riferimento a Gerusalemme si basa sulla Sura 17,1 inerente al viaggio notturno di Maometto dalla moschea della Mecca a una moschea “più lontana”,tradotto al-aqsa, non meglio identificata. Nessun riferimento nella Sura né al nome, né al Tempio dell’ ebreo re Davide e poi Salomone, né a nessun’altra moschea semplicemente perché non esisteva alcuna moschea tantomeno con il nome di al-Aqsa. La moschea verrà costruita circa un secolo dopo, nel 715 sotto il califfato degli Omayyiadi, discendenti da Maometto. Muhammad ibn al-Hanafiyyia ( 638-700), imparentato con il Profeta, sosteneva che Maometto non aveva mai messo piede sulla rocca di Gerusalemme, dove oggi sorgono le due moschee, della Roccia e di al Aqsa, cioè la moschea più lontana dalla Mecca. Sicuramente Gerusalemme è stata sempre ambita come luogo sacro, diventando però un triste feticcio ideologico di una perenne rivendicazione terroristica politica di chi amando finction, non riesce più a trovare altri validi motivi per provocare inutile martirologio palestinese e per lanciare periodicamente, a scadenza fissa, centinaia di razzi su Israele.

Grazia Piscopo – Presidente associazione Horah - Lecce






La biblioteca di Raskolnikov. Libri e idee per un'identità democratica a cura di Simonetta Fiori (Einaudi)

 La democrazia è sempre a rischio. E in tempi di populismi cresce il pericolo di una involuzione autoritaria. Per arrestarlo occorre una robusta coscienza democratica. Ma che cosa vuol dire? E attraverso quali libri si forma una identità civile capace di fronteggiare le tempeste del presente? Intellettuali di diverso orientamento – progressisti e non – indicano la loro biblioteca ideale, libri e proposte per orientarsi nella grande confusione di oggi. «Come si costruisce una mentalità democratica? Ci sono saggi e romanzi che più di altri abbiano la forza di trasmettere l’idea di democrazia nel suo significato di resistenza? Abbiamo chiesto a otto intellettuali di indicarci le bussole della loro navigazione, scegliendo le opere sopravvissute alle catastrofi della storia. E di affiancare allo scaffale dei classici quei titoli che possano orientare un giovane lettore di oggi tra guerre, rivoluzioni tecnologiche e apocalissi climatiche. Ne è scaturita una biblioteca democratica di straordinaria varietà, dove la letteratura non è ancillare rispetto alla storia e all’economia. Perché nessuno più di Dostoevskij è capace di inoltrarsi nei recessi bui della coscienza, nessuno più di Calvino ha saputo dare forma narrativa alla distanza storica tra partigiani e ragazzi di Salò. E solo con Primo Levi usciamo dalla notte oscura del Novecento con l’attrezzatura morale attraverso la quale leggere il mondo» (Dalla prefazione di Simonetta Fiori).




domenica 14 aprile 2024

Diario in pubblico. Lettere agli amici de «La carbonara» di Antonello Trombadori

Il nucleo centrale di questo libro è costituito da articoli di Antonello Trombadori per "l'Unità" e mai pubblicati dal quotidiano del partito, da lettere senza risposta ad autorevoli compagni e carissimi amici, e da uno scambio epistolare con Norberto Bobbio. Tutti gli scritti testimoniano di una progressiva e sempre più lucida presa di distanza da quel togliattismo che era stato il filo conduttore di un'intera esistenza per giungere all'approdo socialdemocratico che egli considerava ormai l'unico possibile, ma che tuttora la sinistra italiana di matrice comunista fatica a guadagnare.




