lunedì 30 giugno 2025

Mit, IA e risposta neurofisiologica – Intervento di Leonardo Elia

Uno studio del MIT, Massachussets  Istitute of Tecnology,  ha  messo a confronto la risposta neurofisiologica  e cognitiva di tre gruppi di persone  di fronte ad un componimento, di fronte ad una scrittura.

Un gruppo era formato da chi non usa supporti informatici di nessun tipo, un altro gruppo da chi invece utilizza abitualmente  la rete, il terzo gruppo chi si basa  abitualmente  su chat Gpt.

Le prove sono state ripetute più volte in un arco di tre mesi, con un’esame orale e scritto, come si diceva una volta, di quello che è stato prodotto dai partecipanti, incrociato da un’elettroencefalogrammografia, che attraverso una serie di elettrodi esterni,  ha riportato  come le diverse aree del cervello si “accendevano” e si rapportavano tra di loro durante l’indagine.

I risultati dello studio, per quanto ovvi, specie per chi, come me nutre dubbi su un’ utilizzo della tecnologia senza alcun  limite,  sono inquietanti.

Il gruppo che non usa aiuti, ha dato risultati nettamente migliori, specialmente nei confronti  dei soggetti che usano frequentemente  la IA per produrre testi. Che tra l’altro non ricordano quello che hanno scritto  loro stessi  poco  tempo prima. Essi hanno  sviluppato un debito cognitivo, quindi minore capacità di collegare più ragionamenti  , di sviluppare un pensiero articolato, minore  capacità  di elaborare in autonomia .

Gli utenti che usano la rete abitualmente, stesse conclusioni, ma  deficit più contenuti .

Anche l’attivazione delle aree del cervello è  risultata  differente, e dava l’anatomia e la fisiologia delle differenze emerse dall’esame tradizionale.

Non bisogna dimenticare che queste conclusioni si riferiscono ad un campione che abitualmente usa  queste tecnologie, che subisce l’adattamento al mezzo utilizzato.

Il genere umano fin dalla sua apparizione sulla terra si è avvalso di apparati, che per quanto  ora ci possono apparire primitivi, come la selce scheggiata, lo  hanno accompagnato e hanno accompagnato la sua  storia e la sua evoluzione ,  aiutandolo nel quotidiano  e quindi  modificandone  la  vita. Le “protesi” come le chiamava il compianto Roberto Calasso, di Adelphi,  che avevano sempre un loro perché.

Il perché della AI, se le conclusioni sono queste, mi inquieta, perché io mi interrogo a cosa e a chi, servano cervelli, che non ideano, menti che hanno perso la più grande ricchezza dell’individuo che è il senso critico.

 Un orizzonte distopico che sta già prendendo forma intorno a noi, senza che la società  se ne renda conto, perché la consapevolezza , che proviene direttamente dall’autonoma , cosciente e strutturata  elaborazione di pensiero, è la prima vittima dell’ utilizzo pervasivo di questo tipo di tecnologie.




venerdì 27 giugno 2025

Lo stato del potere: Politica e diritto ai tempi della post-libertà di Carlo Iannello (Meltemi)

 




















Il neoliberalismo ha liquidato il liberalismo. Le politiche neoliberali hanno introdotto ovunque la concorrenza, dai servizi pubblici all’università, dalla sanità all’istruzione, fino a estenderla all’intera società. Si è così abbandonato ogni fine sociale e conservato il solo apparato autoritario, essenziale al mercato. Asservito lo Stato all’economia, neutralizzata la politica, scardinati i principi liberaldemocratici e la prescrittività delle costituzioni, il neoliberalismo ha condannato la democrazia e il diritto pubblico a una prolungata agonia. Le nuove forme del potere stanno ora pregiudicando, dopo quelle politiche e sociali, anche le libertà economiche, che decenni di politiche neo-
liberali hanno finito, paradossalmente, per mettere in discussione.
Alla sempre maggiore concentrazione dei capitali corrisponde un’inedita centralizzazione delle decisioni, ormai slegate dalle sedi della rappresentanza democratica, ancora formalmente esistenti. Sono ora gli stessi attori del capitalismo transnazionale a governare di fatto l’economia e la società, secondo modalità che rimandano alle pianificazioni dello Stato interventista. Carlo Iannello ricostruisce i contorni di questo “post-liberalismo” oligarchico e illiberale, che può essere contrastato solo ridando forza al progetto profondamente umano contenuto nella Costituzione repubblicana, costruito sul primato della persona rispetto allo Stato e alla tecno-economia

