sabato 31 maggio 2025

Disordine. Le nuove coordinate del mondo di Giuliano Noci (Il Sole 24 Ore)


Il disordine non è un incidente: è il sintomo e, insieme, la causa di un mondo frammentato. Un mondo in cui alcune polarità – sovranismo e globalizzazione, indebitamento e frugalità, vecchio e giovane, intelligenza umana e artificiale – si stanno allontanando fino a perdere ogni possibilità di dialogo. Eppure, è proprio da questo caos che può nascere una nuova sintesi. Ma serve una prospettiva diversa. Più ampia. Più profonda e sistemica. Più coraggiosa. Giuliano Noci, in questo saggio affilato e necessario, traccia una mappa per orientarsi nel disordine contemporaneo. Una mappa che abbandona i vecchi dogmi per proporre nuove connessioni, nuove chiavi di lettura e soprattutto nuovi strumenti d’azione. Il disordine va letto, interpretato, affrontato. Perché solo riconoscendo e superando le polarità che ci paralizzano, possiamo costruire un futuro capace di senso. E di direzione





venerdì 30 maggio 2025

Occidente senza pensiero di Aldo Schiavone (Il Mulino)






















Solo una rivoluzione intellettuale e morale potrà impedire all’Occidente di perdere sé stesso, ricongiungendolo invece alla parte migliore della sua storia. Nel cuore dell’Occidente, in Europa come in America, si è aperto un vuoto di idee senza precedenti, proprio mentre stiamo attraversando un passaggio d’epoca in cui avremmo più che mai bisogno di nuovo pensiero. Di una visione e di una strategia in grado di contrastare chi tenta di trasformare la spinta verso un mondo globalizzato in una inaudita privatizzazione tecnocapitalistica del pianeta, che porterebbe a un tramonto della politica democratica, e a nuove diseguaglianze in campi cruciali per l’avvenire della nostra specie. Ma un risveglio dell’Europa è ancora possibile per rimetterci sulla strada maestra della nostra modernità

La situazione politica , in Libia, sembra muoversi! Intervento di Leonardo Elia

 Manifestazioni venerdì  a Tripoli  e in Tripolitania ,enormi, che chiedono le dimissioni del premier Dadaiba (nella foto), riconosciuto da tutto l’occidente, Italia inclusa, ma messo lì, non espressione di volontà popolare, e  pretendono lo smantellamento  delle milizie criminali che lo sostengono. E chiedono di indire finalmente nuove elezioni.

Cerco di procedere con ordine. La situazione politica , congelata , in Libia sembra muoversi.

Non è una rivoluzione “colorata” , la gente è scesa in piazza, per cacciare il governo di Tripoli, che nessuno ha eletto, che si regge sulla presenza di bande criminali, che si finanziano con  il commercio del petrolio esportato nell’illegalità più assoluta. E che gestiscono la tratta di migranti , facendoli vivere in condizioni spaventose.

Tra l'altro le suddette bande hanno incominciato a spararsi tra loro. Segno di debolezza di tutto un sistema.

Quindi governo assolutamente illegittimo che sopravvive attraverso  il finanziamento , suo e delle milizie criminali che lo proteggono.

Tra l'altro ricordate il caso di Al Masri  qualche mese fa? Ricercato dalla Corte Penale Internazionale  per crimini contro l'umanità, torturatore di migranti. Silenzio del governo, putiferio delle opposizioni , finchè Minniti ex ministro dell'interno, lapidario, sentenzia  che si sarebbe dovuto mettere il segreto di stato.

Perché?

Semplicemente perché lo , e con lui tutte le milizie, lo abbiamo finanziato per gestire , da par suo il problema degli schiavi che incanala verso l'Europa, verso di noi.

Le milizie oltre a essere i pretoriani di un leadership  di non eletti, sono anche i nostri referenti nella gestione della immigrazione attraverso il Mediterraneo, anche se sono dei torturatori, degli estorsori, dei banditi a tutti gli effetti.

La transizione democratica, i libici la pretendono attraverso libere elezioni  che dai sondaggi dovrebbero  portare al potere Saif Gheddafi, figlio del Rais, nome impronunciabile in occidente.