Introduzione alla Guerra Civile (GOG) - Tiqqun

Tiqqun è stata una rivista italo-francese nata nel 1999 e dissoltasi nel settembre del 2001, dopo la pubblicazione di appena due numeri. Non ne esistono autori, ovvero nessuno ha interesse a essere riconosciuto come tale, benché il gruppo di attivisti da cui ha avuto origine è ormai noto al pubblico, e alla polizia francese, per varie dimostrazioni politiche e per dei tentativi di sabotaggio e insurrezione. 
Ad oggi Tiqqun, la cui eredità si è tramandata nel Comitato Invisibile, può essere considerata una corrente filosofica di matrice situazionista e autonomista, che ha tratto ispirazione da pensatori come DebordDeleuzeBlanchotFoucaultAgamben, e che a sua volta ha stimolato numerose pubblicazioni, divenendo un punto di riferimento nel dibattito politico - movimentista ed extraparlamentare anzitutto, ma anche accademico. Introduzione alla guerra civile è il testo più spiccatamente filosofico della rivista, un inno alla gioia della rivolta e alla passione per la disobbedienza, una critica serrata al dispositivo statale (all'"Impero", logistico e impersonale, che ha preso il posto dello Stato moderno) il cui scopo, a detta degli autori, è quello di neutralizzare il libero gioco delle forme-di-vita, mantenere l'intensità delle loro passioni al minimo, entro i limiti dell'irrilevanza politica. L'Impero, per mantenersi tale, deve reprimere tutto ciò che potrebbe esistere al suo aldilà, isolare i suoi membri, riducendoli da forme-di-vita a individui. La sua strategia: dispensare predicati sui quali appiattirli (italiano, donna, omosessuale, comunista). Ma è solo nell'intensità della lotta - nel rifiorire della guerra civile - che proliferano le amicizie e si palesano i nemici, che le forme-di-vita possono dispiegarsi liberamente e intensificare le loro relazioni. La guerra civile è il presupposto stesso su cui si basa il mondo nel quale viviamo, rifiutarsi di prenderne parte vorrebbe dire rinunciare a vivere. Testo ormai mitizzato negli ambienti della sinistra anarchica francese, in Italia esce ufficialmente, suo malgrado e contro la volontà di chi l'ha scritto, dalla clandestinità.




Io vi accuso. Giacomo Matteotti e noi di Concetto Vecchio (UTET)

 Nel suo paese natale, Fratta Polesine, Giacomo Matteotti, ucciso dal fascismo, è stato per oltre sessant'anni ricordato con una iscrizione censurata. Nel 1950, con Mario Scelba ministro dell'Interno, non fu permesso di scrivere che «senza pace attende il giorno della giustizia riparatrice». Solo da un decennio la frase è riapparsa in piazza, ma quel desiderio di giustizia resta in attesa, perché nell'Italia repubblicana Matteotti è ancora solo il nome di una via. E invece la sua vita, per noi oggi, è più importante della sua morte. Per questo Concetto Vecchio si è messo sulle sue tracce, leggendo le carte degli interventi parlamentari e le lettere d'amore alla moglie Velia, ma anche viaggiando attraverso l'Italia, dalla casa natale nel Polesine alla tomba, dal palazzo del quartiere Flaminio da cui uscì per l'ultima volta alle aule del parlamento in cui viene discussa la proposta di Liliana Segre per le celebrazioni del centenario della morte. In questa vera e propria inchiesta giornalistica emerge il ritratto psicologico di un uomo intransigente, risoluto, ma anche inquieto, modernissimo, dalla parte degli ultimi, che affronta Benito Mussolini a viso aperto. Con l'occhio al presente e il cuore rivolto alle giovani generazioni, Vecchio ripercorre non solo la biografia di Matteotti, ma anche la lotta di coloro che, a volte difficoltosamente, hanno cercato di salvaguardare la sua memoria: dalla coppia romana che senza chiedere niente a nessuno ha deciso di ricordarlo con una targa commemorativa, agli studiosi che hanno curato i suoi scritti, da Franco Nero che lo interpretò al cinema fino al toccante incontro con la nipote Laura Matteotti nella Roma di oggi. Io vi accuso è uno scavo nella ferita pubblica e privata del più grave delitto politico del Ventennio: una storia che ci interpella anche adesso.




martedì 9 aprile 2024

In nome della libertà. La forza delle idee di Silvio Berlusconi di Paolo Del Debbio (Piemme)

 In nome della libertà analizza i valori che hanno determinato la discesa in campo e, successivamente, la lunga stagione berlusconiana, segnando in modo così deciso, comunque la si pensi, il recente passato, il presente e il futuro della politica italiana.