mercoledì 25 giugno 2025

Le metamorfosi degli imperi di Pier Paolo Portinaro (Solferino)

Parlare di imperi significa alludere, tradizionalmente, a potenze che dispongono di grandi estensioni territoriali, ne controllano le risorse e tendono a considerare i loro confini inviolabili verso l’interno ma sempre espandibili verso l’esterno, in forza di qualche missione culturale da compiere. La storia globale è storia di imperi e al suo interno il protagonismo degli stati nazionali, sorti in età moderna e oggi in evidente declino, non rappresenta che una parentesi nella storia universale. Per analizzare il cambio d’epoca che ci sta travolgendo, Pier Paolo Portinaro legge i recenti accadimenti attraverso questa interpretazione e propone una lettura dei fatti politici e bellici in chiave di filosofia della storia. Ne nasce così una lucida riflessione sul tema della guerra e del diritto, che evidenzia quanto i conflitti in corso stiano mettendo a repentaglio i principi fondativi del diritto internazionale umanitario, sfidato in modo radicale dalle nuove dislocazioni di potenza. Una deriva irreversibile, quella che il mondo contemporaneo sembra aver preso? No, se è vero che i rapporti internazionali, come tutte le cose che stanno nella storia, non sono condannati alla fissità e alla cristallizzazione ma esposti a lenti eppur inesorabili cambiamenti. Dove manca il coraggio del nuovo prende piede la regressione, dove falliscono le riforme dell’ordine internazionale trionfa il revisionismo delle potenze imperiali, e nondimeno l’esperienza storica mostra che anche le autocrazie sono esposte alle crisi e al declino. Proprio qui si colloca la sfida che l’Europa è chiamata ad affrontare: dar vita a un impero democratico, un nuovo impero del diritto, per favorire la transizione dall’attuale disordine pandemico a un ordine multipolare riequilibrato



Cosa resta dell'Europa. Il destino dell'Unione tra crisi e rilancio di Pierluigi Franco (Rubbettino)

 Cosa resta del progetto di Stato federale europeo? Come si può considerare oggi l’Unione europea sotto il profilo istituzionale e giuridico? Quanto è indipendente la politica dell’Europa da pressioni esterne? Quale è il reale peso dell’Ue sul piano internazionale? Ed è ancora pensabile un processo di integrazione con 27 Stati nei quali sembra predominare il ritorno ai nazionalismi? A questi e altri interrogativi si propone di rispondere il libro Cosa resta dell’Europa. Il lavoro si articola in quattro diversi inquadramenti di analisi che ripercorrono la parabola prima ascendente e poi discendente del progetto di Stato federale europeo: la prima parte riguarda il concetto di Europa unita nella storia; la seconda ripercorre le fasi del progetto di Comunità europea e di integrazione nel secondo dopoguerra e la sua progressiva realizzazione (dai Trattati di Roma al Trattato di Maastricht); la terza analizza i punti critici istituzionali e giuridici dell’attuale Unione europea allargata a 27 Paesi; la quarta prende in esame l’attuale attività politica ed economica dell’Ue tra il nuovo concetto di resilienza, l’agenda strategica priva del fondamentale riferimento all’integrazione, l’ombra della grande finanza dietro la politica comunitaria e la politica Ue a fronte della guerra in Ucraina e dei fenomeni migratori




domenica 22 giugno 2025

Isola ribelle. L'incredibile storia di Taiwan di Jonathan Clements (EDT)