Impronunciabile anche perché , se eletto , unificherebbe la Libia, che finirebbe di essere un stato mafioso, accettato e alimentato da noi occidentali in quanto tale. Finirebbe la Libia di essere un burattino nelle nostre mani.

Che insieme al AES, Alleanza degli Stati del Sahel, Mali, Burkina Faso, Niger, forse presto Senegal e Costa D'Avorio, contrastando i terroristi a sud del Sahara, aiuterebbe la lotta , quella reale, legittima, contro la  nuova tratta degli schiavi.

L'Africa agli africani, finalmente, senza doppi standard imposti dagli occidentali, la fine, reale, del colonialismo.

Una fascia dal Mediterraneo, verso sud, che pensa di uscire una volta per tutte dal sottosviluppo, in cui l'unica possibilità data ai giovani è stata sempre offrirsi ai criminali per emigrare in Europa, dove ingrossare le fila di un sottoproletariato servile.

Funzionale al sistema in cui cui noi viviamo.

In tutto questo un governo italiano, come tutti quelli che lo hanno preceduto, silente, che ha puntato sulla pedina sbagliata e che , ha permesso ai Turchi che invece hanno le idee chiare, e si stanno muovendo con grande spregiudicatezza, di tornare in Libia da dove mancavano dal lontano 1911, cacciati proprio da noi.

Il governo italiano si allinea più con gli stati baltici, guerrafondai, e disinteressati al nostro destino, piuttosto che pensare ai nostri interessi , come geografia insegna.

Per concludere invito ad una riflessione.

Non può non essere notato che una protesta importante, che riempie piazze, che pretende di liberarsi dal giogo di milizie criminali, e chiede a gran voce elezioni, tutte in sintonia con ciò che è propugnato dall'occidente dei valori, da noi, passi sotto silenzio della maggior parte della stampa.

Il comportamento della stampa, quando agisce all'unisono è un indicatore degli umori di chi manovra realmente i fenomeni.

Il suo silenzio, colpevole, forse significa il tentativo di congelare ciò che accade, in attesa di elaborare una strategia nuova.

Per contrastare un cambiamento che non può più essere rimandato.




martedì 27 maggio 2025

Quando il mondo dorme. Storie, parole e ferite della Palestina di Francesca Albanese (Rizzoli)

Dieci storie che si legano alle vite di molte altre, ponendoci le domande a cui è doveroso dare risposta: quali sono le conseguenze dell'occupazione? Dov'è la casa di una persona rifugiata? In che condizioni vive il popolo palestinese? Fino a che punto può arrivare la crudeltà di un genocidio? Domande a cui non possiamo sottrarci, legate a personaggi e luoghi che ci permettono di capire cosa è stata la Palestina fino al 7 ottobre 2023 e cosa è adesso.


Lo spirito di un luogo è fatto dalle persone che lo abitano, dalle storie che si intersecano nelle sue strade. E questo vale in modo particolare per la Palestina, custode di passaggi storici epocali e teatro di una delle più dolorose pagine di storia contemporanea. Francesca Albanese, la Relatrice speciale ONU sul territorio palestinese occupato, una delle persone più competenti e autorevoli sullo status giuridico e sulla situazione dei palestinesi - amata (o odiata) in tutto il mondo per l'integrità e la passione con cui si batte in favore dei diritti di un popolo troppo a lungo vessato - qui ci offre storie che intrecciano informazioni, riflessioni, emozioni e vicende intime. Un viaggio scandito da dieci persone che hanno accompagnato Francesca a comprendere storia, presente e futuro della Palestina. Hind Rajab, morta a sei anni sotto le bombe che hanno distrutto Gaza, ci apre gli occhi su cosa significhi essere bambini in un Paese dove i bambini non hanno un nido che li protegga e che rispetti le loro radici. Abu Hassan ci guida tra i luoghi di fatica e sofferenza ai margini di Gerusalemme; e George, amico stretto, di Gerusalemme ci mostra meraviglia e insensatezze. Alon Confino, grande studioso dell'olocausto, ci aiuta a comprendere i contrasti che possono albergare nel cuore di un ebreo che vede l'apartheid e ne vuole la fine. Ghassan Abu-Sittah, chirurgo arrivato da Londra per entrare nel vivo dell'orrore più inimmaginabile, ci racconta ciò che ha visto; e Malak Mattar, giovane artista che ha fatto il percorso inverso, condivide la storia di chi ha dovuto lasciare Gaza per potersi esprimere o per sopravvivere. E poi Ingrid Jaradat Gassner, Eyal Weizman, Gabor Maté fino a una delle persone più vicine a Francesca nella vita, così come nella ricerca di una consapevolezza capace di tradursi in azione