A quasi un anno dalla scomparsa di Silvio Berlusconi, Paolo Del Debbio ragiona sull'eredità politica di una delle figure più emblematiche della Seconda Repubblica. Su quale sia il lascito, ma soprattutto l'attualità del programma del 1994 di Forza Italia. L'avventura politica di Silvio Berlusconi è stata ricca di successi. La forza delle sue idee, il linguaggio sempre chiaro e diretto, le intuizioni, le alleanze e le strategie pensate con lungimiranza hanno cambiato il modo di fare politica e di comunicarla.



«Speranza eseguiva gli ordini». Scaricabarile di Stato sui danneggiati

 






Nelle motivazioni del Tribunale dei Ministri sull'archiviazione della denuncia contro Speranza e Aifa, non si negano effetti avversi e danneggiati, ma si dice che l'ex ministro non ha colpe perché c'era stato il via libera di Oms, Ema e Fda. Uno scaricabarile di Stato che regala l'impunità a chi ha gestito la campagna vaccinale anti-Covid.


Guerre di confine. I conflitti che determineranno il nostro futuro di Klaus Dodds (Einaudi)

 Un quadro che tiene conto da un lato dell’estrema complessità di una materia che è un vero e proprio microcosmo della geopolitica nazionale e internazionale. E dall’altro della necessità sempre più urgente di sfatare il pericoloso mito della sovranità esclusiva e dell’immutabilità delle frontiere: la necessità di coltivare una visione radicalmente diversa, che tenga conto dei rapidi cambiamenti della Terra e delle migrazioni di massa che si profilano all’orizzonte.


In futuro gli oceani polari, i fondali marini e persino la Luna o Marte potrebbero diventare terreno di conquista per le potenze mondiali, o anche per qualche miliardario megalomane. I confini che ci separano gli uni dagli altri sono destinati ad aumentare e farsi più complessi. Conoscerne la storia e le evoluzioni è il modo migliore per capire le guerre di oggi, dall’Ucraina alla Palestina. Le frontiere, insieme alle architetture che le rendono possibili, ci accompagnano da millenni. E da tempo altrettanto immemore scatenano guerre. Le più antiche mura erette a scopo difensivo di cui abbiamo testimonianza risalgono a 12.000 anni fa. E poi ancora le fortificazioni di Gerico, di Atene e Costantinopoli, fino ad arrivare ai progetti di scudi spaziali. L’istinto di proteggersi arroccandosi ed erigendo steccati ha dunque radici profonde. I confini però di naturale e istintivo, malgrado siano talvolta segnalati da fiumi o montagne, hanno ben poco. Così nel corso delle epoche è di volta in volta mutato il nostro atteggiamento nei loro confronti. Nel 1989, per esempio, quando crollava il muro di Berlino, sembrava che il mondo fosse pronto a diventare uno solo, sulla spinta della globalizzazione degli scambi. Trent’anni dopo gli scambi continuano a essere sempre più liberi, ma i confini sono rimasti ben saldi sulle carte geografiche, anzi sono persino aumentati. E ovunque, dagli Stati Uniti all’Italia, si parla di difendersi dagli invasori, di costruire nuovi recinti e barriere. Ovunque i confini sono oggetto di strumentalizzazioni volte a risvegliare rigurgiti sovranisti e nazionalisti. E in futuro? Klaus Dodds ci offre un quadro storico e politico dei conflitti di frontiera di oggi e di quelli che verranno. Conflitti relativi a zone da decenni in situazione di stallo; conflitti che incendieranno confini destinati a spostarsi e a mutare geograficamente, a causa del surriscaldamento globale; e conflitti inediti, legati a nuovi spazi di conquista aperti dalla tecnologia.



