La parola “manifesto”, il sostantivo “manifesto”, secondo il vocabolario Treccani, ha un significato ben preciso: rappresenta un programma politico , culturale lanciato da partiti, da gruppi o da correnti.
Esempi ce ne sono tanti
come lo stranoto “ Manifesto del partito comunista” di K. Marx e F. Engels,
pubblicato a Londra nel 1848, oil “Manifesto dei futuristi” pubblicato in
Francia nel 1909.
Questa intervista che il
giovane regista Massimo Selis ha fatto al dottor Fausto Villabona ha per me un
valore di manifesto programmatico.
Definisce uno
spartiacque, una cesura che si sta evidenziando sempre con maggiore chiarezza
nella nostra società, nella nostra cultura.
Una frattura che tocca in
maniera profonda uno dei fondamenti, forse il Fondamento, della collettività
all’interno della quale noi viviamo, la scienza, e il suo applicativo, la
tecnologia .
La scienza è la
conoscenza del mondo della natura.
La medicina è
l’applicazione di questo concetto in funzione del nostro benessere,
prevenzione, e anche per il conseguimento dello stato di salute.
Noi viviamo in
un’antropologia della linearità, della
semplificazione, che trova riscontro immediato nei protocolli terapeutici, una
teologizzazione della scienza ufficiale, totalmente chiusa a contributi che
invece potrebbero dare tanto, in un ottica di comprensione del mondo di cui
facciamo parte, volto a ristabilire un equilibrio, che abbiamo perso.
Noi siamo dei sistemi
complessi, viviamo in sistemi complessi, che nessun super computer comprenderà,
nessuna intelligenza artificiale ci farà penetrare nei loro segreti, senza un
cambio di paradigma.
Lo sguardo deve essere
olistico, perché siamo unità in equilibrio, sia all’interno del nostro
organismo, sia in rapporto con il mondo che ci circonda.
La gestione della
pandemia ha svelato ,finalmente, le criticità, concettuali, prima delle
criticità operative, con il carico di corruttela che queste si sono portate
dietro.
Significativo l’accenno
all’infiammazione di basso grado o silente, condizione che ha accomunato tutte
le vittime del Covid 19.
Assolutamente non citata
mai nella ossessiva ,e ossessionante comunicazione pandemica. Un atteggiamento
delle istituzioni da “peste manzoniana”.
Ma anche la
consapevolezza dell’esigenza di un rapporto meno smart e più frontale, essenziale se si ha
a cuore la persona nella sua interezza.
Non dimenticandosi mai
che l’umanità è progredita, si è sviluppata, nei millenni con rapporti
frontali, all’interno di comunità, e tra comunità differenti.
Non certo attraverso
modelli, proposti e imposti, da enti sovranazionali, che verticisticamente,
dirigisticamente, pretendono di regolare il quotidiano di collettività che le
vedono lontane e assolutamente fuori contesto.
Lo stimolo che può venire
dai territori , anche nel campo della tutela della salute, la realtà
osservazionale, che potrebbe essere una grande risorsa , non viene presa in
considerazione , ma invece imbrigliata, in una burocrazia asfissiante.
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