giovedì 30 novembre 2023

Lenin, il rivoluzionario assoluto di Guido Carpi (Carocci)

A cento anni dalla morte di Vladimir Il'ic Ul'janov, Lenin, il volume ne ricostruisce il pensiero e l'azione negli aspetti più fertili: la lotta intransigente contro ogni forma di sfruttamento e oppressione, la volontà di costringere la nazione un tempo dominante nell'ex Impero russo a farsi membro di una grande famiglia di popoli con uguali diritti, la fondazione di una Internazionale comunista capace di collegare le lotte sociali dell'Occidente ai movimenti di liberazione presenti nell'immensa periferia coloniale. Non priva di lacune e di gravi limiti, quali l'assenza di una vera e propria teoria dello Stato socialista o l'incapacità a contrastare quel nuovo apparato burocratico sovietico che avrebbe poi generato un'involuzione autoritaria, la visione strategica del “rivoluzionario assoluto” germina da una carica utopistica senza confini e produce l'onda d'urto politica più devastante del XX secolo. 

 


 

La sciagura di Andrea Scanzi (PaperFIRST)

“Il 22 ottobre 2022 Giorgia Meloni presta giuramento al Quirinale: è la prima presidente del Consiglio donna della Repubblica italiana, anche se una delle sue prime mosse ufficiali sarà quella di esigere di essere chiamata “il” presidente e non “la” presidente. La sua vittoria è dipesa da molti aspetti contingenti, tra cui l’assist perfetto di Mario Draghi, ma anche dal dato immutabile che l’Italia è un Paese naturalmente di centrodestra. La ragione più evidente e banale, però, è la motivazione “ultima spiaggia” di un elettorato sfinito: “Li ho visti tutti. Tranne lei: proviamola dai!”. E così ci ritroviamo un capo del governo che ascoltava canzoni antisemite e ora fa la guerra alle minoranze, si blocca se deve condannare il fascismo, afferma che i rom devono “nomadare e transumare” e combatte strenuamente per difendere la famiglia (la sua e basta). Senza contare le altre perle che Andrea Scanzi raccoglie e mette in fila: sì al blocco navale, ni alla sostituzione etnica, no ai centri di accoglienza che “distruggono i territori”, il mio caro amico Saied, quel gran genio di Orbán, guerra santa alle Ong, i migranti che partono sprezzanti del pericolo (perché non se ne stanno a casa loro?), è un complotto dell’Europa, è una trama ordita dalla Germania, è una congiuntura storica ideata dagli alieni. Ma se pensiamo a Meloni come a un fenomeno marginale e provvisorio, sbagliamo totalmente. Non sarà facile, non sarà breve e non sarà indolore. Saranno anni pesanti. Ma non abbiamo altro che questo: conoscere, reagire, resistere.” 

 


 

Gli altarini della sinistra. Giustizia, immigrazione, corruzione: come la realtà svela le menzogne di Nicola Porro (Piemme)

Gli altarini della sinistra è un saggio che dimostra come il mondo della sinistra abbia in realtà moltissimi scheletri nell'armadio. Scheletri con cui dovrà fare i conti, prima o poi.


La sinistra ritiene di non avere altarini, o almeno così i suoi "sacerdoti" raccontano di se stessi. Tende ad avere una narrazione tutta sua e apparentemente inscalfibile del suo modo di essere. Il giustificazionismo etico, la pulsione autoassolutoria e la supponenza sono diventati uno stile, una maniera di replicare alle accuse, sempre e comunque. Senza mettersi mai in discussione, vuole insegnare agli altri come stare al mondo. Nicola Porro, con uno stile irriverente e corrosivo, ripercorre, attraverso alcuni esempi tratti dalla cronaca quotidiana, tutte le ipocrisie di una parte politica che ha fatto della superiorità morale un marchio di fabbrica. Passando in rassegna le beghe nascoste, gli episodi più assurdi e paradossali di malagiustizia, dal caso Tortora fino al protagonismo "manettaro" di Davigo, i casi di corruzione che hanno trovato poco spazio sui media progressisti, dal Qatargate fino alla vicenda Soumahoro, e il "doppio pesismo" su tutto, soprattutto sui temi legati all'immigrazione. 

 


 

La via del guerriero di Yukio Mishima (Feltrinelli)

Un commento ai grandi temi etici della tradizione, forza d’animo, azione, passione e amore, anche omosessuale, che diventa subito occasione per una esplicita e provocatoria denuncia della società del Giappone moderno, contro la cui corruzione Mishima rilancia il proprio modello di cultura, consapevolmente anacronistico, individualista e asociale.


È la personale interpretazione di Mishima dello Hagakure, la raccolta di aforismi scritta all’inizio del xviii secolo da Yamamoto Tsunetomo (1659-1719), samurai al servizio di Nabeshima Mitsushige, capo militare del feudo di Saga della provincia di Hizen. In esso il commento dei grandi temi etici della tradizione, forza d’animo, azione, passione e amore (anche omosessuale), diventa subito occasione per una esplicita e provocatoria denuncia della società del Giappone contemporaneo, contro la cui corruzione Mishima rilancia il proprio modello di cultura, consapevolmente anacronistico, individualista e asociale. 

 


 

L'urlo. Israele e Palestina. La necessità del dialogo nel tempo della guerra di Tahar Ben Jelloun (La Nave di Teseo)

Una lezione di pace in tempi di guerra. Un pamphlet lucido e necessario su cosa sta accadendo in Medio Oriente e le possibili soluzioni per mettere fine al conflitto. A partire dal dialogo urgente tra i due popoli.


