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Ipse dixit ...

Preso nel vortice degli affari e degli impegni ciascuno consuma la propria vita, sempre in ansia per quello che accadrà, e annoiato di ciò che ha. Chi invece dedica ogni attimo del suo tempo alla propria crescita, chi dispone ogni giornata come se fosse la vita intera, non aspetta con speranza il domani né lo teme. Seneca - Il Tempo

Dubitando ....

Dubitando ad veritatem pervenimus - Cicerone

Festìna lente ("Affrettati lentamente") - Svetonio

Festìna lente ("Affrettati lentamente") - Svetonio

sabato 5 agosto 2023

Psicopatologia ed etichette: la visibilità effimera degli eco-ansiosi in assenza di prospettive Eliana Forcignanò

Erano i non troppo lontani anni Novanta, quando James Hillman, filosofo e padre della psicologia archetipica, estendeva il concetto di Anima mundi al discorso ecologico e alla cura dei luoghi. Ispirata dalla filosofia di Plotino, l’Anima del mondo – per come Hillman la reinterpreta – è quell’afflato divino che riconnette in un destino comune tutti gli elementi e gli abitanti del cosmo, rammentandone la matrice unica: il Tutto. Se un anello della catena soffre, il dolore si comunica agli altri anelli e il Tutto altro non è che la moderna astrazione dell’arché primordiale ricercata dai fisici ionici agli albori della filosofia. Sono evidenti anche le assonanze con le filosofie orientali, tanto per continuare a nobilitare la cacofonica etichetta di «ecoansia», rintracciando antichi ascendenti. Nell’immediato presente, analisi tematiche e metanalisi hanno tentato di fornire una definizione operativa del nuovo costrutto adottato dalla psicopatologia. È sembrato di rintracciare il sintomo principale dell’ecoansia nella condizione di angoscia e distress legata all’inquinamento, al cambiamento climatico, al consumo smodato di risorse naturali e non solo. Un’angoscia pervasiva orientata al prossimo futuro, sovente accompagnata da debolezza fisica e attacchi di panico: i più colpiti apparterrebbero a una fascia di popolazione occidentale compresa tra i 18 e i 35 anni d’età. Fin qui lo stato della questione, con la chiosa di Crepet che parla di «fenomeno indotto», riconoscendo nell’isteria che affetta alcune esternazioni dei più giovani in televisione l’introiezione attualizzata di paure e sensi di colpa che affliggono gli adulti e sono assorbite dalle presenti generazioni con un’amplificazione superiore alla tolleranza di un verecondo orecchio da psichiatra.

La verità sta nel mezzo? E quale verità? Se non quella che scaturisce dalla co-costruzione di narrative e visioni contestuali e dalla semiosi affettiva che induce da ambo le parti una reazione di pancia. Tra diniego e fobia, esiste la capacità di una riflessione più accurata attraverso la lente della psicologia e dell’ermeneutica? In primo luogo, sembra difficile trascurare la funzione di detonatore e amplificatore esercitata dai social media. In un’epoca in cui la ricerca spasmodica di modelli di identificazione e la diffusione dell’identità coesiste in maniera ambivalente con il desiderio di essere visti in quanto unici e originali, una buona via per il raggiungimento di entrambi gli obiettivi sembra essere offerta da queste nuove sindromi che si diffondono a macchia d’olio: dall’ecoansia agli assalti alla grammatica in nome dello scardinamento del sistema binario, per intenderci. La fobia per il clima è un modo di trovare voce, dando voce alla madre Terra, ma è anche una moda sufficientemente nuova, attraverso la quale io mi assicuro lo sguardo dell’altro e, illuminata da queste luci della ribalta, getto in faccia a un nemico generico e allo sguardo dei decisori politici, debitamente contrito per la circostanza, un malessere tanto generico quanto il mio nemico. Poi la ricerca si occuperà di rendere operativo il costrutto, ma forse non di riflettere sul buon uso del rasoio di Ockham: entia non sunt multiplicanda praeter necessarium. Fuori dai denti: le etichette, talvolta, sono così ridicole da apparire inutili o, forse, il contrario. Forse, simbolizziamo attraverso l’ecoansia l’angoscia per la palese assenza di prospettive che affligge il nostro tempo, ma nemmeno ci diamo l’opportunità di immaginarle queste prospettive. Giovanni Stanghellini scrive a proposito del fobico che la sua hybris consiste nel prendere per vero soltanto ciò che proviene dalla propria cenestesi, evitando e negando il sentire dell’altro. Il testo si chiama Selfie, pensate un po’: «“Va dove ti porta il cuore” è un incitamento affascinante, ma preso alla lettera nasconde una sproporzione – una hybris – imprudente e limitante al tempo stesso: l’accento sul “mio” mette fuori gioco l’“altrui”» (Stangellini, 2020, p. 59). Così l’attivista lascia lo studio, senza ascoltare l’intervento di Prestininzi e Giorgia travolge con il suo pianto Picchetto Fratin che dubita non si sa bene di cosa e ricorda un dovere non meglio specificato. Ma tra pareri esperti, commozione e ambigui doveri, come non ricordare che in sé i dati sono sempre filtrati attraverso letture soggettive a loro volta influenzate e plasmate dal contesto? In un’ottica socio-costruttivista (Salvatore, Cordella, 2022) si potrebbe dire che la fascia di popolazione afflitta da eco-ansia rende pertinente del cambiamento climatico la paralisi fobica: il lamento rivolto ai decisori politici insieme con il vandalismo nei principali musei delle capitali europee non sono altro che acting-out confermanti una rabbia cieca e l’impotenza diffusa. Che è anche un’impotenza appresa. Si ottiene cosa? Un ritorno di fiamma in visibilità che brucia più rapidamente del petrolio, ma prodotto zero per quanto riguarda il cambiamento invocato. Che fare, dunque? Consolare gli eco-ansiosi con parole oscure, inviarli dallo psicoterapeuta, magari con un bonus statale, confermando la lettura iper-soggettiva del fenomeno? O parlare con onestà delle complesse dinamiche socioeconomiche che impediscono la riduzione delle emissioni? O adottare la «capacità negativa» di cui parlano Bion e Keats prima di lui? Forse, era questo che tentava di adombrare confusamente il ministro. Più semplicemente si potrebbe dire: non lo so cosa accadrà domani, ma ho il dovere di impegnarmi oggi, almeno avrò fatto il possibile perché arrivi domani. 