L'anatra zoppa potrebbe sedersi ancora una volta nel Consiglio Comunale di Lecce. Intervento di Francesco Buja

Animali puntualmente in transito sulle vie delle elezioni comunali leccesi. Le puntuali, insopprimibili pecore richiamate dal pifferaio di turno e due tipi di altri quadrupedi, questi altri rievocati dall’abbondanza di carneadi in bella mostra nelle liste dei candidati. Su cotanta fauna si addensa, ancora timidamente, l’ombra dell’anatra zoppa, simpatico essere morente già amaramente noto sia ai sinistri che ai fintidestri. Accadde infatti che nel 2018, in forza della decisione del Consiglio di Stato, il sindaco Carlo Salvemini, esponente del centrosinistra, trovò, nell’assemblea consiliare, una maggioranza di centrodestra. L’anatra zoppa, appunto. Oggi il simpatico uccello potrebbe sedersi  nuovamente nel Consiglio comunale leccese. Ma lo scenario si mostrerebbe a parti invertite. La candidata del centrodestra, infatti, Adriana Poli Bortone, potrebbe sedurre l’elettorato come ai bei tempi della vittoria su Salvemini senior e di quella quasi plebiscitaria del 2002 e quindi ottenere più voti personali rispetto al rivale, ma le liste dell’attuale primo cittadino potrebbero rivelarsi più redditizie di quelle che portano acqua alla senatrice. Sicché la storica missina si ritroverebbe a dover guidare il capoluogo salentino davanti a una maggioranza di consiglieri a lei avversi. Alla chiamata alle urne infatti il fronte salveminiano sarà sorretto ancora dal trasformista Delli Noci, già decisivo untore di consenso. Dunque il fascino di Lady Adriana contro le liste pro Salvemini, del menzionato untore già unto da Emiliano, e contro il Movimento 5 stelle, che non sapendo più stupire ha scelto il ruolo di ancella del sindaco uscente. Chissà se, zoppicando l’anatra, poi Delli Noci sarà nuovamente folgorato sulla via del potere e, ci sia consentito un po’ di colore in questa valle di buoni propositi, deciderà di tornare all’ovile del centrodestra per salvare l’amica e a suo tempo mentore Adriana.


Francesco Buja, giornalista leccese, collaboratore del Nuovo Quotidiano di Puglia, cura e conduce la provocatoria rubrica "Sentinelle del mattino" su Radio Portalecce, emittente della diocesi del capoluogo salentino. Già redattore del Paese Nuovo e de Il Corsivo, nonché direttore del settimanale La Lupa e del quotidiano on line Lo Scorretto, dirige il periodico sportivo Il Giallorosso. Pianista compositore, scrittore di poesie, non frequenta politici.






 

Dentro il Palazzo. Cosa accade davvero nelle stanze del potere di Carlo Cottarelli (Mondadori)

 In Dentro il Palazzo, Cottarelli restituisce una sincera fotografia delle nostre istituzioni e immagina come potranno evolversi la politica e l'economia italiana ed europea se proseguono le tendenze attuali, compresa la riforma costituzionale sul premierato.


L'immagine delle Aule parlamentari, in cui avvengono i confronti – o spesso gli scontri – fra maggioranza e opposizione per decidere il futuro del nostro paese, è certo familiare a ogni cittadino. Non molti, invece, possono affermare di sapere con chiarezza come funzioni il sistema politico italiano e cosa accada realmente nei palazzi del potere. A raccontarlo in queste pagine, con ironia e attraverso numerosi aneddoti personali, è Carlo Cottarelli che, oltre ad aver ricoperto per otto mesi la carica di senatore nell'ultima legislatura, dopo le elezioni del 2018 venne incaricato di formare un governo nel corso di una crisi istituzionale senza precedenti. Attingendo alla sua esperienza diretta, Cottarelli esamina lo stato della nostra politica. Ne registra le storture, le inefficienze, le potenzialità perdute, descrivendo dal di dentro il funzionamento del nostro Parlamento e trattando, fra l'altro, temi di scottante attualità come il progressivo ridimensionamento del suo ruolo rispetto a quello del governo, il dibattito ormai ridotto a scontro tra fazioni opposte, gli stipendi di deputati e senatori, il bizantinismo delle pratiche, l'allontanamento dei cittadini dal voto, e cosa si può fare per riavvicinare i cittadini alla politica. E racconta per la prima volta in dettaglio quei quattro giorni che lo videro salire al Quirinale più volte nel tentativo di formare un nuovo governo.