Quello di Taiwan è uno dei nodi fondamentali del panorama politico, culturale e militare dei prossimi anni, sia nel caso che la Cina metta in atto la minacciata invasione, sia che l’isola mantenga la sua indipendenza. "Isola ribelle" è una storia di Taiwan dalle origini, incentrata sulla ricerca del suo carattere peculiare. Clements racconta questa avvincente storia partendo dai miti sulle inondazioni dell’antica leggenda fondativa, passando per gli imperi coloniali, fino al miracolo economico della “Tigre asiatica” e all’incombente minaccia di invasione da parte della Cina con mano ferma e ricchezza di riferimenti storici. Definita dall’imperatore cinese Kangxi (XVIII sec.) “una palla di fango”, Taiwan ha oggi un PIL più alto di quello della Svezia, in un territorio poco più grande della Svizzera. È l’ultima enclave sopravvissuta della Repubblica di Cina, una colonia perduta del Giappone e rivendicata da Pechino come provincia ribelle – e questi sono solo gli ultimi capitoli della sua lunga storia di rifugio per pirati, ribelli, coloni ed emarginati. Un libro di storia che si legge come un romanzo di avventure




Destra estrema e destra criminale. Violenza, terrorismo nero, neofascismo in Italia dal dopoguerra a oggi di Gianluca Barbera (Newton Compton Editori)

Dalla strategia della tensione alle inquietanti inchieste sulla Gioventù Meloniana, tutti i volti dell’estremismo di destra in Italia dal Dopoguerra a oggi.


Violenza, terrorismo nero, neofascismo in Italia dal Dopoguerra a oggi. Fin dal Dopoguerra l'Italia è stata minacciata da trame golpiste, terrorismo neofascista e nostalgie reazionarie radicate anche in diversi settori delle istituzioni e della società civile. In Destra estrema e destra criminale  Gianluca Barbera offre una panoramica chiara e completa delle sigle, dei tentativi di colpo di stato, degli attentati, delle violenze e dei misteriosi legami internazionali e nazionali che hanno messo sotto attacco la nostra democrazia costituzionale, tracciando un filo nero che arriva fino a oggi. Da piazza Fontana alla stazione di Bologna, passando per piazza della Loggia, le bombe sui treni e gli assassini di tanti servitori fedeli della Repubblica, le ferite aperte dalla Strategia della tensione e dagli opachi intrecci tra terroristi neri, settori deviati dello Stato e dei servizi segreti, mafia e P2 non si sono mai rimarginate. E mentre le forze ultraconservatrici acquistano potere e consensi in tutto il mondo, permangono rapporti tra alcuni protagonisti di quell'epoca eversiva e l'attuale estrema destra italiana. Una guida lucida e documentata per orientarsi tra sentenze, personaggi, misteri, complicità, continuità e discontinuità, e per comprendere che la democrazia non è una conquista irreversibile. Dalla strategia della tensione alle inquietanti inchiestesulla Gioventù Meloniana, tutti i volti dell'estremismo di destra in Italia dal Dopoguerra a oggi. Tra gli argomenti trattati: Le sigle nere che hanno fatto tremare l'Italia: Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale, i Nar, Terza Posizione; Piazza Fontana, la madre di tutte le stragi; Il golpe Borghese, un putsch tutt'altro che da operetta; I misteri di Peteano; Piazza della Loggia, una strage che era nell'aria; Bologna 2 agosto 1980, una ferita mai rimarginata; Altri movimenti e partiti di estrema destra e nazional-conservatori dal Dopoguerra a oggi; Gli scandali recenti che hanno coinvolto esponenti di Fratelli d'Italia; La nuova estrema destra




venerdì 20 giugno 2025

Social media e politica. Esperienze, analisi e scenari della nuova comunicazione politica di Claudio Riva (a cura di) edito da UTET