Papa Leone XIV il primo Papa nord americano- Intervento di Leonardo Elia

Papa Leone XIV, al secolo cardinale Prevost, cardinale di Chicago. Primo Papa nord americano. Agostiniano, quindi frate dell’ordine di Agostino di Ippona, ordine colto, lui laureato  in matematica , filosofia e teologia.

Ha avuto numerosi incarichi di prestigio a Roma, in Vaticano.

E’ stato a lungo in Perù, vescovo, addirittura vicepresidente della conferenza episcopale peruviana.

Ha la cittadinanza peruviana. Quindi conosce assolutamente bene la realtà spesso drammatica  del sud del mondo. Ha con sé l’odore di pecora, come avrebbe detto papa Francesco.

Non bisogna dimenticare che il papa è a capo, dell’unica monarchia assoluta , l’unico  potere a vocazione universale della terra. Unisce alla sua vita in Nord America, l’esperienza in America latina, in importanti istituzioni vaticane , a Roma, e una cultura di livello molto alto.

Premetto , avendo  io avuto un’educazione laica, di cadere forse in  imprecisioni formali, nell’esprimere quello che penso in questo campo.

Per capirci il vescovo di Lima, in precedenza era il cardinale Cipriani Thorne , un conservatore, in odore di Opus Dei. Dopo di lui si è insediato il cardinale Mattasoglio, legato alla teologia della liberazione, che si dice essere stato un grande sponsor della candidatura di Prevost al soglio pontificio.

Per capirci la teologia della liberazione mette al centro il ruolo della chiesa nella società  , mirando all’emancipazione sociale e politica , dei poveri.

Corrente che prende in America Latina dei connotati assolutamente politici, non apprezzati in toto da un papa, come Giovanni Paolo II, invece  papa slavo, polacco anticomunista. Che cerca, riuscendoci , di limitarne l’influenza,  per esempio con la nomina a vescovo e cardinale del conservatore Cipriani, già citato. Allontanando  così in quell’area geografica la chiesa cattolica dai diseredati  cosa che ha aiutato la diffusione delle sette evangeliche nord americane, da cui addirittura  proviene Bolsonaro, che è stato presidente del cattolicissimo Brasile.

Così ci si rende conto , credo , delle sfide che fronteggerà il nuovo pontefice, perchè dovrà confrontarsi con  i protestanti nord americani, spesso integralisti, molto differenti dai protestanti europei. E gestire la faglia interna ai cattolici Usa, incarnata dal “neofita” Vance, vicepresidente, convertito da poco al cattolicesimo.

Che è sintetizzata  dalla differente interpretazione dell’agostiniano concetto di “Ordo Amoris”.

Cioè i differenti livelli in cui si deve esprimere l’amore per il prossimo . In soldoni , di chi bisogna interessarsi prima. Per Vance bisogna privilegiare  i cittadini dello stato(USA), quindi visione identitaria, con rimpatri forzati di immigrati, in netto contrasto con l’ idea egualitaria che può avere un pontefice che ha fatto il missionario in Perù.

 Il ruolo della chiesa nel sociale, può essere compreso anche dal nome pontificale che il cardinale Prevost si è dato, che richiama il Leone XIII della Rerum Novarum, praticamente la base della  dottrina sociale della chiesa.

Poi ci sono due temi, importantissimi che da subito papa Leone ha evidenziato, il primo la libertà di stampa, e poi l’intelligenza artificiale. Collegati e molto tra loro.

