venerdì 31 gennaio 2025

Il Tecnofeudalesimo - intervento di Leonardo Elia

Volevo finirla di parlare di quello che ha voluto dire , di quello che significa e significherà l’elezione di Trump, per gli Usa e per il mondo.

Ma vi sottopongo l’intervista  a Yanis Varoufakis, ministro delle finanze greco che cercò di opporsi  allo strangolamento  della sua patria, da parte della Troika di Bruxelles.

“ Technofeudalism, what killed capitalism”  è il titolo del libro  ha scritto .

Intervista da ascoltare con attenzione, in inglese e\o leggerne la traduzione.

Tutti si agitano per gli oligarchi , così ha avuto il coraggio di chiamarli Biden, dopo esserseli cresciuti, e sul loro potere non solo  economico , su cui  ha basato il suo.

E il consenso per la sua politica. Una specie di mito della caverna di Platone , attualizzato, e reso più distopico .

Varoufakis sempre  lucido, una mente  matematico economica, che riesce a capire le problematiche  ed esprimerne i punti salienti, i denominatori comuni dei problemi, condizione essenziale, per immaginare delle vie d’uscita.

L’atteggiamento della sinistra liberal mi sembra simile a quello del feldmaresciallo Hindemburg , presidente della repubblica di Weimar, che  nel 1932 chiamò i nazisti al governo , con Hitler che lui definiva con disprezzo “il caporale austriaco” , sicuro di avere a che fare con utili idioti, facili da manovrare ai propri fini.

La storia ha dato la risposta.

La sinistra, o almeno quella che si definisce tale, ha peccato sempre, almeno in questi ultimi decenni, di assoluta mancanza   di una qualsivoglia  visione strategica,  questo ad  essere teneri .

Sta affogando , ci sta facendo affogare , nella sua piaggeria.

Anche l’articolo , come gli altri, di Alessio Mannino è molto interessante, si stacca dalle banalità che si sentono  Tv e si leggono nella maggior parte dei giornali.





Ancora Donald ... Ancora Trump ... Intervento di Leonardo Elia

Bellissimo il capello alla Zorro di Melania, che ha permesso alla first lady di non farsi baciare dal marito, e la smorfia di Donald, che buca lo schermo.

Presenza pesantissima del ministro degli esteri indiano, vedi  via del cotone, collegata a doppio filo con la resurrezione, con qualche difficoltà , dei patti di Abramo, pacificazione tra monarchie del golfo, con in testa i sauditi,e Israele, che aprirebbe una  via commerciale alternativa a Suez e al mar Rosso. Luogo di arrivo l’Europa.

Presente  anche la Cina, con funzionario di altissimo livello.  Unione Europea non invitata, inclusa la baronessa.

Dimenticavo , presentissima la Meloni

Tutto il parterre degli “oligarchi” , come li ha chiamati Biden, e i suoi corifei europei , nuove tecnologie, intelligenza artificiale, finanza.

Prima cosa importante da sottolineare, è che il nuovo presidente dovrà mettere insieme il diavolo e l’acqua santa. Mi spiego meglio.

Ho già accennato agli oligarchi, gente ricchissima, suoi finanziatori,  abituati ad accompagnare il potere, a influenzarlo. Ora Biden mette in guardia da derive possibili antidemocratiche, considerando che essi, paladini, così dicono , della libertà, ritengono la democrazia inefficiente, inefficace.

Memoria corta, perché sono stati al suo fianco per tutto il  mandato. Il problema grande è che sono comunque gli alfieri del neoliberismo, che è stata la causa dell’impoverimento, dell’emarginazione, della crisi sociale , che ha portato tanti voti a Trump, che ha riempito le sue adunate preelettorali.

Non bisogna dimenticare che questa crisi americana , che è di tutto l’occidente, è una frattura profondissima, verticale, antropologica che divide le nostre società.

Agli esclusi si dovrà  dare una risposta, pena l’instabilità sociale. Platea questa fatta da un popolo con una sfiducia profonda nelle istituzioni , che non  credo si accontenti però  solo della volontà , di far piena luce su misteri americani come la gestione della pandemia, gli omicidi JFK,RFK, Martin Luther King.

Vedremo se sarà solo fumo negli occhi.

D’altra parte , l’idea  di molti analisti ,che condivido,  è quella del superamento di questo momento di crisi interna e di egemonia, attraverso un’accelerazione nei settori dove gli Usa, sono più forti, quello tecnologico e finanziario.

O nei settori dove pensano  di esserlo.

Consapevoli delle nuvole che si addensano all’orizzonte del dollaro, non scalzato, ma avvertito in pericolo come valuta di riferimento mondiale. E questi cambiamenti monetari, sono stati sempre accompagnati da guerre. Speriamo proprio che non accada questo.

Vi invito a leggere nel blog gli interventi del prof Forges Davanzati, illuminanti in merito a questo argomento.

Quindi il neo presidente , sta accelerando su una strada già tracciata, già utilizzata, dalle amministrazioni dem  che lo hanno preceduto, quindi capitalismo della sorveglianza, utilizzo del debito a fini geopolitici, come mezzo di ricatto ,pratiche che con la democrazia non hanno nulla a che fare, come il controllo strettissimo su la comunicazione di ogni tipo, main stream e piattaforme social.

Sono  assolutamente ipocrite  le voci catastrofistiche, sul pericolo per la democrazia rappresentato dall’amministrazione Trump e dalla tecno destra che si delinea all’orizzonte, perché questi figuri, gli oligarchi , hanno lavorato con le amministrazioni dem, , manovrate dai neoconservatori.

Le voci catastrofistiche dovevano levarsi prima , la direzione , inquietante è già tracciata.

Il mostro , questo Frankenstein sociale e politico, l’ha creato il neoliberalismo progressista, nato e gestito oltreoceano, ma  accettato e utilizzato  anche da noi , da chi ci ha governato in questi ultimi anni.