Il volume ha l'obiettivo di ricostruire i nessi principali che definiscono la relazione tra social media e comunicazione politica. Con i contributi, teorici ed empirici, di ricercatori e professionisti della comunicazione, si discuterà delle forme moderne della popolarizzazione del discorso politico, di come gli attori politici usano i social network, di campagne elettorali online, pubblici connessi, transmedialità e memetic politics, chiavi di lettura per comprendere il funzionamento della sfera pubblica digitale contemporanea



lunedì 16 giugno 2025

Deficit. Perché l'economia femminista cambierà il mondo di Emma Holten (La Tartaruga)

 Nel 2020 Emma Holten si imbatte in un articolo in cui si afferma che le donne rappresentano un deficit, una perdita netta per la società. Le donne infatti ricevono più di quanto danno, è scritto. Prendono più congedi di maternità, stanno di più a casa con i bambini, in genere svolgono lavori meno retribuiti, in molti casi anche part-time, e quindi pagano meno tasse. Partoriscono, e i parti sono costosi. Dunque, conclude il saggio, l’economia mondiale sarebbe più ricca se la vita delle donne assomigliasse a quella degli uomini, perché le donne dedicano troppo tempo a prendersi cura di altre persone. Come siamo arrivati a questo punto? In che modo il contributo decisivo delle donne al benessere collettivo è diventato una perdita secca? Emma Holten ripercorre con accuratezza – confutando i falsi miti consolidati nei secoli – il percorso con cui l’economia, dall’Illuminismo in avanti, ha di fatto negato il valore del lavoro di cura delle donne (e non solo). Perché quando tutto è definito da un prezzo, si crea una gerarchia dove ciò per cui è più difficile calcolare un esatto valore, come il lavoro di cura e accudimento, finisce in fondo alla lista. Ma questo non significa che queste cose non abbiano valore; solo che in politica e nel dibattito economico vengono trattate come se non ne avessero. Emma Holten – svelando l’enorme capitale nascosto che sfugge ai principali modelli economici – mostra quanto le decisioni politiche che ne derivano siano altrettanto imperfette, e causino profondi danni sociali: se non riusciamo a dare il giusto valore alle cose che contano, come possiamo costruire un futuro migliore?




domenica 15 giugno 2025

Cambio di regime. Verso un futuro post-liberale di Patrick J. Deneen (Giubilei Regnani)

 Il liberalismo aveva promesso di rovesciare la vecchia aristocrazia creando un ordine in cui gli individui potessero definire la propria identità e il proprio futuro. In una certa misura ci è riuscito ma ha anche demolito le tradizioni e le istituzioni che sostenevano la gente comune e ha creato una nuova e oppressiva classe dirigente. In "Cambio di regime" Patrick Deneen propone un piano coraggioso per sostituire l'élite liberale e l'ideologia che l'ha creata e rafforzata. Gli sforzi populisti dal basso per distruggere completamente la classe dirigente sono inutili; ciò che serve è la formazione strategica di una nuova élite dedita a un "conservatorismo pre-postmoderno" e allineata con gli interessi dei "molti". I loro sforzi dall'alto verso il basso per creare una nuova filosofia di governo, un'etica e una classe dirigente potrebbero trasformare il nostro regime in crisi che serve solo i cosiddetti meritocrati




Se la Russia attacca l'Occidente. Uno scenario possibile di Carlo Masala (Rizzoli)

L'attacco è iniziato e l'Europa paga il prezzo della sua indecisione. La Nato applicherà l'articolo 5? Cosa deciderà l'alleanza? Rischierà una guerra nucleare? Carlo Masala ipotizza un futuro scenario possibile e così ci mostra in modo tanto drastico quanto affascinante che cosa è in gioco oggi per la nostra democrazia.