La libertà di stampa senza la quale Leone XIV afferma che  non ci può essere democrazia. Vedremo come il pontefice declinerà questo concetto, considerando, al netto dei regimi autocratici e illiberali , come  nelle “democrazie” occidentali, i tentativi di influenzarla si stanno moltiplicando, per  indirizzare il consenso. Negli ultimi anni, sono stati moltissimi gli interventi , anche nei social che hanno mirato a silenziare voci divergenti, per ultimo le pressioni dei servizi francesi su Telegram, per influenzare le elezioni presidenziali rumene.

La libertà di stampa, concetto importante, deve essere libertà di chi scrive, ma anche , principalmente, libertà di chi legge e ascolta.

Come anche  il suo citare l’intelligenza artificiale, il suo utilizzo non etico, pericoloso, che sicuramente  lo metterà in rotta di collisione con Thiel , Musk e tanti altri, tutti entourage trumpiano,  che immaginano un futuro  distopico, che ritengono la democrazia un metodo di governo inefficace ed inefficiente , da superare attraverso l’utilizzo massiccio della tecnologia. Gli oligarchi del tecnofeudalesimo, come li ha chiamati Varoufakis per intenderci.

Quindi questo primo papa nordamericano , credo abbia intenzione di dire la sua  , su argomenti  che caratterizzano la linea di faglia sociale , storica , antropologica ,che stiamo vivendo, in cui si nota l’assenza assordante della politica, ammesso che ancora esista .

Borrel con la sua infelice affermazione della divisione del mondo in due parti, il giardino, noi occidentali, e la jungla tutto ciò che sta fuori, ha sancito la nostra incapacità di capire  “gli altri”.

Questo  papa , dall’alto del suo magistero universale, fatto sostanza dalla sua esperienza , riuscirà a colmare la lacuna , così “ magistralmente” espressa dall’ex commissario europeo?

Sarà capace prima di tutto di comprendere le ragioni di chi vive nel mondo, al di fuori delle certezze autoreferenziali e ipocrite , che ci siamo costruite nell’occidente allargato?




 

 

domenica 25 maggio 2025

Servizi segreti a oriente di Costantinopoli di Peter Hopkirk (Edizioni Medhelan)

Sotto il vessillo della Guerra Santa, grazie alla guida di Berlino e alla longa manus di Costantinopoli, tedeschi e turchi diedero il via, nel tragico scenario della prima guerra mondiale, al tentativo di scatenare la rivoluzione nell'India britannica e nell'Asia Centrale Russa. Si trattava di una nuova e più ampia versione dell'antico «grande gioco», con il dominio del mondo come obiettivo finale. Raccontato con epici dettagli, Servizi Segreti a Oriente di Costantinopoli è il resoconto delle imprese, dei complotti, dei fallimenti e dei successi di spie, cospiratori, diplomatici e avventurieri dei due opposti schieramenti, in un susseguirsi di eroismi, tradimenti e sacrifici



sabato 24 maggio 2025

Il rottamato. Antropologia di Matteo Renzi di Daniela Ranieri (PaperFIRST)

Quando il sindaco di Firenze Matteo Renzi appare sulla scena nazionale, ospite in giubbotto di pelle da Maria De Filippi su Canale5, si solleva una fresca brezza di novità. Il “Rottamatore”, come si fa chiamare, promette di rimpiazzare i dinosauri del Pd, ferraglia da portare allo sfasciacarrozze. Novello Napoleone a cavallo di una Smart, incarna lo Spirito del Tempo: ma è il “Royal Baby” (come lo battezza Giuliano Ferrara), o un contafrottole velocista e rapace (“il Bomba” era il suo soprannome da giovane)? E quali valori incarna? Daniela Ranieri descrive l’Antropologia di Renzi: un mondo fatto di potere, narcisismi, torsioni democratiche, riforme incostituzionali, sperpero di soldi pubblici, cortigiani, marketing, pubblicità, slogan e politiche neoliberiste sullo sfondo di un’Italia agiata innamorata di lui e di un’altra che arranca sotto il peso del fallimento della globalizzazione. Il “renzismo” non è stato solo metodo, ma un mondo valoriale, un’epica su cui Renzi fondò una piccola post-democrazia dei selfie, dei tweet, dello storytelling: dalla gloria del 40,8% alle Europee del 2014, passando per il referendum del 2016 con cui 20 milioni di italiani respinsero la sua Costituzione fiorentina, al sabotaggio del Conte-2 sotto pandemia con i suoi retroscena inediti. Ma chi è oggi e cosa vuole il capo del non-partito Italia Viva, col 2% dei voti? E che lavoro fa: il conferenziere globe-trotter a gettone, il senatore della Repubblica italiana, o l’affarista al soldo del regime saudita? Prefazione di Marco Travaglio