Solamente ora ha dispiegato le ali, e si vuole scrollare tutti quegli orpelli, quei formalismi,  che secondo alcuni ne hanno impedito fino ad ora di  farsi potere, e non solo di accompagnarlo, di assecondarlo e di renderlo “solido”.

 E di rilanciare l’egemonia americana, a livello mondiale, e superare la crisi sociale interna, che è principalmente una crisi di credibilità , uno stato depressivo ,  una vera e propria  patologia sociale.

In più puntare sulla tecnologia, considerandola propria eccellenza assoluta,  nasconde il non detto, l’inquietudine , della presenza di altri attori che hanno messo a frutto la globalizzazione, andando oltre la sola manifattura, come la Cina. Perché  produce ricerca , aggirando le sanzioni Usa sui beni tecnologici, come i microprocessori avanzati, e  che mette in campo , quando Trump annuncia un mega investimento in un progetto di intelligenza artificiale, lo Stargate, un sistema  equivalente emesso  da  Deep Seek, molto più economico e, a quanto pare, di uguale efficienza . Quella americana è una scelta  che si basa sulla completa incapacità di analisi dei fenomeni , quindi delle cause del declino, unita ad un delirio di onnipotenza, tipico del crepuscolo di un potere.

L’area del dissenso, quella vera e consolidata, da anni con un approccio dubbioso nei confronti dei dem ,a iniziare da quelli nostrani , nutrita dalla consapevolezza  della falsità di narrazione, su pandemia, Ucraina, Palestina e via dicendo, falsità funzionale al perpetuarsi di un’egemonia ormai diventata tossica, non può, rallegrarsi più di tanto della sconfitta di un nemico, Biden e sodali , perché l’orizzonte si prospetta cupo, ancora  più cupo, perché in nuovi arrivati, non hanno neanche più il timore di nascondere le loro derive autoritarie. Autoritarismo distopico.

 Le linee guida della nuova amministrazione sono comunque aggressive, come la volontà di imporre dazi a chi non produrrà negli Usa, quindi a noi, Europa, area manifatturiera per eccellenza, che dovrà delocalizzare lì, come stanno facendo industrie tedesche, e quindi deindustrializzarsi, o ridurre le esportazioni, o rispondere pensando al proprio interesse, quindi gas russo, (ri)trovare mercati importanti , da cui siamo stati tagliati fuori per le note ragioni di sudditanza autolesionistica, orchestrate  dall’Unione Europea.

Ci riusciremo?

Nel neoliberismo , l’ egemonia, si declina con  modalità economico finanziarie, ma  anche con mezzi militari, vanno sempre a braccetto.

Come  in America Latina. Mettere i Narcos tra le organizzazioni terroristiche, permetterebbe un approccio  militare in Messico che prima non  era pensabile, mandare militari in Perù, intervenire pesantemente appoggiando tentativi di golpe in Bolivia, Colombia e principalmente in Venezuela e Cuba, è come rispolverare  la dottrina Monroe aggiornandola.

Questo perché la Cina è arrivata lì e si sta radicando.

E sta trasformando un’area, che due anni fa Dario Fabbri definiva ininfluente dal punto di vista geopolitico, in una linea di scontro, di contenimento.

E’ un potere in crisi, che non riesce ormai a gestire gli antagonismi con il “caos creativo” perché non riesce a gestirne le conseguenze, ma comunque potere è, e sta solo rimodulando la sua azione nei confronti degli avversari, e degli alleati.

Quindi niente di veramente nuovo sotto il sole, con un Unione Europea  autolesionista come sempre, il vuoto pneumatico assoluto.

La assoluta nullità , politica, umana, etica ,di capacità pensante , della classe politica europea ,è funzionale a questo declino del nostro continente, che dovrebbe utilizzare l’arma della diplomazia, sua eccellenza storica, per veicolare quello che è per lei  un imperativo morale, l’interesse nazionale, l’interesse delle nazioni che la compongono  ottenibile  solo con la pace, conditio sine qua non , per una giusta  prosperità .

 E con un impegno del nucleo storico dei paesi che hanno fatto l’Europa dopo la tragedia che è stata la Seconda guerra mondiale per i nostri popoli.

Io comunque quando sento nuove tecnologie, sento puzza di controllo sociale.

Interesse nazionale va  cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lui vita rifiuta. Scusate l’utilizzo maldestro di una frase del sommo poeta.

In tutto questo Musk entra a gamba tesa nella politica europea, appoggiando tutti i partiti anti Unione e di  estrema destra , a iniziare dalla Meloni. Non sconfessato da Trump, sento  una  certa inquietudine.

Di fronte a tutte l’assertività col “botto” del neo presidente.

La Russia sta vincendo, sta inesorabilmente avanzando, le sanzioni non l’hanno fatta collassare economicamente, mentre stanno collassando noi Europei, forse erano state pensate per quello.

Il  suo apparato militare industriale risponde molto meglio di quello occidentale, come la nostra maniera di fare la guerra si sta dimostrando obsoleta, basata su una presunzione di superiorità , assolutamente autoreferenziale.

Che ha portato a morte centinaia di migliaia di giovani in Ucraina. Abbiamo una responsabilità enorme.

E Putin , lo ha già detto, non tratterà , non congelerà il conflitto, si muoverà in base ai suoi interessi consolidati   sul campo, e non credo che abbia molta paura di altre sanzioni.

Tra l’altro , le ultime dell’Unione Europea, notizia di questi  giorni, hanno lasciato un “portone” aperto al GNL russo.

Anche perché , secondo me,  aspetta che cambi qualcosa in Europa, con l’ opinione  pubblica generale  contraria al proseguimento della guerra in Ucraina. Lui sta vincendo. Poi il trattato con l’Iran, ha messo in guardia Israele, dal non fare passi falsi, passi più lunghi della gamba. E gli americani lo sanno.