"Io, arabo e musulmano di nascita, non riesco a trovare le parole per esprimere l’orrore per ciò che Hamas ha fatto il 7 ottobre 2023. La barbarie non ha scuse né giustificazioni. Sul fronte opposto, i palestinesi di Gaza vivono sotto embargo da oltre quindici anni, hanno imparato a conoscere la morte in tutte le sue forme. Adesso l’esercito israeliano non colpisce soltanto i miliziani, ma bombarda interi quartieri e uccide famiglie indifese. Davanti a questi eventi, la mia rabbia non sa più che direzione prendere. La rabbia è impotenza, è il fuoco dentro che non riusciamo a controllare. Questo è il tempo della guerra, il tempo della rappresaglia, il tempo della vendetta, mentre dovremmo pretendere il tempo del dialogo. Ma nessuno, al momento, sembra guardare a quel giorno." (Tahar Ben Jelloun) 

 

 



 

venerdì 24 novembre 2023

Ho mangiato troppa carne. Perché mangiamo animali e cosa succederà se non smettiamo di farlo di Lorenzo Biagiarelli (Cairo)

Il viaggio nella carne che questo libro narra non è una caccia alle streghe, ma una storia di uomini e di cibo, di tradizioni e di futuro, di polli e di gatti, alla ricerca di responsabilità ma soprattutto di soluzioni. Perché l’acqua sta salendo, e bisogna decidere chi far salire sulla nuova arca: noi, oppure i cento miliardi di animali che macelliamo ogni anno per il nostro irriducibile amore. Della carne.


È possibile amare e odiare allo stesso tempo, se l’oggetto di questi sentimenti potenti non è una persona ma una bistecca? Un viaggio a Est, una grande abbuffata e l’incontro con la zuppa di cane hanno trasformato Lorenzo Biagiarelli, da amante degli animali soltanto se ben arrostiti, in un uomo tradito, alla ricerca delle ragioni del consumo millenario di carne e delle sue conseguenze. Un’indagine approfondita e accorata nello spazio e nel tempo, dalla piccola provincia di Cremona ai caotici mercati di Seoul, dai tempi raccontati nella Bibbia a quelli previsti in Fahrenheit 451, in cui ogni risposta genera un’ulteriore domanda, così che ogni capitolo finisce per assomigliare a un piccolo girone dantesco, con i suoi ospiti e le sue guide. L’autore scopre un verme solitario nel suo intestino, un celebre epidemiologo gli spiega che la prossima pandemia si nasconde forse in un capannone pieno di maiali, un allevatore in lacrime racconta di come gli abbiano ammazzato un’intera voliera di pavoni colorati, e poi la leggenda del benessere animale, della dieta mediterranea, le menzogne della pubblicità e quelle della politica. 

 

Tecnofeudalesimo. Cosa ha ucciso il capitalismo di Yanis Varoufakis (La nave di Teseo)

Partendo da storie della mitologia greca o dalla cultura pop, da Omero a Mad Men, l’autore indaga e spiega le cause di questa trasformazione radicale e terribile, e l’importanza che ha comprendere la reale natura di questo nuovo sistema per capire il presente in cui viviamo. Yanis Varoufakis, una delle voci più credibili e tra gli studiosi più acuti e lungimiranti della nostra epoca, disegna i confini del mutato orizzonte in cui ci troviamo sottolineandone i pericoli, ma anche suggerendo possibili rimedi per cercare di ritrovare l’autonomia che ci è stata sottratta dalla nuova realtà e, forse, anche la nostra libertà.


Che fine ha fatto il capitalismo? Quasi nessuno se n’è accorto, ma il sistema economico che per secoli è stato dominante non c’è più, sostituito da qualcosa di ben peggiore. Forse eravamo troppo distratti dalla pandemia, dalle varie crisi finanziarie, o da tutti quei teneri e simpatici gattini su TikTok; in ogni caso, mentre ci preoccupavamo d’altro, un nuovo sistema economico ha preso il controllo della nostra società, Yanis Varoufakis l’ha ribattezzato “tecnofeudalesimo”. Da vent’anni, ormai, le basi sulle quali è stato costruito il capitalismo – il profitto e il mercato – non sono più fondamentali: il capitale tradizionale non è più al comando, ma è diventato vassallo di una nuova classe di padroni feudali, i proprietari del capitale cloud, ossia le Big Tech, che prima hanno privatizzato internet e poi hanno esteso sempre più il loro controllo sulle nostre vite e sulle leve economiche della nostra società. 

 


 

Hamas. Che cos’è e cosa vuole il movimento radicale palestinese di Paola Caridi (Feltrinelli)

Dalla fondazione agli attentati del 7 ottobre. Cosa si nasconde dietro il mistero Hamas? Perché ha guadagnato tanto consenso nella società palestinese?


Dalla fondazione agli attentati del 7 ottobre. Cosa si nasconde dietro il mistero Hamas? Perché ha guadagnato tanto consenso nella società palestinese? Nei suoi quarant’anni di esistenza, Hamas è passata attraverso il terrorismo e gli attentati suicidi, ha sfidato l’autorità di Yasser Arafat, è sopravvissuta all’eliminazione fisica di gran parte dei suoi dirigenti. Nel 2006 è arrivata al governo dell’Anp, democraticamente eletta dalla maggioranza dei palestinesi, ed è ritornata subito dopo in clandestinità, a seguito dell’embargo deciso da Israele e da una parte della comunità internazionale, Unione Europea e Stati Uniti in testa. Da allora, dal 2007, si tende a identificare Hamas con Gaza, lo spazio sul quale il movimento islamista esercita il monopolio del potere, dimenticandone la storia complessa che va oltre la Striscia. Cosa si nasconde dietro il mistero Hamas? Perché un movimento islamista ha guadagnato così tanto consenso all’interno di una società ritenuta tendenzialmente laica come quella palestinese? Paola Caridi scrive la storia di Hamas usando fonti a metà tra la cronaca e l’archivio. Fa vedere i luoghi e fa parlare i protagonisti, i militanti, uomini e donne. Ora la sua ricerca storico-politica esce in versione aggiornata, a 14 anni dalla prima edizione, per raccontare cosa è successo da quando Gaza è stata chiusa da tutti i lati da Israele e dall’Egitto. Dalla radicalizzazione della leadership di Hamas ai cambiamenti nella linea politica interna fino all’attacco sanguinoso del 7 ottobre 2023. 