Siamo abituati al lieto fine. È così in ogni film di Hollywood. È stato così nel mondo reale del 1945 e del 1989. Magari non subito, però all'ultimo tutto si risolve. Ma proviamo a immaginare che per una volta le cose vadano diversamente... Siamo nel 2028: la guerra tra Russia e Ucraina è finita da tre anni con un trattato di pace che ha sancito di fatto la vittoria dell'invasore, il Paese degli sconfitti è piombato nel caos e il proposito dell'Europa di riarmarsi per provvedere da sé alla propria difesa è rimasto tale. All'alba del 27 marzo le truppe russe invadono la piccola città estone di Narva e l'isola di Hiiumaa nel Mar Baltico




giovedì 12 giugno 2025

Storie di sopravvivenza e resistenza nella Palestina occupata di Chris Hedges (Fazi)

Reportage nel solco del giornalismo di grandi reporter come Tiziano Terzani e John Pilger. Un genocidio annunciato è una denuncia senza compromessi dei crimini di Israele contro i palestinesi. Il premio Pulitzer Chris Hedges, ex corrispondente per «The New York Times» dal Medio Oriente, trasporta il lettore nelle strade devastate della Striscia di Gaza, dove bombardamenti incessanti, fame e angoscia dominano la quotidianità.

«Chris Hedges narra con compassione e maestria gli effetti concreti e devastanti di una guerra che dura ormai da quasi ottant’anni». - dalla prefazione di Piergiorgio Odifreddi

«Chris Hedges è un uomo che, in un clima di censura, inganno e intimidazione, cerca di dire la verità». - Oliver Stone


Attraverso testimonianze di prima mano, Hedges racconta la resistenza e le sofferenze del popolo palestinese, «le cui voci», scrive Piergiorgio Odifreddi nella prefazione, «questo libro mette in scena come in un coro da tragedia classica». L'autore risale poi alle radici storiche del conflitto, mettendo in discussione la narrazione dominante che presenta Israele come l'unica democrazia in Medio Oriente. Hedges evidenzia come il sionismo - l'ideologia fondante dello Stato ebraico - sia strettamente legato al colonialismo e alla supremazia etnica, e come il genocidio rappresenti l'epilogo estremo e prevedibile della politica espansionista di Israele, resa possibile da una sistematica impunità internazionale. In queste pagine, Hedges dedica un'attenzione particolare al sofisticato apparato di propaganda israeliano che, con la complicità dei media occidentali, distorce i fatti per legittimare l'oppressione e dipingere i palestinesi come terroristi, oscurando o minimizzando le atrocità commesse da Tel Aviv. Nell'orrore di una delle pagine più tragiche della storia recente, Un genocidio annunciato è un doloroso e necessario squarcio di verità e un appello accorato all'azione e alla solidarietà. Perché, come ci ricorda Hedges, il silenzio rende complici e la lotta per la giustizia in Palestina è una battaglia per la dignità e la libertà di tutti. In appendice il rapporto delle Nazioni Unite 'Il genocidio come cancellazione coloniale' di Francesca Albanese, relatrice speciale sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967." Prefazione Piergiorgio Odifreddi.



mercoledì 11 giugno 2025

Questione di classe di Alessandro Sahebi (Mondadori)

Il pensiero dominante ci ha convinto che la felicità sia una conquista individuale, non collettiva. Ma è solo l'ennesimo inganno di un sistema ingiusto, che alimenta la competizione e l'egoismo per dividerci. Un'alternativa esiste ed è collaborare, condividere, immaginare una società in cui stare bene non sia un privilegio per pochi, ma un diritto di tutti. Realizzarla non è solo un desiderio, è un atto politico necessario.