venerdì 23 maggio 2025

Pioggia di distruzione. Tokyo, Hiroshima e la bomba di Richard Overy (Einaudi)

 Un capitolo decisivo della Storia del Novecento, che parte dalla guerra navale nel Pacifico, e dalle sue complesse strategie, e arriva alla drammatica sequenza di eventi che portò i comandi militari e i leader politici, di entrambi i fronti, a prendere epocali decisioni che avrebbero segnato il destino del mondo.


Bernaschi, Laura 25,00 208 20/05/2025 Servirono veramente le bombe atomiche a porre fine alla guerra o vennero sganciate seguendo altre logiche e finalità? Perché non fu sufficiente il precedente bombardamento incendiario di Tokyo, quasi altrettanto distruttivo e crudele? Uno dei maggiori storici militari al mondo, Richard Overy, ripercorre quei mesi drammatici, dalla guerra nel Pacifico agli sforzi tecnologici e scientifici della corsa atomica, fino all’escalation che portò alla scelta di colpire Hiroshima e Nagasaki. Sono mesi che gettano la loro ombra inquietante sull’oggi, in un tempo in cui insieme agli interrogativi etici minacciano di sollevarsi gli stessi venti nucleari. Nei mesi conclusivi della Seconda guerra mondiale centinaia di migliaia di giapponesi, per lo piú civili, morirono in un'ultima esplosione di violenza dal cielo. Dopo aver devastato Tokyo gli aerei americani iniziavano a non avere molti obiettivi plausibili a disposizione, e si decise allora di utilizzare due armi atomiche per chiudere definitivamente la guerra. Da allora, il ruolo dei bombardamenti incendiari e delle armi nucleari nella lettura della resa giapponese è sempre stato oggetto di un acceso dibattito. Richard Overy ripensa a come dovremmo considerare quest'ultima fase del conflitto. Il popolare racconto secondo cui i bombardamenti furono efficaci va inserito nel contesto piú ampio di quanto stava accadendo in Giappone all'inizio del 1945. E la facile equazione «bombardamento uguale resa» non può piú essere data per scontata. Queste pagine ricostruiscono il processo attraverso il quale, nel corso di una guerra lunga e tremenda, la volontà di uccidere i civili e distruggere intere città è diventata una cosa normale. E ci mostrano come le preoccupazioni morali si sono potute attenuare fino al punto in cui gli scienziati, gli aviatori e i politici hanno approvato una strategia di distruzione di massa che non avrebbero mai approvato prima. Rivelandoci però allo stesso tempo quale sia stato lo sforzo messo in campo per cercare di porre fine alle ostilità in Giappone, un Paese in cui il concetto di «resa» era del tutto estraneo alla cultura nazionale



mercoledì 21 maggio 2025

Salviamo il salvabile - intervento di Leonardo Elia

Trump, si sta dissociando da Israele. Per la prima volta un presidente Usa prende le distanze apertamente dal governo di Tel Aviv.

Le pressioni americane già hanno portato  al cessate il fuoco a Gaza qualche mese fa, con lo scambio di ostaggi, ma gli attacchi aerei sono ricominciati con più forza dopo poche settimane , continuando a uccidere un gran numero di civili inermi.

Ma ora la situazione è cambiata, e  la minaccia di abbandonare Netanyahu e la sua politica è concreta.