 


 

Geopolitica umana. Capire il mondo dalle civiltà antiche alle potenze odierne di Dario Fabbri Gribaudo)

«In formula: la geopolitica umana studia l’interazione tra collettività collocate nello spazio geografico calandosi nello sguardo altrui. Oggetto della sua analisi sono le aggregazioni umane, in ogni realizzazione storica. Tribù, póleis, comuni. Fino all’epoca corrente, dominata dagli Stati-nazione, dagli imperi. Mai i singoli individui. Tantomeno i leader. Ritenuti irrilevanti, mero prodotto della realtà che pensano di determinare. Nella migliore accezione, soggetti che incarnano lo spirito del tempo.»

«L’approccio alla storia di Dario Fabbri mi ricorda Tolstoj.» - Paolo Nori

«Come il maestro Manzi insegnava l’italiano, Fabbri insegna la geopolitica agli italiani.» - Pietrangelo Buttafuoco


Un libro frutto degli studi e del personalissimo approccio di Dario Fabbri, che racconta di una geopolitica “umana”, intessuta con discipline quali l’antropologia e la psicologia collettiva, ma anche strettamente connessa con la profondità storica, l’etnografia e la linguistica, luogo in cui le parole si fanno campo di battaglia e che quindi segnala “traumi e invasioni, conquiste e seduzioni”. Una geopolitica da utilizzare come «lente graduata per vincere la miopia, prisma prezioso per scrutare le questioni del nostro tempo. Con l’obiettivo di comprendere cosa può scalfire il sistema che abitiamo, quale potenza possiederà il futuro, in quali contesti si deciderà la lotta per l’egemonia, quali effetti avrà sul nostro Paese.» 
 

 

venerdì 17 novembre 2023

Telecom - Intervento di Leonardo Elia

Qualche giorno fa il cda di Tim ha venduto la sua rete fissa al fondo di investimento KKR per 19 miliardi di euro.

Metà dei  40000 dipendenti di  questa grande società italiana sono a rischio, essendo i fondi d’investimento  entità economico finanziarie di natura predatoria.

Spolpano gli asset acquistati senza fare sviluppo.

Come ha detto non ricordo chi, nei paesi dell’est post sovietici si chiamano oligarchi, da noi si chiama mercato. 

Senza  meccanismi  di controllo, e non ci sono , questo sistema è onnipotente, con le drammatiche conseguenze economico sociali che abbiamo davanti a noi.

Però ci sono considerazioni da fare che afferiscono ad un livello più profondo.

Dal 2013 il presidente di KKR Global Institute è David Petraeus, lo ricordate?

Scusatemi il curriculum è lunghetto:

 ha prestato servizio per 37 anni nell’esercito americano,, compreso il comando dell’operazione Surge in Iraq, il comando centrale degli Stati Uniti e il comando delle forze della coalizione in Afghanistan. Dopo il suo pensionamento dall’esercito ha servito come direttore della CIA. Attualmente è vicepresidente senior del Royal  United Services  Institute(RUSI), membro della Commisione Trlaterale, del Council  on Foreign  Relations, e dell’Aspen Strategy  Group, nonché membro dei  consigli di amministrazione dell’ Atlantic Council e dell’Institute for the study of War.

Un gran pezzo da 90.

Vi ricordate quando ci dicevano che privato è bello ,l’incapacità dello stato nella gestione della società?

Niente di più sbagliato

I potentati economici  , i nostri oligarchi , hanno un legame fortissimo con le amministrazioni, un rapporto osmotico continuo.

Che sta emergendo sempre di più

Si completano a vicenda, dove non arrivano le une arrivano le altre.

Perché tutta questa manfrina per l’acquisto della rete fissa di Tim da parte di KKR?

Perché i cavi, sono una risorsa strategica per uno stato moderno e noi siamo i primi in Europa ad aver alienato ad una società estera  la loro  gestione.

Per mezzo di loro passano le nostre conversazioni , le nostre mail, la nostra formazione e la formazione dei nostri figli, fino ad arrivare  ai dati che riguardano le università, le nostre aziende, dalle conserve di pomodoro, ai cantieri che fanno i sottomarini. Fino ai dati del Ministero della Difesa.

Stefania Maurizi l’ha detto molto bene su X, questa matematica- giornalista, ha seguito benissimo la vicenda di Assange, la cui unica colpa è stata di aver alzato il velo su questo sistema opaco.

Per cui rischia moltissimo e sta ancora in galera.

Davit Petraeus il presidente della KKR,  con il curriculum che si ritrova, è l’esempio tangibile della commistione tra stato e mercato, con quest’ultimo  come braccio armato.

Il nostro governo , ha permesso che un asset importante, strategico,il più strategico  di tutti, passasse all’estero, senza apporre veti di sorta, visto l’importanza dell’operazione .

Abbiamo dato in appalto all’estero la gestione anche della nostra sicurezza.

Giorgia ti sei dimenticata cosa vuol dire Sovranità Nazionale?

 


 

giovedì 16 novembre 2023

Oppio - Intervento di Leonardo Elia

Notiziona, i Talebani, al potere in Afghanistan hanno deciso di eradicare la coltivazione del papavero da oppio , facendone  diminuire del 95% la produzione.