Israele, in grave crisi, che non ha cavato un ragno dal buco, ormai trattata  nel mondo da stato canaglia, da stato parafascista, che ha accettato il primo step della tregua, consapevole  del consolidamento di  Hamas  che dopo mesi di bombardamenti criminali,  permettendo uno scambio di prigionieri spettacolare, un’operazione mediaticamente perfetta per i palestinesi, che tra l’altro ostentavano fucili di fabbricazione israeliana, appare più forte e radicata di prima.

Non sta cavando un ragno dal buco in Libano, perché quando finiscono gli attacchi aerei,  con molte vittime civili, sul terreno l’esercito israeliano accusa perdite importanti.

Trump ha sbloccato l’invio di bombe da 1 ton antibunker, poco è, Israele si trova isolata e in crisi profonda, la guerra più lunga della sua storia.

Con Messico e Colombia che vietano l’atterraggio agli aerei che riportano a casa gli immigrati clandestini rastrellati  nelle città americane , nelle prime retate volute da Trump .

Quindi il neopresidente inaugura un nuovo modo di uscire dalla crisi, per me cialtronesco, basato su minacce, bisogna  vedere come andrà, perché di sicuro con la Russia, troverà molte difficoltà . Alcuni analisti dicono però che lo scambio di prigionieri in Palestina, sia dovuto a sue pressioni .

 Poi il rispolverare gli accordi di Abramo,  che ora vedono i sauditi giustamente dare priorità, per ragioni di stabilità interna, per accettare Israele , a trovare una via d’uscita per Gaza. Considerando che il neopresidente prefigura una deportazione dei palestinesi in Egitto e Giordania, ipotesi che questi due paesi temono, perché li destabilizzerebbe  come a suo tempo è successo in Libano.

Notizia di oggi , la Giordania ha ufficializzato la sua contrarietà. Seguita a ruota dall’Egitto.

Comunque il declino di un impero, inquieta sempre, perché nessuno può prevederne  il percorso e le conseguenze.. ..

Queste righe l’avevo scritte domenica. In questi giorni c’è stata la proposta di pace per l’Ucraina, per me fuffa,  perché non si può proporre ad uno che vince , di congelare il fronte, vedi due Coree, mettendo una forza di pace, che dopo trenta secondi il ministro degli esteri  russo  Lavrov, ha detto che se non riconosciuta da loro,  diventerebbe  subito un obbiettivo delle forze armate russe. Putin sta vincendo ed è stato ingannato troppe volte, vedi  Minsk 1 e Minsk 2. Il gioco lo detta lui, anche perché l’Ucraina sta crollando.

Poi Trump sta firmando ordini di rimpatrio di migranti irregolari,  che comunque darebbero problemi economici ai paesi di provenienza, l’afflusso di valuta americana, importante, calerebbe molto.

Ha piegato subito la Colombia, che dopo poco tempo ,ha accettato  di far atterrare gli aerei che trasportavano gli irregolari “rastrellati”, termine pessimo ma aderente, negli Usa.

Anche l’Honduras si trova in ambasce, non può non accettare facilmente  i suoi cittadini espulsi dagli Stati Uniti.

Ma il presidente di questo stato del centro America ,ha ricordato a Trump, che loro ospitano basi americane. Tante le volte!

Forse per i rimpatri forzati che il governatore della  California, lo stato degli Usa  più popoloso, e con il Pil maggiore, vuole indire un referendum per staccarsi dall’Unione.

Essendo anche uno stato agricolo importante, la carenza di manodopera, dei  latinos, ne danneggerebbe l’economia.

Tanto  più uno stato dipende dagli Usa, tanto più Donald, può fare il bullo .

Come diceva Kissinger, “essere nemici degli Usa può essere pericoloso, esserne amici è fatale”.

Con attori grossi come la Russia , questi atteggiamenti  non danno gli effetti desiderati , e lo si sta vedendo, tant’è che il blocco degli aiuti esteri , Trump lo ha sospeso anche per l’Ucraina, quindi non si farà la pace, possono continuare a morire.

Ma i problemi si stanno creando e grossi, con la Danimarca, e tutti gli scandinavi, per la Groenlandia.

Copenaghen  , per difendere la grande isola , vuole aumentare di parecchio le spese militari.

Considerando che tutti i paesi scandinavi, sono sempre stati alleati fedelissimi degli americani, per capirci, il Nord Stream , è stato fatto saltare  sotto il naso loro, sapevano tutto, e i servizi danesi hanno spiato per conto della Cia la Merkel.

Una pugnalata alle spalle quella di Trump.

Tra l’altro Bruxelles è in allarme perché sta mostrando di  privilegiare  i rapporti con i governi europei, scavalcando l’Unione.

Ma ancora peggio è il crollo in borsa dei titoli tecnologici americani, dopo l’annuncio di investimenti miliardari dell’ amministrazione americana nell’intelligenza artificiale.

Crollo dovuto a sistemi cinesi, enormemente più economici. Ne ho già parlato. E più di successo.

Con ,notizia di oggi la US Navy, che vieta, ai suoi dipendenti  di utilizzarli.

Alcuni analisti lo chiamano il momento  Sputnik, perché , come per lo Sputnik, l’America si sente  superata , la sua egemonia minacciata.

Come anche dal sistema di telecomunicazioni  cinese,a banda velocissima, che compete con Starlink.

Non sono solo in gioco solo soldi, in gioco è il potere, un potere globale.

E voler uscire dalla crisi, una crisi strutturale, puntando tutto in settori, in cui non si ha  l’egemonia come si credeva, è sicuramente un problema.

Questa politica aggressiva , da bullo, da azzardo, al posto di fermare il multipolarismo, forse  ne accelererà la diffusione.

Allontanerà dall’ Occidente, più che avvicinare.