Breve nota biografica - Eliana Forcignanò (1983) è dottore magistrale in Psicologia dell’intervento nei contesti relazionali e sociali e in Storia della Filosofia, PhD. in Scienze della mente e delle relazioni umane e ha conseguito un Master di II livello in “Gestione del disagio sociale e della microcriminalità attraverso le nuove tecnologie comunicative” presso l’Università del Salento. Dal 2013 si occupa del pensiero clinico di C.G. Jung, sul quale ha pubblicato due saggi e diversi articoli scientifici. Poiché la scrittura, quale forma d’arte e di comunicazione l’ha sempre affascinata, i suoi interessi e le sue pubblicazioni spaziano dalla poesia alla critica d’arte ed è in uscita per la rivista Psicoterapia e Scienze Umane una sua recensione a L’ombelico del sogno di V. Lingiardi, edito per i tipi di Einaudi (2023). Ha collaborato e collabora a vario titolo con testate giornalistiche locali cartacee e online.

Bibliografia essenziale 

Hickman, C. (2020).  

We need to (find a way to) talk about … Eco-anxiety, in Journal of Social Work Practice, 34(4), 411–424. https://doi.org/10.1080/02650533.2020.1844166

Hillman, J. (1999). Politica della bellezza. Bergamo: Moretti&Vitali.

Salvatore, S., Cordella, B. (2022). L’intervento psicologico. Bologna: Il Mulino.

Stanghellini, G. (2020) Selfie. Sentirsi nello sguardo dell’altro. Milano: Feltrinelli.

 

 


 

  

Chiarelettere: "Professione Lolita" di Daniele Autieri

venerdì 4 agosto 2023

Pier Paolo Pasolini, un intellettuale inaudito. Riflessioni sulla cultura e l'arte all'epoca della società dei consumi di Maria Concetta Loria (Calibano)

Una possibilità di dialogo con Pier Paolo Pasolini è concepibile solo contestualizzando la sua opera in un periodo storico fatto di profondi mutamenti sociali e culturali. Un percorso che vuole intrecciare l’esperienza dell’intellettuale corsaro con la sua elaborazione artistica. La ricostruzione dell’omicidio del poeta è affidata alle parole narrate da Ascanio Celestini in Museo Pasolini, mentre i racconti di Sandro Lombardi, di Giancarlo Cauteruccio e di Tullio Sorrentino, sull’incontro culturale con il suo Teatro di Parola, completano il saggio. Prefazione di Paride Leporace. 


 

SICUREZZA SUL LAVORO: OLTRE 19 MILIONI DI EURO NELLA FORMAZIONE

Più di 19 milioni euro di contributi sono stati concessi nel periodo 2019/2023 da FondItalia (Fondo Formazione Italia) a sostegno dei i corsi obbligatori aziendali sulla Sicurezza e la Salute nei luoghi di lavoro. Contributi che hanno interessato una platea di oltre 60mila lavoratori per un totale di quasi 6mila imprese. Di queste, quasi 3mila sono microimprese (fino a 9 dipendenti), poco più di 2mila piccole imprese (da 10 fino a 50 dipendenti) e 634 le grandi aziende con oltre 50 dipendenti. La regione italiana dove si è maggiormente investito in formazione sul tema è stata la Lombardia (più di 4 milioni di euro nel quinquennio), dove hanno preso parte ai corsi di formazione ex lege quasi 20mila lavoratori, per un totale di 2mila imprese. Al secondo posto di questa speciale classifica la Puglia, con quasi 3,5 milioni di euro per progetti finanziati e 557 imprese aderenti per un totale di 8.500 lavoratori e, al terzo, il Lazio con 277 imprese e quasi 5mila lavoratori.