L’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (UNODC) ha affermato che la coltivazione di oppio è scesa in tutto il paese a soli 10.800 ettari nel 2023 rispetto ai 233.000 ettari nell’anno precedente.

Praticamente azzerandone l’offerta.

Bisogna aggiungere che  questo paese è stato fino ad oggi il più grande produttore al mondo di questa droga.

Non solo, con luoghi di lavorazione, e di raffinazione gestiti dai potentati locali.

Aveva  superato di gran lunga la produzione del Triangolo D’Oro, Myammar(Birmania)

 , Thailandia, e Laos, vicino al Vietnam per intenderci.

  Parliamo della  voce più importante delle esportazioni dell’ Afghanistan, paese sottoposto a sanzioni, poverissimo, con inevitabilmente problemi di tossicomania al suo interno importanti, come nei confinanti Pakistan e Iran. Quest’ultimo non può combattere il narcotraffico che passa attraverso il suo territorio perché ,perché  sottoposto anch’esso a sanzioni , non possiede la tecnologia, visori notturni etc , di cui avrebbe bisogno.

Andiamo a ritroso e capiamo perché si è venuta a creare questa situazione.

Nel 1979 l’Unione Sovietica invade  l’Afghanistan.  A questo punto scendono  in campo i Mujhaidin,  combattenti islamici. La prima forma di finanziamento è  la gestione della coltivazione e della esportazione del papavero da oppio, e la sua lavorazione, oltre ai dollari che gli arrivano  tramite i potentissimi servizi segreti pakistani.

Vanno via i Russi , breve guerra civile, arrivano i talebani, studenti coranici, che vietano la coltivazione del papavero.

Mi sono dimenticato di dire che nel frattempo in Europa c’erano banche che avevano la funzione di riciclare i proventi del narcotraffico ,delle quali  si era interessato anche il pool antimafia di Palermo.

A questo punto Torri Gemelle, guerra al terrore , invasione del povero Afghanistan,  eserciti  occidentali che si trincerano in poche città, la maggior parte del territorio in mano ai signori della guerra, con la coltivazione della pianta in questione che riparte alla grande.

Io ti bombardo la mattina, la sera acquisto da te l’oppio e lo mando in occidente.

Governo  di Karzai, messo li da noi colluso, corrottissimo, il fratello del presidente e un candidato alla sua successione praticamente narcotrafficanti.

Qualche zuzzerellone dice che, non senza i proventi derivanti dall’ oppio, gli afgani, rischiano di soffrire la fame.

La fame la soffrono per le sanzioni inflitte da noi.

 Il fratello di un  mio amico afgano, non rivelerò mai il nome, che lavorava in un’ambasciata occidentale a Kabul , dice  che ogni giorno partiva un cargo che trasportava oppio.

In più il papavero era coltivato nelle province controllate da americani e inglesi.

Il traffico di droga è sempre collegato a quello di armi, alle guerre.

Hanno applicato il programma utilizzato in Colombia , distruggendo i campi, ma come in Colombia non ha sortito nessun effetto, solo azioni di facciata.

Quest’abbondanza può aver  facilitato , la creazione di protocolli antidolorifici legalissimi,  basati su oppioidi

 semisintetici,  sostanze  che derivano dall’oppio, il cui utilizzo, sottolineo legale, ma fortemente voluto da Big Pharma,perché molto remunerativo, è , negli USA, tracimato nell’illegalità, producendo un’enormità di decessi per overdose.

  I Talebani ,hanno sempre dialogato con gli USA , come anche Hamas, attraverso il Qatar.

La storia inoltre ci dà importanti spunti di riflessione.

Nella prima metà del 1800, ci furono due guerre chiamate  dell’oppio tra gli inglesi e l’ Impero Cinese, che cercava di regolamentare l’importazione dell’oppio, prodotto dagli inglesi in India.

Il suo consumo preoccupava l’ imperatore del Celeste Impero, per le conseguenze negative sulla popolazione cinese. La tossicodipendenza dilagava e quindi la corruzione.

In conclusione gli inglesi vinsero le guerre, la Compagnia delle Indie Orientali continuò a produrlo in India, che si impoverì e non ci furono limiti all’importazione in Cina che cessò di essere una potenza mondiale.

Collego a questo post tre interessantissimi contributi esterni

1)      Un interessantissimo articolo di Piccole Note

2)      Un approfondimento  sull’esperienza di  Alfredo Bosco, fotoreporter, sulla coltivazione del papavero e la lavorazione dell’oppio nello stato di Guerrero in Messico

3)      Intervista   a Franco Fracassi un grande giornalista d’inchiesta.

 


 

mercoledì 15 novembre 2023

Tenebre italiane. Storia terribile ma vera dei delitti che hanno cambiato il Paese di Marco Imarisio (Solferino)