 




Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica di Norberto Bobbio (Donzelli)

Parole chiave del nostro linguaggio pubblico, «destra» e «sinistra» sperimentano, oggi più che mai, una straordinaria capacità nel connotare il campo della politica. Persino coloro che si mostrano scettici circa l’efficacia della distinzione, o la considerano insoddisfacente, tuttavia non sanno farne a meno e finiscono col riproporla mentre la negano. A distanza di trent’anni dalla sua prima edizione, questo «aureo libretto» – come fu subito autorevolmente definito – assume sempre più la statura di uno di quei rari classici del pensiero politico che possono essere ritenuti fondativi. Davvero Bobbio aveva visto lungo. Davvero la sua saggezza era riuscita ad arrivare alla radice della distinzione, il cui nodo di fondo sta nel diverso atteggiamento che le due parti mostrano nei confronti dell’idea di eguaglianza. Naturalmente eguaglianza e diseguaglianza sono concetti relativi: né la sinistra pensa che gli uomini siano in tutto eguali, né la destra pensa che essi siano in tutto diseguali. Ma coloro che si proclamano di sinistra danno maggiore importanza, nella loro condotta morale e nella loro iniziativa politica, a ciò che rende gli uomini eguali, o ai modi di ridurre le diseguaglianze; mentre coloro che si proclamano di destra sono convinti che le diseguaglianze siano ineliminabili e che non se ne debba neanche auspicare la soppressione. Nel dispiegare i suoi argomenti, Bobbio riesce a rendere conto, secondo il classico procedimento della sua argomentazione, delle «ragioni» di entrambi i campi: «Guardando le cose con un certo distacco, non mi domando chi ha ragione e chi ha torto. Anche se non faccio mistero, alla fine, di quale sia la mia parte». Questa edizione del trentennale si avvale di una nuova prefazione di Nadia Urbinati, che di Bobbio fu allieva, e che percorre qui tutte le tappe, le discussioni, i consensi e le critiche, che hanno fatto di "Destra e sinistra" un libro di riferimento, e che ne fanno oggi più che mai «una stella polare» per orientarsi nel nostro difficile e problematico presente. Il libro ripropone anche l’introduzione di Massimo L. Salvadori alla «edizione del ventennale» (2014) e una nota introduttiva di Carmine Donzelli alla «edizione del decennale» (2004)




martedì 28 gennaio 2025

Ottant’anni fa l’Armata Rossa liberava il campo di concentramento di Aushiwitz- Birkenau. Intervento di Leonardo Elia

Ieri è stato  il giorno della memoria, ottant’anni fa l’Armata Rossa , avanzando in territorio tedesco, liberava il campo di concentramento di Aushiwitz- Birkenau, in Slesia, attualmente  Polonia, e spalancava le porte , finalmente , sull’orrore.

Un’orrore che si  presentava in tutta la sua modernità , figlio dei nostri tempi.

L’antisemitismo è stato , inutile nasconderlo, un corso d’acqua carsico , che talvolta  emerge ,presente nella storia europea, dall’età moderna in poi.

Gli eccidi che seguirono la presa di Gerusalemme, nella prima crociata, non hanno nulla a che fare con l’antisemitismo, perché  all’epoca , si tagliava  la gola a tutti, infedeli, ebrei, eretici.

Il fattore unificante delle società era la religione, e in suo nome si potevano compiere le peggiori efferatezze.

Iniziamo però con i distinguo, sennò non sarebbero  “dialoghi scomodi”

Primo , i regni musulmani erano molto più tolleranti dei cristiani. Quando i “marranos” ebrei, e i “moros” , arabi, furono cacciati, se non convertiti, dal Regno di Spagna, riunito dai cattolicissimi sovrani Alfonso d’Aragona, e Isabella di Castiglia, gli Ebrei , andarono nell’impero ottomano, diventando ebrei Sefarditi, da Safar (Spagna), e parlavano spagnolo rinascimentale. Accettati , dovevano pagare una tassa, come  i cristiani.

Secondo luogo, uno può parlare di stragi medioevali, ma i massacri di civili che ci sono stati, con un crescendo impressionante, nei conflitti degli ultimi 150 anni, non sono assolutamente paragonabili, in termini quantitativi, ma anche in termini qualitativi , perché non tutte le comunità subivano lo stesso destino.

Arriviamo al punto, l’antisemitismo  ha raggiunto il suo apice con la shoah.

Le comunità israelitiche avevano la caratteristica di essere dei nuclei con dinamiche  proprie, per esempio per ragioni religiose  tutti i bimbi imparavano a leggere e a scrivere.

Si capisce così come , spesso erano occupati da ebrei  posti di rilievo ,in tutta l’Europa centro- orientale.

Il problema arriva quando compare, dopo la rivoluzione francese, lo stato nazionale, che è lo stato che si identifica con un popolo. Gli imperi erano un miscellanea di popoli, armonizzati  da uno che era l’egemone della comunità. Nel parlamento asburgico si parlavano, credo, 26 lingue differenti.

I dolori iniziarono quando i nazionalismi, pretesero lo stato identitario. Che tra l’altro non poteva non collidere con altri stati identitari, producendo  guerre che non erano guerre solo tra stati , erano guerre tra popoli.

Questo ,apparire, più che essere veramente,  “diversi”, ha sempre esposto gli ebrei alle diffidenze altrui, e quindi all’attribuzione in tempi di crisi, di colpe collettive.

Una enorme ca**ata è stata “i protocolli dei savi di Sion” , che parla di una cupola ebraica, che manovra per raccogliere, da dietro le quinte, più denaro e potere possibile. Completa di documentazione,  chiaramente, tarocca.

 Che  dire, grande popolarità, anche in occidente, prima di rendersi conto che tutto era una macchinazione dell’Okhrana , la polizia segreta zarista, che in questo modo cercava di deviare  su questa comunità il malcontento della popolazione .

Stesso discorso per l’affaire Dreyfuss, ufficiale ebreo, vittima di un processo farsa, accusato, di essere una spia per conto dei tedeschi, che  nel 1870 avevano sconfitto pesantemente l’esercito di Napoleone III.

Chiaramente riabilitato, dopo essersi fatto qualche anno di reclusione nel tremendo penitenziario di La Cayenna.