Di fronte alla classica domanda «Cosa fai nella vita?», pochissimi risponderebbero con qualcosa di diverso dal proprio lavoro; nessuno direbbe «Sono un buon amico» o «Cerco di migliorarmi come padre». Perché nella nostra società è quanto produci - non le passioni, le relazioni o gli ideali - ciò che ci definisce, una lente totalizzante attraverso cui giudichiamo il valore nostro e di chi ci circonda. E che determina quanto siamo felici, o profondamente tristi. Ma qualcosa sta cambiando. Sempre più persone rifiutano il ricatto dell'identificazione totale con la carriera, diffidano dell'etica del sacrificio che spesso maschera lo sfruttamento, mettono in discussione il culto del rendimento come unica misura del valore umano. Emerge, ogni giorno più nitida, la consapevolezza che il sistema in cui viviamo ci stia privando di tutto: del tempo, dello spazio, persino del linguaggio con cui pensiamo e parliamo. Resta da capire come mai e, soprattutto, come uscirne. In questo saggio lucido e provocatorio Alessandro Sahebi smonta le narrazioni dominanti nella nostra società - il mito della meritocrazia, l'ossessione per la performance, l'equazione tra fallimento economico e colpa individuale - per restituirci un'immagine più onesta dei meccanismi sociali che ci governano e degli strumenti con cui possiamo iniziare a disinnescarli. Lo fa con rigore, ma anche con uno sguardo politico che non rinuncia all'utopia. Perché, se è vero che non riusciamo a immaginare una vita più felice e che l'automazione e l'intelligenza artificiale stanno riscrivendo le regole del mondo del lavoro, non ci restano che due alternative: continuare a soffrire o sforzarci, insieme, di costruire una società nuova. Una società in cui il lavoro non sia più l'asse portante dell'identità, ma una delle tante attività che rendono piena una vita. In cui «chi sei» conti più di «quanto vali».




giovedì 5 giugno 2025

Un giorno tutti diranno di essere stati contro di Omar El Akkad (Gramma Feltrinelli)

 Il 25 ottobre 2023, dopo tre settimane di devastanti bombardamenti su Gaza, Omar El Akkad pubblica in rete queste parole: “Un giorno, quando sarà sicuro, quando non ci sarà alcun rischio personale nel chiamare le cose con il loro nome, quando sarà troppo tardi per ritenere qualcuno responsabile, tutti diranno di essere stati contro”. Il post viene visualizzato più di dieci milioni di volte. La sua veemente denuncia dell’ipocrisia dell’Occidente dinanzi al genocidio di Gaza, del tradimento della sua promessa di libertà e giustizia per tutti, suscita un’eco enorme. Un giorno tutti diranno di essere stati contro, il libro che El Akkad decide poi di scrivere dopo la morte di migliaia di donne e bambini nella Striscia, è la cronaca di quella promessa tradita, il resoconto della fine dell’idea che regole e principi, le “verità manifeste” della democrazia occidentale, servano davvero a combattere il male e non a preservare il potere. Se il male, infatti, non è semplicemente muovere guerra contro un nemico, ma annientare un popolo intero riducendolo a nuda vita priva di ogni dignità e pietà umane, Gaza è oggi uno dei nomi per designare il suo irrompere nel mondo, il nome di un genocidio imperdonabile sotto ogni riguardo. Disgusto o rabbia dinanzi a un simile evento non hanno senso in questo libro crudo, doloroso e vulnerabile, nutrito dalla certezza che vi saranno sempre esseri umani ritenuti non degni della promessa di libertà, non soltanto arabi o musulmani o immigrati, ma chiunque non rientri nella terra del privilegio chiamata Occidente. Nelle sue pagine, l’unica possibile risposta sta in una rottura totale con il credo dell’Occidente. La stessa rottura che risuona in ogni parte del pianeta, nelle strade delle grandi città, nei campus universitari, nelle scuole. E che, nella scrittura lucida di El Akkad, capace di mescolare racconti toccanti con spietate considerazioni sul linguaggio dei media, trova la sua più formidabile eco




mercoledì 4 giugno 2025

Cambiare la vita? Storia del socialismo europeo dal 1875 a oggi di Gilles Vergnon (Einaudi)

Ideale formalizzato in dottrina, attivismo movimentista e cultura politica al tempo stesso, il socialismo sembra oggi, a distanza di centocinquant’anni dalla sua nascita, avviato verso un inesorabile declino, facendo i conti in certi paesi con un’irreversibile crisi d’identità. Non di meno, continua a costituire un movimento politico onnipresente e una realtà significativa della scena politica e sociale europea.