L’assassinio della bambina di origini tunisine Hagere Kilani e la sindrome del mostro dell’estate; la scomparsa della contessa Agusta e la telenovela di Portofino; l’omicidio di Novi Ligure e la falsa pista dei killer extracomunitari; il delitto di Cogne e le accuse alla madre che spaccarono il Paese tra innocentisti e colpevolisti; il rapimento e l’uccisione del piccolo Tommaso Onofri e il processo in diretta al padre; la strage di Erba e l’orrore della porta accanto; il caso della giovane Yara Gambirasio e la lunga caccia al DNA del colpevole. Nel primo decennio degli anni Duemila l’Italia è stata travolta da eventi di cronaca nera che hanno mostrato il versante più ossessivo e tenebroso del Paese, e segnato per sempre l’immaginario collettivo. Vittime e carnefici, assassini veri e presunti, giornalisti, magistrati, anatomopatologi, carabinieri del Ris e opinionisti da talk show, sono diventati attori, consapevoli e non, di paginate a nove colonne sui giornali, interviste strappalacrime, maratone televisive, dirette dai luoghi del delitto, ricostruzioni in studio. Un pezzo impressionante della nostra storia che Marco Imarisio ha indagato come cronista sul campo e racconta ora con disincanto e lucidità in queste pagine. Storie della provincia profonda, drammi familiari, retroscena, tradimenti, prove del Dna, indizi e sospetti, confessioni e ritrattazioni, protagonisti e comparse di uno spettacolo in prima serata tv: «È stata l’ultima stagione dei grandi casi di nera, ma anche quella dove è stato inaugurato un modo di raccontare talvolta quasi sganciato dalla realtà, e più vicino a un reality show». Un girone infernale, dal quale non siamo ancora usciti. 

 


 

Oppio: i talebani lo eradicano dall'Afghanistan

Oppio: i talebani lo eradicano dall'Afghanistan: "La produzione di papavero da oppio in Afghanistan è crollata da quando le autorità di fatto hanno imposto un divieto sulla droga lo scorso anno, rivelano

Storia della Democrazia cristiana. 1943-1993 di Paolo Pombeni, Guido Formigoni, Giorgio Vecchio (Il Mulino)

La Dc fu davvero il «partito della nazione»? Per tanti versi sì, a patto di non congelarla nell'immagine del grande agglomerato che tutto macinava e tutto cercava di omogeneizzare. Fu anche questo, certo, specie nella parte finale della sua vicenda. Ma fu prima di tutto un partito dalle anime plurali che perseguì la ricostruzione democratica e costituzionale del paese, proiettandolo in un inedito orizzonte europeo. A trent'anni dalla sua scomparsa, la definizione del ruolo della Dc nella storia d'Italia oscilla ancora tra la demonizzazione e il rimpianto, senza assestarsi in una equilibrata storicizzazione. A partire dalla nuova disponibilità di numerosi archivi privati e pubblici, questo libro prova, per la prima volta, a tracciarne la storia: dalle origini alla parabola finale. Quella che si apre davanti agli occhi del lettore è una storia dell'Italia attraverso le vicende di un partito che è stato tra il 1943 e il 1993 il perno principale del governo del paese e ne ha modellato la vita politica e culturale. 

 


 

Il grifone. Come la tecnologia sta cambiando il volto della 'ndrangheta di Nicola Gratteri, Antonio Nicaso (Mondadori)

In un mondo sempre più interconnesso, dove le distanze vengono annullate da un click e i luoghi d'incontro virtuali stanno soppiantando quelli reali, anche le mafie stanno imparando ad adattarsi: sfruttando le potenzialità della tecnologia, si addentrano nello spazio digitale come fosse un nuovo territorio di conquista.


Ancora una volta, la criminalità organizzata dà prova di essere estremamente flessibile e capace di stare al passo coi tempi. Non si serve più di picciotti rozzi e sfrontati, ma di abili professionisti con competenze nel settore informatico e finanziario. Le sue armi sono oggi hardware e software sofisticatissimi, che permettono di insinuarsi negli angoli più oscuri del web, protetti non dall'antica omertà, ma dall'anonimato che lo spazio digitale consente di mantenere. La «scoperta» delle criptovalute, poi, ha aperto lucrose e inattese prospettive, se si pensa che nel 2022 il volume delle transazioni illecite ha raggiunto il record di 20,6 miliardi di euro. Nicola Gratteri e Antonio Nicaso illustrano questa metamorfosi citando cifre e documenti, a dimostrazione del fatto che la mafia, e in particolare la 'ndrangheta, agisce ormai su scala globale, spacciando droga, riciclando denaro, compiendo truffe finanziarie e vendendo armi in ogni parte del pianeta, senza nemmeno doversi spostare da casa. In questo peculiare processo di ibridazione, la 'ndrangheta, come il mitologico grifone, incarna al contempo «valori» tradizionali e nuove istanze, rendendo sempre più fluidi i confini tra legalità e illegalità. Le forze dell'ordine, di conseguenza, si trovano al cospetto di sfide inedite, che vanno affrontate con la consapevolezza che, in una dimensione transnazionale, è necessario superare le differenze politiche, culturali e giuridiche in nome di un comune obiettivo: proteggere la società e le generazioni future dalle insidie di «una mafia silente», abilissima nell'arte del mimetismo e della metamorfosi. 
 

 

M.M. Nome in codice Unico di Mario Mori, Fabio Ghiberti (La nave di Teseo)

Da un uomo delle istituzioni che le istituzioni stesse hanno provato a infangare, la verità su sessant’anni di storia italiana, il libro bianco dei misteri della Repubblica.


Il generale Mario Mori ha vissuto la storia dell’Italia degli ultimi quarant’anni in posizioni chiave: ha conosciuto la violenza del terrorismo e della criminalità organizzata, gestendo i mesi caldi del sequestro di Aldo Moro e dell’omicidio dalla Chiesa, ha fondato il Raggruppamento operativo speciale (ROS) dei carabinieri con cui ha combattuto la mafia in Sicilia, ha condotto l’operazione che ha portato all’arresto del boss Totò Riina, ha diretto i servizi segreti, ha subito un processo ventennale da cui è stato, infine, pienamente assolto in Cassazione. Un uomo di stato finito in una persecuzione giudiziaria e mediatica che ne fanno il “caso Dreyfus” italiano. Per la prima volta, Mori racconta in prima persona i principali eventi di questo percorso, espone la sua verità e svela molti segreti italiani: dalle infiltrazioni nella colonna romana delle BR ai fondi neri del SISDE, dai retroscena della lotta alla camorra e alla mafia agli intrecci perversi tra criminalità organizzata, imprenditoria e politica. Prefazione di Giovanni Negri.
 