 Antisemitismo  figlio dei nazionalismi, come dice  Nietszche .

E veniamo al 1919. E arriviamo alle radici prossime della Shoah.

Finisce la Prima guerra mondiale, finiscono gli imperi, escluso quello inglese, in  un’ Europa sfiancata e indebolita.

I vinti vengono penalizzati pesantemente, specialmente la Germania, che viene privata delle colonie, ha un territorio ridotto, per permettere la creazione della Polonia, e di altri stati nazionali.  Fortemente  nazionalisti anche loro.

In più la Germania  , rullo compressore militare per tutto l’800, quando si era arresa nel 1918, si trovava ancora in territorio avversario. E la causa del suo collasso , era stato il cedimento sociale ,prima che militare. Dovuto anche alla forza dei movimenti socialisti tra la sua popolazione. Non dimentichiamo che il primo partito socialista del mondo è tedesco. Quello che l’attuale dirigenza SPD ha ridotto ai minimi termini.

Quindi ci vuole un capro espiatorio. Chi meglio degli ebrei, spesso assimilati ai socialisti, anarchici e comunisti, agli Spartachisti ,  ai marxisti. E molti ebrei, come  Trotskii, , avevano fatto la rivoluzione russa. Per capire Trotskii su tutti, che organizzando l’Armata Rossa,  aveva salvato l’Unione Sovietica in fasce dall’aggressione degli eserciti alleati e polacco, durante la guerra civile.

Questi movimenti  organizzarono  in Germania rivolte, represse nel sangue dai Freikorps, gruppi paramilitari , che poi  confluirono nel partito nazista.

Perché ,  c’era uno spettro che si aggirava per l’Europa, ed era la rivoluzione bolscevica, che diventava, un modello per le masse sfiancate dalla guerra.

Nell’esercito imperiale tedesco, come austroungarico, prestavano servizio, anche decorati ,molti ebrei.

La shoah , ha un precedente inquitante. Tra il 1915 e il 1916, nell’impero ottomano , un gruppo di giovani ufficiali , che appartenevano al movimento dei Giovani Turchi, deportò, eliminò , milioni di armeni, colpevoli di essere considerati collaborazionisti con potenze estere(Russia).

Quindi impero multietnico in disfacimento, nazionalismo, accusa di operare per potenze straniere.

Tornando alla Germania, frustrazione per la sconfitta, crisi economica acuita dai debiti di guerra, scaricati sui vinti, chi meglio degli ebrei da rappresentare come i parassiti che si arricchiscono sulle sofferenze del popolo, del popolo tedesco.

Chi può interpretare meglio  questa idea,  di un  partito di destra, visceralmente nazionalista, di un nazionalismo alimentato da una frustrazione abissale, come abissale era  la crisi economica che subivano la maggior parte dei tedeschi. Finanziato però  da tutti, grandi imprese, che comunque si arricchivano, banche internazionali, anglo americane, che appoggiavano  l’ascesa dei fascismi europei in chiave anticomunista, perché il contagio comunista  faceva più  paura a questa gente, di  quello che c’era scritto nel Mein Kampf.

Quando ,il caporale austriaco , prende il potere, in Germania,  tutti pensavano di poterlo gestire, ma il furbacchione, con leggi speciali incomincia a mettere in pratica quello che aveva scritto .

Eliminazione per purificare la razza, di tutti i portatori di  handicap, eliminazione delle persone di colore, che venivano dalle  colonie, eliminazione , fisica, degli oppositori di sinistra, socialisti comunisti anarchici,

e persecuzione degli ebrei. In Europa e Usa, grande apprezzamento per Hitler, Churchill, non lo amava, ma più per ragioni geopolitiche che altro, mentre stimava Mussolini.

Una mia insegnante, dell’università di Rostock, mi raccontava del padre, scomparso nel 1935, socialista, di cui non si è trovato neanche il corpo.

E le banche anglosassoni finanziavano anche il riarmo, perché serviva per ”contenere”, l’ Unione sovietica  . Una vera ossessione.

Politiche violentissime, palesemente razziste, antisemite, venivano glissate, perché l’ anticomunismo era più importante.

Ed  è il comune denominatore del “Secolo breve” come si intitola il magnifico libro di Eric Hobswbawm, che invito a leggere con attenzione.

Quindi la guerra finisce, con i suoi milioni di perseguitati , con i milioni di assassinii , con le sue barbarie, le sue efferatezze, e , a questo punto ,  l’antisemitismo  compare,  come valore assoluto.

Hanno finanziato  in chiave anticomunista i nazisti, li hanno accettati , e degli omicidi di massa si ricordano solo ora.

La Shoah diventa un problema tedesco, solo tedesco.

Per me andrebbe de-germanizzata.  Mi spiego meglio. le responsabilità tedesche sono enormi.

I tedeschi su un terreno fertile europeo hanno offerto, un apparato tecno burocratico perfetto, il migliore che la storia umana ricordi, tanto perfetto che il suo modello viene utilizzato fino ad oggi , non solo dalle amministrazioni , ma anche dalle multinazionali.

Vedetevi  su you tube, qualche minuto del processo di Gerusalemme ad Adolf Eichmann, quello della “banalità del male” della Arendt, se non vi sembra un linguaggio e una postura , da funzionario di grande azienda privata, da “aziendalista”.

E in più , essendo la Germania, la patria dei pensatori più significativi europei degli ultimi secoli, ha offerto anche  una struttura teorica, basata sul razzismo scientifico, studi   in gran voga anche nel mondo anglosassone dalla fine dell’800, su cui si basa il suprematismo ,europeo.

 Il salto di qualità lo hanno dato i tedeschi, ma, spesso il lavoro sporco lo facevano i collaborazionisti di mezza Europa, occupata. i francesi, i baltici , entusiasti, nell’aiutare in questa infamia i nazisti, anche noi italiani, i polacchi, che hanno sentito il dovere   di perseguire chi dava  qualche responsabilità della Shoah alla Polonia. Ma anche bosniaci, croati, ungheresi ,rumeni. Tutti.