Il movimento socialista affonda le proprie radici nelle idee rivoluzionarie di ispirazione marxista e internazionalista del XIX secolo, si diffonde in modo dirompente nei principali paesi industrializzati europei partecipando da protagonista a tutti i cruciali momenti che hanno costellato il corso del Novecento, e contribuendo, a differenza del suo fratello e antagonista per eccellenza, il comunismo, che si svilupperà invece nella stessa epoca su scala mondiale, a tracciare i lineamenti politici, sociali e culturali del Vecchio Continente. Gilles Vergnon offre in questo libro, che costituisce un unicum nel panorama editoriale italiano contemporaneo, una storia complessiva del movimento socialista a livello europeo, di cui racconta con competenza ed equilibrio le stagioni gloriose, i grandi ideali, le lotte e il profilo storico dei principali protagonisti. Ma di esso mette in luce anche le ambiguità, le controversie e i fallimenti, seguendone i progressivi orientamenti al compromesso e alle necessità imposte dall’esercizio del potere e le sue trasformazioni a contatto con i diversi principî di realtà




domenica 1 giugno 2025

La conversione di San Paolo con Dialoghi Scomodi ... cosa c'entra? Intervento di Leonardo Elia

La conversione di San Paolo, descritta negli Atti degli Apostoli, è un evento fondamentale nella storia del cristianesimo. Segna il passaggio da Saulo, persecutore dei cristiani, a Paolo, apostolo di Gesù. L'evento si verifica durante un viaggio da Gerusalemme a Damasco, quando Saulo è improvvisamente avvolto da una luce e ascolta la voce di Gesù.

Cosa c’entra  la conversione di San Paolo con Dialoghi scomodi e con considerazioni scomode?

E’ una metafora per arrivare al cambio di atteggiamento  nei confronti della  vicenda di Gaza, e in generale della politica di Israele.

Sembra che di colpo , governi  europei , politici europei e nostrani,  si siano accorti che  a Gaza   è in atto un genocidio. Si siano accorti della barbarie che Israele sta perpetrando.

Fino a poco tempo fa, di fronte all’appoggio incondizionato alle azioni criminali del governo Netanyahu, al massacro di civili innocenti  e relativo invio di armi, c’erano da una  parte esponenti  che sottolineavano il diritto di Israele a difendersi e i crimini di Hamas il 7 ottobre 2023, anche se i bombardamenti  uccidevano civili , donne vecchi e bambini, dall’altra specie a sinistra, sommessi “pigolii” che tra mille distinguo esprimevano un dubbio, a bassissima voce.

E  il presidente Mattarella  che accoglieva con tutti gli onori il presidente Israeliano, per non parlare della rimozione delle bandiere palestinesi esposte in Italia. La narrazione dominante , non solo in Italia , con varia intensità riconosceva  le ragioni del governo ultranazionalista e fondamentalista israeliano. Accusando  chiunque contestasse  la  sua cieca brutalità ,  di connivenza con i terroristi  di Hamas, di essere antisemita, anzi, peggio , di alimentare l’antisemitismo.

Dimenticando  di appoggiare la riconferma di Francesca  Albanese a relatrice ONU per la Palestina, anzi tacciando anche lei di antisemitismo, solo per aver accusato il governo di Tel Aviv di genocidio.