 


 

Limes. Rivista italiana di geopolitica (2023). Vol. 10: Guerra grande in Terra Santa (Gedi - Gruppo Editoriale)

Dal 24 febbraio 2022 il mondo ha cominciato a correre a una velocità paragonabile a quella che in genere prelude alle grandi guerre. Sembra avverarsi la profezia di papa Francesco sulla “terza guerra mondiale a pezzi”. Dal sanguinoso conflitto in Ucraina - scontro non troppo indiretto fra Stati Uniti e Russia - alla tensione crescente fra Washington e Pechino centrata su Taiwan, fino alla guerra fra Israele e Hamas che minaccia di incendiare l’intero Medio Oriente. Questo volume analizza in dettaglio la nuova guerra scoppiata tra Israele e Hamas a seguito dell'efferato attacco allo Stato ebraico del 7 ottobre, cui è seguita la devastante risposta a oggi in corso. Nell'ampia prima parte si dà conto dei molteplici attori più direttamente coinvolti: in primo luogo lo Stato ebraico e Hamas, ma anche il libanese Hizbullah e le formazioni della galassia jihadista che insistono sullo spazio israelo-palestinese, oltre che sui paesi adiacenti. In questa cornice si inseriscono alcuni articoli specificamente dedicati a Gaza e agli altri territori palestinesi, "radiografia" del contesto politico, umano e territoriale i cui annosi problemi minacciano di uscire ulteriormente acuiti dal nuovo scontro. La seconda parte allarga lo sguardo ai soggetti regionali che condividono a vario titolo ruoli, interessi e agende nell'incendiaria situazione mediorientale. In primo luogo Iran, Arabia Saudita, Egitto e Turchia, le cui strategie, i cui timori e le cui reazioni contribuiscono a determinare direzione e intensità del conflitto. Nella terza parte l'ottica si allarga ulteriormente alle potenze - Usa, Russia, Cina - protagoniste della "Guerra grande", frutto dell'erosione dell'egemonia statunitense. Processo in corso da tempo che negli ultimi due-tre anni sembra aver subito un'accelerazione e in cui il nuovo scontro israelo-palestinese, al netto delle irriducibili sue specificità, può essere inscritto. 

 


 

Mediterraneo conteso. Perché l'Occidente e i suoi rivali ne hanno bisogno di Maurizio Molinari (Rizzoli)

Ancora una volta, con l’accuratezza del grande giornalista e la precisione dell’osservatore più raffinato, Molinari ci offre un volume illuminante, «un manuale per comprendere e un compagno per viaggiare in ogni angolo del nostro mare».

«Tre potenze globali, una dozzina di medie potenze in competizione e cinque conflitti in corso fanno del Mediterraneo il cuore strategico del Pianeta.»


È un’affermazione secca nella sua dimensione descrittiva quella da cui parte Maurizio Molinari analizzando la situazione geopolitica del nostro tempo. Al centro c’è un Mediterraneo allargato che da Gibilterra arriva fino al Mar Nero, che dal cuore dell’Europa tocca a sud il Golfo di Guinea e più a est il Medio Oriente. Dopo aver approfondito le caratteristiche e gli interessi degli attori strategici – potenze globali e regionali – impegnati su questo decisivo scacchiere, Molinari individua le aree di crisi più calde, ricorrendo allo strumento delle mappe per raccogliere su un’unica tavola i fattori militari, economici, sociali che determinano le tensioni esistenti. Senza dimenticare i fenomeni che più sono destinati a segnare il nostro futuro: il terrorismo, i cambiamenti climatici, le risorse energetiche, la demografia, le libertà individuali e politiche, i flussi migratori. Uno scenario in continua ridefinizione, un nuovo Grande Gioco in cui l’Italia, per geografia e non solo, si trova al centro. 

 


 

Segreti e lacune. Le stragi tra servizi segreti, magistratura e governo di Benedetta Tobagi (Einaudi)

Un’Italia, quella della seconda metà del Novecento, che si è mossa tra le lacune dei depistaggi e le condotte spesso equivoche dei servizi segreti. Benedetta Tobagi racconta, sullo sfondo delle stragi, la dialettica tra intelligence, magistratura e potere esecutivo dalla P2 alla caduta del Muro.

Segreti e lacune, valendosi di documentazione d’intelligence declassificata in larga parte inedita, indaga i conflitti tra magistratura, servizi segreti e potere esecutivo nel corso dei processi per le grandi stragi terroristiche (1969-80), nel periodo compreso tra la riforma dei servizi segreti del 1977 e la metà degli anni Novanta, quando cioè l’Italia riemerge dal terremoto politico della fine della Guerra fredda. A partire da qui affronta temi più ampi, quali l’annoso problema di come esercitare un controllo democratico effettivo sull’attività dei servizi e insieme le possibilità e i limiti della ricostruzione storica di vicende dell’Italia repubblicana in cui la dimensione politica si intreccia a quella criminale: ovvero come affrontare con metodo rigoroso anche gli aspetti indicibili e la dimensione occulta della politica.