E si vede anche dalla volontà di gestire in prima persona l’arrivo e la distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, ormai ridotta alla fame.

Come il tirarsi indietro nelle operazioni aeree contro gli Houti in Yemen, e concordare colloqui tra delegazioni statunitensi   e iraniane in Oman.

In più un viaggio nelle monarchie del golfo, senza il passaggio, obbligato, primario e preparatorio in Israele.

Chiaramente Donald , da bullo qual è, ha prima minacciato , yemeniti , Hamas, iraniani,di conseguenze terrificanti, in caso di opposizione ai disegni americani, per poi sedersi al tavolo delle trattative.

Più o meno quello che è successo e che ha portato ai colloqui con la Cina di Ginevra.

Questo  accade  semplicemente perché Trump,  e una parte della sua amministrazione, ha fatto un rapido calcolo del rapporto costi benefici, rendendosi anche conto, finalmente, dell’eredità avvelenata lasciata dalle precedenti amministrazioni, dem ma non solo. E ha licenziato Waltz, segretario alla sicurezza nazionale , che rappresentava quelle forze iper fedeli a qualunque follia partorita, dal governo israeliano, inclusa la guerra a oltranza a Gaza, e l’attacco all’Iran.

Si è reso conto che un’ ostinato lealismo nei confronti di Israele, esponeva gli Usa a una perdita di credibilità politica , militare, e anche economica vista la crisi in cui versano gli Usa, e che il presidente sta cercando di combattere con metodi che definire irrituali,è riduttivo.

Una superpotenza che si ritira dal Mar Rosso, perché rischia avere le sue portaerei  colpite e i suoi costosissimi aerei abbattuti, da missili lanciati da forze armate di un paese di pastori.

Costa troppo il supporto  a Israele  che è completamente dipendente dagli aiuti americani, dal punto di vista finanziario e militare. Alcuni affermano che ne è consapevole anche la potentissima lobby sionista americana. Israele , di fatto ostacola, il disegni di Trump, in Medio Oriente.

Israele in più è una realtà in crisi, economica, sociale, di credibilità, visto il cul de sac in cui questo governo di pazzi l’ha cacciata, con almeno tre fronti militari aperti, da cui Tel Aviv può uscire solo ammettendo la propria sconfitta.

E l’aria sta cambiando, e lo si vede anche dall’accordo con l’Arabia Saudita, a margine  degli investimenti promessi da tutte le monarchie del golfo, per  lo sviluppo del nucleare civile, cosa che fa  venire l’orticaria, da sempre a tutti i governi israeliani

Tutte queste mosse servono per favorire la pace e stabilizzare il Medio Oriente,  e favorire i commerci, per esempio la  via del cotone,  pace e stabilizzazione di un’area essenziale tra l’ Asia e l’Europa, pace e stabilizzazione,  che tutti hanno sempre voluto, escluso Netanyahu, e le amministrazioni neo conservatrici americane.

E che , per inciso , interessa primariamente anche a noi, nazione mediterranea per eccellenza.

L’atteggiamento dei nostri mass media  è significativo però,  sembrano essersi dimenticati, di colpo, come anche le opposizioni, dell’assioma tra antisemitismo, e antisionismo, con buona pace della senatrice Segre. E’ si stanno accorgendo  in ritardo, del genocidio in atto.

E quando i tromboni cambiano musica vuol dire che qualcuno gli ha passato un nuovo spartito.

L’atteggiamento della stampa da prima serata, è sempre importante per capire la direzione che ha preso il potere ,quello vero.

 



martedì 20 maggio 2025

Vent'anni di sovranismo. Dall'euro a Trump di Claudio Borghi Aquilini (Guerini e Associati)

Un’opera essenziale per chi vuole capire come siamo arrivati fin qui e dove stiamo andando, un’opera che scuote certezze e smonta verità ufficiali.