Per non parlare degli ucraini, che avevano una divisione SS tutta per loro, la Galizien, la peggiore la più crudele, protagonista della uccisione e deportazione di migliaia di ebrei, e anche polacchi, in Ucraina occidentale.

Al loro leader , Stepan Bandera , Zelenskij  inaugura monumenti, con presenti  graditi ospiti politici  occidentali

La responsabilità alla Germania, gli altri rimuovono, tutti insieme oggi ad Aushwitz, esclusa la Russia , che ha liberato il campo, e la gente che stava morendo lì dentro. Unico stato , erede dell’unico stato , totalmente non antisemita.

L’antisemitismo  quindi come una foglia di fico, strumento per congelare qualunque elaborazione della colpa , da parte della Germania, farla vivere in una dimensione post storica , renderla inoffensiva,  asservita, ad interessi egemonici esterni.  Perché non tutto va buttato della storia tedesca, perché le deviazioni vanno prevenute, comprendendone le radici. In costituzione la Germania , ha anche come fattore fondante lo stato di Israele.

Per questo , viene tacciato di essere antisemita chiunque critichi la politica criminale, genocida, fascista, dell’attuale governo israeliano, mosso da un sionismo viscerale ed imperialistico, prodotto dei nazionalismi europei della prima metà del ‘900.

Sono messe a tacere tutte le voci, anche delle comunità ebraiche , che differenziano l’antisemitismo dall’antisionismo.

 Ipocrisia strumento di interessi politici , e torniamo al potere della narrazione, di una narrazione che indirizza il consenso, e spegne la dialettica, la discussione che ci fa crescere tutti.




 

 

 

 

Fotografare la Shoah. Comprendere le immagini della distruzione degli ebrei di Laura Fontana (Einaudi)

Un’analisi, che ancora mancava, sulle modalità con cui la Shoah è stata rappresentata e interpretata attraverso le fotografie.


Questo libro coglie l’importanza straordinaria di un numero cospicuo di fotografie che pur non raffigurando direttamente l’assassinio di massa hanno la capacità di illuminarci sui fatti, inquadrando dettagli o momenti che hanno costituito la scena preliminare, preparatoria o collaterale al crimine e all’universo delle vittime e dei carnefici. La Shoah non è un evento che possiamo ricostruire come un quadro illuminato dal centro, ma nemmeno è una pagina buia segnata dall’irrappresentabilità. Dobbiamo pensarlo come un processo segnato da varie forme di prevaricazione e violenza che può essere raccontato con l’aiuto di tanti tasselli luminosi – le fotografie che si sono conservate – che squarciano l’oscurità e fanno intravedere alcuni frammenti, lasciando alla nostra immaginazione quello che i documenti di archivio non mostrano. La sfida è quella di affinare la capacità di osservare e di metterne continuamente alla prova i limiti, alla ricerca di un equilibrio, o forse di un compromesso, tra due tendenze opposte che sembrano prevalere nel nostro modo di rapportarci alle fotografie storiche: l’ipertrofia del déjà-vu, generata da una saturazione di immagini che ne altera la percezione e ne cannibalizza il consumo, e la miopia o cecità del modo di guardare, che porta a ignorare o sottovalutare gli elementi visivi di sfondo, quelli informativi a corredo della foto e il suo sottotesto.


domenica 26 gennaio 2025

I diari del boss di Lirio Abbate (Rizzoli)

«Durante la mia vita ho imparato a non credere più in Dio e nel mio prossimo, a non sperare più, per non essere più deluso. Dio può venire a cercarmi, se vuole; se non vuole, finirà forse per restare solo, un giorno.»


Non esiste nulla di simile nella storia della criminalità organizzata e dei suoi capi indiscussi. Un boss e i suoi diari privati, quelli che Matteo Messina Denaro chiamava «i libriccini». Dentro, vergati con uno stampatello preciso, ordinato, quasi ossessivo, pensieri e riflessioni, sfoghi, appunti, ricordi. E soprattutto, come da dedica, una sorta di lunga e tumultuosa corrispondenza a senso unico con la figlia Lorenza che non ha mai conosciuto. È su questo materiale unico, ritrovato in una perquisizione dopo l’arresto del padrino, che Lirio Abbate affonda il suo sguardo da cronista ed esperto di mafie, lui che al boss di Castelvetrano ha dedicato decine di articoli, inchieste, libri. Per cercare di dare un senso e una composizione a un flusso di parole dal quale emerge un ritratto inedito e privato – per quanto manipolato ad arte dal suo stesso autore – di una delle figure più oscure della storia criminale non solo italiana. A due anni dall’arresto del latitante di mafia, ci inoltriamo così nel suo legame a distanza con la figlia, nei rapporti con la famiglia di origine e con il padre, con le amanti, il sesso e gli amici; con la giustizia, l’onore e la religione. Nei misteri del lato più intimo e segreto di un uomo che si descrive fondamentalmente solo e in guerra. Un viaggio negli anni della latitanza dello stragista ricercato per trent’anni in tutto il mondo, un documento eccezionale analizzato con la guida e la perizia del grande giornalista d’inchiesta. Matteo Messina Denaro, l’ultimo padrino corleonese libero che non ha mai parlato, lo fa per la prima volta: «Le persone non restano uguali per tutta la vita, io sono cambiato. Che non significa che sia pentito di qualcosa o che rinneghi il mio passato. Questo non accadrà mai»




Una lotta contro la solitudine (a cura) di Mimmo Calbi (Besa Muci)

Una lotta contro la solitudine (a cura) di Mimmo Calbi (Besa Muci)