In Italia i processi per le grandi stragi terroristiche, durati decenni e terminati spesso con assoluzioni generalizzate, costituiscono un terreno d’indagine perfetto per analizzare la conflittualità permanente tra magistratura e servizi segreti. In ciascuno di essi si manifestano infatti lentezze, gravi distorsioni e depistaggi veri e propri, messi in atto dagli organismi d’intelligence e da altre forze di sicurezza, operanti a servizio dell’esecutivo. Con la legge di riforma dei servizi del 1977 (varata proprio sull’onda degli scandali connessi alle stragi), che introduce per la prima volta un controllo politico e parlamentare sull’intelligence e insieme revisiona la disciplina del segreto di Stato, cresce l’attenzione pubblica, e insieme l’ipocrisia istituzionale, su questi temi. Il focus sugli anni Ottanta di questo libro consente di osservare nella pratica i limiti di questa pur importante e per molti versi innovativa legge di riforma, che aveva suscitato grandi speranze ben presto dissipate dallo scandalo P2. Nonostante la fine della Guerra fredda, con il corollario della «doppia lealtà» delle forze di sicurezza, depistaggi e degenerazioni nel funzionamento dell’intelligence continuano a riproporsi. Segreti e lacune, prendendo in esame le mentalità, i motivi e i meccanismi che ostano alla trasparenza, nonché la fisiologia e patologia dei rapporti tra intelligence e potere politico, delinea le radici di questa continuità dai risvolti drammatici.

 


 

Fascisti della parola di Vittorio Feltri (Rizzoli)

Il politicamente corretto applicato al linguaggio secondo Feltri è il male del secolo, ed è giunto il momento di dire basta, di tornare a parlare come mangiamo.


Con le parole si può giocare, ma non si scherza. Sono roba seria. Infatti, uno dei primi segni di un potere totalitario e liberticida è proprio il controllo del linguaggio. L’imposizione della censura di alcuni termini non è pratica che riguarda il passato, anzi, è più attuale che mai. Più andiamo avanti e più regrediamo in questo ambito. Più diventiamo moralistici, smarrendo tuttavia morale ed etica, più ci concentriamo sull’uso di determinati vocaboli, facendone una malattia. Così si è data vita alla battaglia più stupida, vana, insulsa e folle della nostra storia: quella al dizionario. Oggi non si può più dire “negro” al negro né si può più dire “zingaro”, “rom” o “nomade”. Non si può dire che uno è “cieco”, semmai è un “non vedente”. Non si può dire “sordo”, al massimo “audioleso”. Non si può dire “spazzino”, ma solo “operatore ecologico”. Non si può dire “bidella”, ma solamente “operatrice scolastica”. Non si può dare del terrone al terrone mentre è corretto dare del polentone a un polentone. E guai a dire “frocio” o “finocchio”, a meno che tu stesso non sia omosessuale, in tal caso diventa lecito. Per non parlare della repulsione diffusa nei confronti dei sostantivi maschili. Se aggiungi l’astina alla vocale “o”, se declini tutto al femminile, allora sei una bella persona, altrimenti vieni etichettato quale maschilista tossico e pure farabutto. 

 


 

PNRR. La grande abbuffata di Tito Boeri, Roberto Perotti (Feltrinelli)

Il Pnrr si basa su una scommessa: prendere a prestito soldi che si sarà in grado di spendere e rimettere così in moto l’economia. Quella italiana invece è sembrata più la grande abbuffata: prendere più soldi possibili, poi si vedrà. Ora che i conti non tornano, che fare?


A differenza di quasi tutti i paesi europei, l’Italia ha chiesto il massimo delle somme del programma NextGenerationEU. Per 6,5 euro su 10 si tratta di prestiti. Benché concessi a tassi agevolati, andranno restituiti. La scommessa su cui si regge questa scelta è che il Pnrr aumenterà per sempre il tasso di crescita dell’economia italiana. È una scommessa condivisa da tre governi: il governo Conte II ha chiesto il massimo dei fondi senza sapere bene come spenderli; il governo Draghi, pur avendo la possibilità e il capitale politico per frenare il treno in corsa, ha rinunciato a prendere atto della realtà; il governo Meloni ha fatto alcuni aggiustamenti necessari, ma ha anche ridotto la spesa più importante, quella sull’emarginazione sociale, e ha rimosso gli obiettivi di contrasto all’evasione. Tutti i governi hanno sbandierato stime iperboliche degli effetti positivi del Pnrr, senza alcun fondamento nella realtà. Nessun governo si è posto il problema di come finanziare la gestione futura degli investimenti. Oggi sappiamo che il Pnrr è in forte ritardo, ma questo non è il problema principale. Il Pnrr ha un vizio d’origine: troppi soldi, troppa pressione per spenderli a prescindere, troppo poco tempo per spenderli bene. Stanzia cifre assurdamente alte su spese inutili o deleterie ma “facili” come il Superbonus o “alla moda” come il digitale nelle scuole primarie mentre trascura spese necessarie per la nostra società, a partire da quelle per offrire opportunità ai giovani delle periferie urbane. Quasi tutte le maggiori riforme “epocali”, da cui secondo i governi dipendeva il successo del Piano, sono ferme al palo, e molte sono state abbandonate prima di partire. Cosa si può fare a questo punto? Prendere atto della realtà anziché nascondersi dietro a un dito: rivedere i piani rendendoli più realistici, e forse anche riflettere sull’opportunità di rinunciare a parte dei fondi presi a prestito. Questo non vuol dire rinunciare a essere ambiziosi, solo rinunciare a essere superficiali. Il Pnrr si basa su una grande scommessa: prendere a prestito soldi che si sarà in grado di spendere bene e rilanciare così l’economia. Ma un grave vizio d’origine l’ha resa più simile a una grande abbuffata: prendere più soldi possibile, poi si vedrà. Ora che i conti non tornano, che fare? “Nessuna retorica e nessun fiume di parole può trasformare un’idea confusa o non realistica in un buon investimento.” 
 

