«Immagina che tocchi a te
innalzare l’edificio del destino umano allo scopo finale di rendere gli uomini
felici e di dare loro pace e tranquillità, ma immagina pure che per far questo
sia necessario e inevitabile torturare almeno un piccolo esserino, ecco,
proprio quella bambina che si batteva il petto con il pugno, immagina che
l’edificio debba fondarsi sulle lacrime invendicate di quella bambina –
accetteresti di essere l’architetto a queste condizioni? […] potresti accettare
l’idea che gli uomini, per i quali stai innalzando l’edificio, acconsentano
essi stessi a ricevere una tale felicità sulla base del sangue irriscattato di
una piccola vittima e, una volta accettato questo, vivano felici per sempre?»
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