Il fascismo non è mai morto Il fascismo non è mai morto di Luciano Canfora (Dedalo)

 Ciclicamente rispunta una teoria autoconsolatoria che sentenzia: il fascismo è finito in un preciso giorno di 79 anni fa. Per chi abbia familiarità con i tempi lunghi della storia, questa appare però, senza eccessivo sforzo mentale, come una sciocchezza. E basterebbe del resto la cronaca del settantennio che abbiamo alle spalle per convincersi della vacuità di una tale teoria. Lo riprova inoltre quotidianamente la cronaca, che certo non ci rallegra: tanto più che – come un secolo fa – non si tratta di una questione solo italiana. Del resto, tutte le principali forze politiche del Novecento, dai cattolici ai neoliberali, passando per i socialisti, vivono, uguali e diverse, e variamente denominate, nel nuovo secolo. La partita, a quanto pare, è ancora aperta.

martedì 2 aprile 2024

Antonio Albanese a Propaganda Live su La7 su ... "quale sinistra?" - intervento di Leonardo Elia

Ho riportato i pochi minuti di Antonio Albanese nella trasmissione Propaganda Live su La7, di qualche giorno fa. Su quella corrente di pensiero che oggi si fa chiamare “ Sinistra”. Non interagisce più con le persone , con la società, con i territori, e quindi non si fa carico delle loro esigenze. La sinistra si nasconde, o forse neanche si nasconde, non avendo coscienza delle sue carenze. Antonio Albanese parla di una lobby, autoreferenziale, aggiungo io, che non vive il nostro tempo. Con le dovute differenze, ascrivibili al ruolo sociale e al luogo di provenienza, queste critiche si trovano anche nell’intervista pubblicata nel Corriere a Sahra Wagenknecht.

Che tristezza però !!!





Machiavelliana. Immagini, percorsi, interpretazioni di Alessandro Campi (Rubbettino)

 Sappiamo apparentemente tutto di Niccolò Machiavelli, sul quale esiste da secoli una bibliografia a dir poco sterminata. In realtà, ci sono ancora aspetti della sua vita e della sua opera che meritano di essere indagati. È quel che ha cercato di fare in questo libro Alessandro Campi, membro del Comitato direttivo dell’Enciclopedia machiavelliana, curatore delle mostre organizzate in Italia e all’estero in occasione del cinquecentenario del Principe e autore di saggi e volumi su Machiavelli tradotti in molti Paesi (dagli Stati Uniti alla Germania, dal Brasile alla Polonia, dall’Argentina alla Francia). Un tema sinora poco battuto dalla critica, ad esempio, è quello relativo all’iconografia machiavelliana. Conosciamo diversi ritratti del Fiorentino, ma quanto sono fedeli e attendibili, essendo stati realizzati tutti dopo la sua morte? Con l’ausilio di un ricco apparato di immagini, l’Autore mostra come questi ritratti – quadri, busti, incisioni, stampe – siano in gran parte rappresentazioni distorte, deformanti, caricaturali al limite del grottesco, di Machiavelli. Sue raffigurazioni nel segno dell’antimachiavellismo. Ma nel volume Campi ha indagato anche altri aspetti, più legati al pensiero e alla produzione politico-letteraria di Machiavelli: ad esempio l’interpretazione molto originale che egli ha dato del fenomeno delle congiure. Una forma di lotta per il potere pericolosa e violenta, ma ricorrente nella storia e dotata, secondo l’autore dei Discorsi, di caratteristiche peculiari dal punto di vista politico e tecnico-operativo. Altri temi affrontati nel libro, che raccoglie le ricerche condotte dall’Autore nell’ultimo quinquennio, sono la ricezione e la fortuna dell’opera di Machiavelli nel corso dei secoli, con particolare riferimento alle interpretazioni che ne sono state date nel Novecento; il rapporto di Machiavelli con l’Umbria, da dove veniva la gran parte di quei capitani di ventura e mercenari che egli considerava tra le cause della debolezza politico-militare degli stati italiani del suo tempo; infine, la riflessione del Fiorentino sul rapporto politica-guerra, talmente originale e innovativa da farne un anticipatore delle elaborazioni sullo stesso tema sviluppate, tre secoli dopo, da Karl von Clausewitz.