Un viaggio attraverso vent’anni di battaglie politiche, economiche e culturali che hanno segnato profondamente il panorama internazionale e hanno portato il sovranismo a imporsi in Italia e nel mondo. Dall’introduzione dell’euro alle tensioni economiche che ne sono derivate, dalla Brexit alla rivoluzione populista negli Stati Uniti con l’elezione di Donald Trump fino all’ascesa di Giorgia Meloni alla guida del governo italiano, Claudio Borghi Aquilini racconta in prima persona le sfide, gli errori e le vittorie di un movimento che ha cambiato e sta cambiando la storia



domenica 11 maggio 2025

Sulla libertà Sulla libertà di Timothy Snyder (Rizzoli)

Basandosi sul lavoro di filosofi, dissidenti politici, pensatori contemporanei e sulle proprie esperienze, Snyder ci conduce in un emozionante viaggio intellettuale alla ricerca del valore che rende tutti gli altri possibili.


Le "Venti lezioni" di Timothy Snyder hanno ispirato milioni di persone nel mondo a combattere contro l'autoritarismo. In queste pagine Snyder ci aiuta a capire esattamente per cosa stiamo combattendo: la libertà, che non è assenza di male ma presenza di bene; che non si eredita e non è data ma è pratica concreta da mettere in atto ogni giorno; che non è libertà "da" ma libertà "di", libertà di realizzare cose, di prendersi dei rischi per il futuro che desideriamo, di progettare un governo in cui noi e le future generazioni possiamo fiorire; è quindi libertà di prosperare ed essere felici.



sabato 10 maggio 2025

Antisemitismo e identità ebraica. Scritti 1941-1945 di Hannah Arendt (Einaudi)

 «Ci furono tempi felici in cui si poteva scegliere liberamente: meglio morti che schiavi, meglio morire in piedi che vivere in ginocchio. E ci furono tempi infami in cui intellettuali rincretiniti hanno dichiarato che la vita è il sommo dei beni. Oggi sono arrivati i tempi terribili in cui ogni giorno si dimostra che la morte dà inizio al suo governo del terrore esattamente quando la vita è diventata il sommo bene; che chi preferisce vivere in ginocchio, muore in ginocchio; che nessuno può essere ucciso più facilmente di uno schiavo» (Hannah Arendt). Sono pagine illuminanti e di drammatica attualità quelle che Hannah Arendt scrive tra il 1941 e il 1945, nell’ora più buia del mondo: pagine in cui entrano la guerra, il nazismo, la Shoah, l’idea di un esercito ebraico per combattere in Europa, gli insediamenti in Palestina, la critica al sionismo che non cercava il dialogo con i vicini arabi. Antisemitismo e identità ebraica, come scrive Enzo Traverso nell’introduzione inedita, ci permette di entrare nel laboratorio intellettuale di Arendt, cogliendo come in un’istantanea un momento cruciale del suo sviluppo. Con la prefazione di Enzo Traverso




venerdì 9 maggio 2025

Tecnocapitalismo. L’ascesa dei nuovi oligarchi e la lotta per il bene comune di Loretta Napoleoni (Meltemi)

Una ristretta schiera di Tecnotitani – a capo di imprese come Amazon, Google, SpaceX e Meta – detiene le redini del progresso tecnologico alimentando disuguaglianze laceranti, consumismo di massa, concentrazioni di potere e ingenti speculazioni finanziarie. È il “tecnocapitalismo” di cui Loretta Napoleoni offre un ritratto accurato e impietoso, e che mina alle fondamenta la democrazia e la società tutta. Per l’autrice, a minacciare il futuro è soprattutto la rapidità della trasformazione tecnologica: quanto più le innovazioni si susseguono dirompenti, tanto più i mostruosi profitti dei Tecnotitani si dilatano, a danno di salari e diritti del resto di una popolazione gettata in preda all’ansia. Come se non bastasse, le criptovalute e l’intelligenza artificiale applicata agli scambi di Borsa stanno gonfiando nuove bolle finanziarie destinate a scoppiare, mentre la corsa allo spazio viene appaltata alla voracità di nuovi Baroni. Tecnocapitalismo è un invito a riappropriarsi della tecnologia – e del futuro –, perché solo mettendo l’innovazione al servizio della collettività e del bene comune possiamo evitare il disastro sociale ed ecologico