Tra il 1952 e il 1953, con un ristretto numero di giovani meridionalisti, Leonardo Sacco avvia con Marcello Fabbri un periodico (“La Città”) che si guadagna, fra gli altri, la considerazione di Gaetano Salvemini: “Finalmente un giornale meridionale senza fronzoli, senza filosofemi e senza retorica; continuate e non fatevi dissuadere a cambiare”. Poi, nel 1954, nasce “Basilicata” mentre la vicenda materana si ricollega alle tipiche esperienze del meridionalismo, quando cioè appare chiaro che le forze che occupano la macchina statale non tollerano più presenze autonome, e con qualche leggina speciale estromettono studiosi e tecnici non allineati con il governo. Ogni progetto innovativo viene depotenziato dall’invadente potere governativo e poi ridimensionato e dimenticato dalle mediocri ma interessate gestioni locali. Consapevole della crisi del centrismo e dell’insufficienza della sinistra tradizionale, il settimanale punta verso “una elaborazione dal basso di una nuova politica”. Su ciò insiste l’articolo di fondo del primo numero sperimentale del giornale, “una nuova classe dirigente, che sostiene “di preparare seriamente, modestamente, attentamente, una nuova classe politica e una nuova classe dirigente in Basilicata”, perché solo una forza politica autonoma avrebbe potuto dare solide basi alla nascente democrazia e impostare una lotta politica moderna e autenticamente popolare. Una simile operazione esigeva anzitutto una solida preparazione politica, economica, tecnica, che permettesse una conoscenza approfondita dei problemi e delle possibilità. La salvezza non poteva venire che dal di dentro: la democrazia non sarebbe sorta per gratuita concessione, e i rapporti tradizionali dell’arcaica società regionale non sarebbero mutati se i lucani non fossero mutati e non si fossero trasformati. Quello del gruppo di “Basilicata” insomma è un tentativo di affinare meglio una tradizione di gestione autonoma di organismi economici, di amministrazioni locali, di autogoverno in un contesto particolare e in un ambiente non leggibile o comprensibile nei termini schematici della lotta di classe.

 

 

Mimmo Calbi vive e lavora a Matera. Già redattore di “Basilicata”, collaboratore della cattedra di sociologia dell’Università del Salento e membro della Société Europénne d’Ethnographie de l’Èducation, attualmente presiede l’associazione culturale A. Olivetti di Matera. Tra gli altri ha pubblicato: Un violento companatico (1992); Resoconti. Schegge di un disordine didattico (1994); Cronache dall’Osso. Reportage dalle aree interne della Basilicata (1995); Il pudore pedagogico di J. Ortega y Gasset (con Vito D’Armento, 2002); Il compromesso della penombra (2008); Il pathos della lucanità (2012).

martedì 21 gennaio 2025

Nel Baratro della guerra continua Presentazione OGGI A LECCE del libro di Elena Basile (Ex Ambasciatrice, scrittrice e giornalista) dal titolo L’occidente e il nemico permanente (PaperFirst)

Con il Patrocinio del Comune di Lecce, Regione Puglia, Biblioteca Bernardini, Polo Biblio Museale di Lecce, Provincia di Lecce, Puglia Culture e in collaborazione con  ANIEF Associazione Professionale Sindacale, Università del Salento – COBAS – Pacelink, Potere al Popolo, I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno è previsto l’incontro dal titolo “Nel Baratro della guerra continua -  Presentazione del libro di Elena Basile (Ex Ambasciatrice, scrittrice e giornalista) L’occidente e il nemico permanente edito da PaperFirst, martedì 21 Gennaio 2025  alle Ore 18.00 presso Biblioteca Bernardini Ex Convitto Palmieri, Piazzetta Carducci – Lecce.

Apre l’incontro Stefano Donno editore de I Quaderni del Bardo Edizioni

Modera e Coordina - Silvia Cazzato (giornalista)

Introduce - Prof.ssa Santa De Siena

Dialogano con l’Autrice Prof.ssa Maurizia Pierri, Prof.ssa Elisa Rubino, Prof. Salvatore Rizzello, Prof.ssa Elena Maria Fabrizio, Dott. Leonardo Elia (blog Dialoghi Scomodi)

 

Un invito a riflettere e  non restare indifferenti alle guerre, alle catastrofi umanitarie, al genocidio, al militarismo, al negazionismo climatico, alla crisi economica, allo scontro di civiltà, sospesi tra la sindrome securitaria e il castello di carta della disinformazione. A non assecondare l’ipocrisia di chi proclama “valori universali”, che ci rende complici dei massacri, mentre viene tacitata ogni forma di dissenso e di mobilitazione sociale. Ma per provare a smuovere le nostre coscienze, i nostri corpi, le nostre menti e il nostro spirito critico  di fronte alla disumanizzazione, alla violenza, alle atrocità mentre il diritto internazionale è sotto attacco e la nostra stessa democrazia va in frantumi.

Ne parliamo con L’Ex-Ambasciatrice Elena Basile che nel suo ultimo libro  L'Occidente e il nemico permanente esamina il passaggio di paradigma dalla Vecchia alla Nuova Europa e ricostruisce la genesi dei due principali conflitti dell’Ucraina e del Medio Oriente, ponendo seri interrogativi geopolitici. Sottolineando come “i giochi strategici globali siano frutto di una visione patologica del mondo e dell’Occidente che braccato dal declino che esso stesso ha creato, porta avanti disegni imperialistici ed espansionistici”, incentrandosi sulla supremazia militare piuttosto che aprire il tavolo dei negoziati come unica possibilità di risoluzione razionale degli annosi conflitti fratricidi.  

La costruzione di un’alternativa riformatrice alla normalizzazione della guerra ha bisogno di un impegno più incisivo da parte della UE e non di uno scontro tra il bene e il male. Di fronte al rischio di un’escalation infinita e al triste destino nucleare, non lasciamoci trascinare nel baratro di una guerra infinita. “Querela Pacis”, imploriamo la pace!!!