I comparti produttivi che hanno espresso maggiore esigenza di risorse per la formazione obbligatoria sono le “attività manifatturiere” (quasi 5 milioni di euro per circa 1500 imprese e poco meno di 13mila dipendenti), il “commercio all’ingrosso e al dettaglio” (oltre 3 milioni di euro di contributi per più di mille  imprese e oltre 10mila lavoratori) e la “sanità e assistenza sociale” (quasi 2 milioni di contributi per 270 imprese e oltre 7mila dipendenti).

«Il sistema imprenditoriale italiano si è dimostrato molto attento alla formazione obbligatoria in materia di salute e sicurezza sui posti di lavoro -è il commento di Egidio Sangue, vicepresidente e direttore di FondItalia-; ciò nonostante, il nostro Paese paga ancora uno scotto troppo drammatico in termini di incidenti e morti sul lavoro. Certo, la Legge 81 del 2008 ha dato alcuni benefici, ma dobbiamo tutti quanti fare di più. Penso all’aggiornamento che è, ad oggi, obbligatorio ogni cinque anni, ma che dovrebbe essere più stringente. Oppure alla scuola dove bisognerebbe iniziare a parlare di Sicurezza e Salute nei luoghi di Lavoro con particolare attenzione al futuro dei nostri giovani; o ancora ai lavoratori stranieri, che spesso incontrano difficoltà di comprensione linguistica e a cui dobbiamo necessariamente rivolgere un’attenzione differente».

Per Francesco Franco, presidente di FondItalia, «la formazione obbligatoria in materia di Salute e Sicurezza nei luoghi di Lavoro rappresenta un caposaldo della normativa italiana che agevola, migliora e rende più sicura la vita professionale dei lavoratori. A tutto ciò, noi di FondItalia consigliamo di accompagnare corsi di perfezionamento più mirati e specifici al fine di rendere ancora più preparati e competenti i lavoratori italiani».

 



 

Cripto, il regolamento Ue è stato appena approvato: ma è già superato?

Salvini: "Il nucleare è pulito e sicuro, non possiamo essere gli unici a dire di no"

Donald Trump tira dritto anche di fronte alla sua terza incriminazione

Notte di sbarchi a Lampedusa: 372 migranti soccorsi

giovedì 3 agosto 2023

La tragedia dei comunisti italiani di Giancarlo Lehner, Francesco Bigazzi (Mondadori)

Mandati di cattura, verbali d'interrogatorio, lettere dal carcere, sentenze, condanne a morte, vita nei gulag, tardive riabilitazioni: un libro che racconta con grande forza narrativa una tragedia dimenticata della storia del Ventesimo secolo, attraverso fonti storiche sconvolgenti provenienti dagli archivi moscoviti del Kgb: un dramma collettivo che ha come protagonisti gli antifascisti italiani colpiti, negli anni Trenta e Quaranta, dalla furia omicida del comunismo sovietico, dalle purghe del grande terrore staliniano. Una tragedia epocale, dalla quale scaturisce un quadro nitido dei carnefici e delle vittime, dell'ideologia come strumento di potere e di sopraffazione contrapposta all'idealismo disinteressato. 

 


 

Chiarelettere: "La cassaforte degli evasori"

L'Eco ansia – Matilda Stefanini, Second Life Contest 2021

Attivista in lacrime per 'eco-ansia', il minstro Pichetto Fratin si commuove

Fiaccolata per Sofia Castelli, l'amica Aurora: "Quella sera c'eravamo tutte e due e tu lo sai"

Calderone attacca: "C'e' chi soffia su disagio sociale"

Il Niger e la grande crisi delle Afriche: le conseguenze per l'Italia

Il 'piano B' di Kiev se Zelensky viene ucciso - Notizie dall'Ucraina - Podcast

Cori contro Meloni sotto sede di Fratelli d'Italia durante protesta contro stop Reddito Cittadinanza

mercoledì 2 agosto 2023

Che cosa significa essere liberale di Michael Walzer - Professor Emeritus - (Raffaello Cortina Editore)

C'è stato un tempo in cui liberalismo era un "-ismo" come qualunque altro, ma quel tempo, secondo Michael Walzer, si è concluso. Adesso "liberale" non descrive una specifica ideologia, bensì un atteggiamento morale. Walzer elenca le caratteristiche definite da "liberale" in un inventario delle sue più profonde convinzioni politiche e morali: tra l'altro, il principio di uguaglianza, lo stato di diritto e un pluralismo tanto politico quanto culturale. Affermando che il liberalismo comprende una serie di valori universali (che devono essere tali, dice, perché sono sotto attacco in tutto il mondo), Walzer, in questo libro stimolante, ci ricorda perché vale la pena di combattere per quei valori.


 

 

Camera, Fassino in Aula agita il cedolino di luglio: “4718 euro al mese non è uno stipendio d’oro”

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