 

Le mani sulla Guardia costiera. Come la politica minaccia l'indipendenza di una grande istituzione italiana di Nello Scavo (Chiarelettere)

Nello Scavo ricostruisce per la prima volta i patti segreti tra Stati di cui nessuno ha mai finora avuto le prove; raccoglie le testimonianze di ufficiali in pensione, infiltrati, gole profonde del sistema di accoglienza; e fornisce informazioni inedite e documenti ufficiali in grado di fare definitivamente luce su quel mondo oscuro che sfrutta la vita degli altri per alimentare senza scrupoli la propria sete di denaro e di potere.


Attorno alla Guardia costiera si addensa sempre più fitta un’impenetrabile coltre di nebbia: alle domande di giornalisti e magistrati che si sollevano ciclicamente dopo l’ennesima strage di migranti, si contrappone infatti un silenzio totale su responsabilità, catene di comando, origine degli ordini. Ai danni di questa gloriosa istituzione italiana, capace negli anni di salvare migliaia di vite, si sta infatti combattendo oggi una battaglia tutta politica finalizzata a minarne l’autonomia e a eroderne le competenze per mero consenso elettorale. Svelare questi intrighi di palazzo è però solo il punto di partenza di una complessa inchiesta che abbraccia una partita assai più ampia e che coinvolge mafie mediterranee, oligarchi russi, trafficanti di uomini e contrabbandieri di petrolio, per un giro di affari di miliardi di euro. 

 


 

Ultima fermata Gaza. La guerra senza fine tra Israele e Palestina di Noam Chomsky, Ilan Pappé (Ponte alle Grazie)

Il conflitto arabo-israeliano è una miccia accesa nel cuore del Mediterraneo e coinvolge i destini del mondo. Per questo, Ultima fermata Gaza è un libro per chiunque voglia esserne informato e desideri una sua pacifica ed efficace soluzione.


Due fra i più attrezzati e acuti critici della politica israeliana in Palestina, lo storico israeliano Ilan Pappé e il linguista statunitense Noam Chomsky, uniscono gli sforzi con l'obiettivo di destare un numero sempre più ampio di coscienze ma anche di offrire spunti di riflessione e nuove conoscenze al lettore più esperto. Non solo è ricostruita criticamente la storia del conflitto, il cui episodio chiave – la Nakba del 1948 – viene reinterpretato da Pappé come un vero e proprio caso di pulizia etnica, ma si leggono con strumenti e argomenti irreperibili sui nostri media la natura e le conseguenze degli attacchi israeliani degli ultimi quindici anni; si discute il ruolo che hanno sempre svolto gli Stati Uniti nell'avallare l'illegale politica israeliana di colonizzazione dei territori occupati; si prospettano i vari scenari di pace, a partire dalla proposta di un unico Stato binazionale avanzata fra gli altri da Pappé e, più prudentemente, dallo stesso Chomsky. Il conflitto arabo-israeliano è una miccia accesa nel cuore del Mediterraneo e coinvolge i destini del mondo. Per questo, "Ultima fermata Gaza" è un libro per chiunque voglia esserne informato e desideri una sua pacifica ed efficace soluzione. 

 


 

Il Sud America condanna Israele. Intervento di Leonardo Elia

Il Cile ha condannato le azioni di Israele nella Striscia di Gaza e ha convocato il suo ambasciatore per consultazioni

Lo stesso la Colombia, ha richiamato il suo ambasciatore in Israele.

Il governo boliviano ha annunciato la decisione di rompere  le relazioni diplomatiche con lo Stato d’Israele, considerato che nella Striscia di Gaza si stanno commettendo crimini di guerra contro il popolo palestinese. (dicunt, tradunt che Benjamin Netanyahu e il suo governo abbia i giorni contati …)

Ogni momento  della vita della comunità, di ogni comunità di uomini, ha bisogno del consenso.

Anche quando si fanno le guerre, c’è bisogno che gli altri credano che si agisca nel giusto.

Ricordo un’affermazione di Dario Fabbri, che mi piace ascoltare, quando era ancora a Limes, su il basso valore del Sud America nell’ambito geopolitico. In questo continente ci sono molte comunità ebraiche tra l’altro.

Mi sembra  che l’Occidente collettivo, noi in sostanza, nello specifico lo stato d’ Israele, hanno perso l’appoggio di una parte importante del mondo.

In un momento in cui sta emergendo sempre più una logica multipolare, il giardino è sempre più isolato, uso le parole di Borrell, il responsabile della politica estera della EU

In più  si sta giocando in Argentina una partita per me importantissima.

Argentina paese ricchissimo di risorse, ma in crisi impressionante, cronica, ora con una inflazione al 110%.

Indebitata fino al collo, si era permessa  di decidere la costruzione di una centrale nucleare, fatta da aziende cinesi. Subito il FMI intervenne assicurando l’interruzione dei canali di finanziamento, con il rischio concreto di portarla alla bancarotta. La leva economica mezzo per fare pressioni politiche.

Vi ricordate quello che è  successo in Italia? Lo spread? Le dimissioni del governo Berlusconi?

Io non sono mai stato berlusconiano.

Ora ci sono in Argentina le elezioni, la seconda tornata, e si contendono il primato Milei , un anarco-capitalsta, per me un pazzo scatenato, vuole dollarizzare  il suo paese,e per esempio legalizzare la vendita di organi , e il peronista Massa.

Mentre Milei vuole legarsi sempre più agli USA, Massa è favorevole all’adesione ai Brics.

Il presidente del Brasile Lula ha richiesto l’ingresso dell’Argentina, secondo me perché sarebbe un’esperimento  importante di sovranità, di riappropriazione di sovranità, attraverso un percorso di dedollarizzazione. Da ostentare se porterà frutti positivi.

Vediamo come va finire, il mondo è in movimento. Tutto, con buona pace del dottor Fabbri.