Si invita la cittadinanza e la stampa tutta a partecipare all’incontro

 

Scheda del volume - L'Occidente e il nemico permanente di Elena Basile (PaperFirst) -  Sono passati due anni dallo scoppio della guerra in Ucraina, che continua a seminare lutti e disperazione. Un nuovo conflitto è sorto in Medio Oriente, come conseguenza della mancata soluzione alla questione palestinese che si trascina da più di un secolo. Le due crisi presentano il rischio di trasformarsi in guerre globali e nucleari, e i loro resoconti mediatici si basano sulla stessa narrativa dominante, sebbene gli scacchieri internazionali siano molto diversi: prevale un approccio di stampo etico e religioso, lo scontro tra il bene e il male, rispetto a un’analisi razionale e storica. Come mai? Non è una coincidenza. L’autrice illustra come i giochi strategici globali siano frutto di una visione patologica del mondo dell’Occidente che, braccato dal declino che esso stesso ha creato, porta avanti disegni imperialistici ed espansionistici, focalizzandosi sulla supremazia militare e relegando in un angolo diplomazia e mediazione: si allontana così l’idea di un Occidente sano, possibile protagonista del nuovo riformismo, e si alimenta il bisogno di un nemico permanente, che è ormai dato per scontato dai governanti occidentali. Prefazione di Luciano Canfora. Postfazione di Alberto Bradanini

 



lunedì 20 gennaio 2025

Craxi, l'ultimo vero politico di Aldo Cazzullo (Rizzoli)

 «A un tratto, la ruota del destino diede un giro. La vicenda di Craxi entrò nella fase finale, quella della vita e della morte. In poche settimane la situazione sarebbe precipitata, in modo insieme epico e grottesco. Iniziava una tragedia. Che tanti in principio considerarono una farsa. Perché l’Italia è convinta di essere un Paese comico, al più melodrammatico. Invece la storia unitaria del nostro Paese è una storia tragica.»


Aldo Cazzullo atterra a Tunisi a fine ottobre del 1999. In Italia è appena arrivata la notizia del ricovero di Bettino Craxi. Il leader socialista, dal 1994 ad Hammamet per sfuggire a Mani Pulite e all’arresto, sarebbe morto pochi mesi dopo. Parte dalla fine, da questi ricordi personali vissuti sul campo del giornalismo – la malattia di Craxi, il disperato intervento chirurgico, la morte, il funerale –, il racconto dell’uomo e del politico che più di ogni altro ha rappresentato la modernizzazione dell’Italia repubblicana e la caduta del sistema dei partiti. Un ritratto in chiaroscuro. Un profilo biografico impreziosito da aneddoti personali e da un apparato fotografico unico, che punta a ricostruire la storia del giovane militante, l’ascesa al potere del segretario socialista, i rapporti con i leader nazionali e internazionali del suo tempo, dando conto della dimensione umana e intima del politico che fu Craxi anche nei mesi concitati dell’epilogo della sua parabola, senza nascondere gli errori e le responsabilità. Fino a tracciare un’analisi della sua eredità, quel nodo mai sciolto della fine della Prima Repubblica che forse trova proprio in Bettino la sua plastica rappresentazione: uomo di potere osannato e odiato, capro espiatorio della stagione del malaffare, esiliato illustre per alcuni, latitante per altri (e per la giustizia italiana). L’ultimo vero politico, scrive Cazzullo a venticinque anni dalla scomparsa di Bettino Craxi, con una formula su cui non si riesce a porre un solo accento: è stato l’ultimo uomo di Stato italiano dotato di spessore e di visione; ma ha pagato un prezzo altissimo alla sua spregiudicatezza. Ingombrante financo sul piano fisico, è diventato il bersaglio grosso: da statista a «Cinghialone». Un simbolo della Prima Repubblica, che ha avuto – come ha riconosciuto il suo nemico della vita, Eugenio Scalfari – «la grandezza della fine»



Tutti i colori del rosso. Un viaggio nella storia della sinistra (Feltrinelli)

Tutti i colori del rosso. Un viaggio nella storia della sinistra per ritrovare l'orgoglio dell'alternativa di Gabriele Santoro (Feltrinelli)

 

Tutti i colori del rosso è un viaggio nella storia della sinistra europea e mondiale post 1989, che riflette e indaga l’attualità politica italiana, internazionale e le sfide poste dal disordine globale nel quale siamo immersi. Pace e guerra, immigrazione, il diritto alla salute, lavoro e precariato, contrasto alla povertà, ambientalismo e giustizia climatica, i diritti civili e le donne in politica: le otto inchieste giornalistiche che compongono il volume affrontano le questioni centrali del nostro tempo. Il libro analizza e interroga anche le scelte, le promesse tradite o incompiute dei protagonisti che negli ultimi tre decenni hanno caratterizzato a sinistra la leadership di partiti e governi: le luci e le ombre di François Mitterrand sull’immigrazione, la parabola di Tony Blair segnata dalla guerra in Iraq, i limiti del riformismo verde di Joschka Fischer, il cammino di Willy Brandt verso la caduta del Muro di Berlino, la sfida di Barack Obama per la sanità pubblica, Matteo Renzi e la rottamazione del diritto del lavoro, Lula e l’agenda per la “Fame zero”, l’ascesa di Ada Colau e le donne in politica nella Spagna post franchista. Nei loro ritratti emergono gli snodi tematici cruciali determinanti ieri come oggi. Dalla ricostruzione con una prospettiva storica del tramonto elettorale e politico delle socialdemocrazie, si illumina ciò che è stato e ciò che manca alle sinistre per incarnare un progetto di riscatto sociale collettivo e orientare in senso progressista le grandi trasformazioni all’orizzonte. Perché non esiste un’alternativa alla globalizzazione mercatistica? È possibile ricostruire la relazione tra sinistre e popolo, colmando i ritardi nella comprensione dei mutamenti nelle società? Come tenere insieme la difesa dei diritti sociali e la promozione di quelli civili? A queste domande critiche rispondono gli interventi di Fausto Bertinotti, Pietro Bartolo, Emma Bonino, Luigi Manconi, Susanna Camusso, Rosy Bindi, Sergio Cofferati e Livia Turco.