Il 22 maggio sono stati uccisi a Washington due membri dello staff dell’ambasciata israeliana al grido di “ free Palestine” dal solito pazzo , armato, americano.  I mass media hanno  dato grande risonanza, anche in Italia, al brutale atto, commentandolo come espressione di  dilagante antisemitismo . Dimenticando però di riportare che lo stesso giorno sono morti a Gaza  circa 70 palestinesi, per i bombardamenti e per fame. Morti di serie B, praticamente passati sotto silenzio. “ Distrazioni” di questo tipo se ne possono trovare tante.

A un certo punto alcuni governi europei, addirittura le istituzioni europee, cambiano regime iniziando ad alzare la voce , dicendo che Israele, ha superato ogni limite tollerabile. Interventi prima di tutto  tardivi.

Molto più incisivi e da ricordare sono l’atteggiamento di Trump, che si ritira dallo Yemen, manda suoi emissari per colloqui con il governo iraniano, rifiutandosi di unirsi ai paventati attacchi israeliani contro di loro e invece  molto probabilmente permettendo l’arricchimento dell’uranio a scopi civili, per costruire centrali nucleari. Cosa che fa venire l’orticaria agli israeliani, come fa venire l’orticaria agli israeliani, la stessa  cosa permessa ai sauditi.

Per capirci il presidente Usa non si è consultato con Tel Aviv, non  ci è neanche passato , in occasione del suo tour nelle monarchie del Golfo, cosa che non può essere taciuta, è un cambio di passo importante.

In Italia, il cambio di atteggiamento , sebbene tardivo  e incompleto c’è stato, con finalmente il maggior partito di opposizione, il PD per intenderci , che  indice una manifestazione a Roma il 7 giugno per fermare il massacro di Gaza. Con i soliti distinguo, che portano Francesca Albanese a invitare  di evitare di ostentare bandiere israeliane nel corteo..

Quindi conversione di Paolo di Tarso non completa, a metà.

Ma perché questo cambio di postura su fatti che da quasi due anni ci fanno inorridire?

Per me la ragione è una. Tutti si sono accorti che c’è il rischio , concreto, che lo stato di Israele collassi, intrappolato in un cul de sac  in cui si è cacciato da cui può uscire solo sconfitto. Guerre che sta perdendo, perché Hamas è ben presente,  come la resistenza in cis Giordania, Hezbollah che in Libano continua ad avere forte consenso.  Abbandonata dagli Usa  in Jemen e nella impossibile nonché pericolosa  operazione contro i siti nucleari iraniani.

E di questo si saranno accorti anche le  potentissime  e ricchissime  lobbies  sioniste americane che attraverso finanziamenti ne  indirizzano la politica estera.

Perché Israele è un tassello essenziale, in un’area essenziale, per l’occidente allargato, è un pezzo di Europa in Medio Oriente, è un guardiano che controlla e interviene per conto nostro (Usa).

Per questo , per salvare un’idea, un’idea di stato, sono  disposti a sacrificare Netanyahu e il suo governo di pazzi, per ripiegare su quell’Israele, stato coloniale, che brutalizzerà comunque i Palestinesi, in attesa dell’impossibile oltre che ingiusto obbiettivo  di due popoli in due stati. Quindi ripristinare la situazione ante  7 ottobre. Come se nulla fosse successo,  e  ha allontanato, ancora di più la fiducia del sud del mondo ,nell’Occidente dei Valori… quali?

 

Come si legge nel Levitico , per salvare il popolo occorre che qualcuno venga sacrificato, e il capro espiatorio lo hanno bell’è  pronto , nella figura del presidente israeliano e suoi sodali.

Si cambia tutto per non cambiare niente, credendo  che Gaza possa tornare ad essere, com’era prima un campo di concentramento a cielo aperto.

Se fossimo meno ipocriti , l’obbiettivo reale, pacificante, dovrebbe essere uno stato  per più popoli, e non uno stato etnico e confessionale come Israele è oggi.

Ma questo ora è pura fantasia.