La Via del cotone ... Intervento del Dott. Leonardo Elia

Via del cotone

Gilberto Trombetta fa un’ intringante  analisi di quello che accade in Medio Oriente.

La creazione di una via del cotone , alternativa alla via della seta, che dall’ India di Modi, corteggiatissima potenza , demografica , manifatturiera, in prospettiva militare, faccia viaggiare le merci dall’ Asia,  verso l’occidente, con un piccolo passaggio marino, attraverso la penisola Arabica, fino al mediterraneo.

Completamento  degli accordi di Abramo,  quindi puntare sui regni sunniti del golfo Persico, Saudi Arabia in primis.

Evitare le vie attualmente utilizzate, perché o bloccate, Mar Rosso o bloccabili facilmente , Golfo Persico.

Con la talassocrazia  occidentale non in grado  di garantirne la pervietà strategica, in soldoni l’uso.

Una “ copia” anticinese, antirussa, delle vie del commercio che si stanno sviluppando in Eurasia.

Ma principalmente, anti iraniana, anti “mezzaluna sciita”

Gli accordi di Abramo quindi : una dichiarazione congiunta di Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, e Israele, con la possibilità di coinvolgere l’ Arabia Saudita e le altre monarchie del Golfo.

La prima normalizzazione delle relazioni tra un paese arabo e Israele, da quella con l’Egitto del 1979 e la Giordania del 1994.

Con il ridimensionamento o meglio la scomparsa, in parole povere metterli in condizione di non nuocere, di

Hamas, quindi Gaza, ed Hezbollah , quindi Libano.

Questa , secondo Trombetta, è il fine ultimo delle operazioni militari che sta facendo Israele dal 7 ottobre, con i palestinesi, e da qualche giorno anche nel fronte nord.

Last , but not  least , al largo di questi  teatri di operazioni militari, in fondo al mare, ci sono ingentissimi giacimenti di idrocarburi, che diventerebbero di ufficio nella disponibilità di Tel Aviv.

L’obbiettivo strategico è mettere in difficoltà quello che Israele, e il suo protettore , gli USA, considerano  l’arcinemico, l’Iran, tagliare i suoi rapporti con il Mediterraneo, far sparire due spine nel loro fianco.

Ma più che il pensiero di Gilberto Trombetta, analisi acuta la sua, è importante il thread di Jared Kushner

 che  riporto integralmente dal link di “Giubbe rosse  news”, anche per le sue conseguenze su di noi europei, e italiani in particolare.

https://giubberossenews.it/2024/09/29/dai-patti-di-abramo-allassassinio-di-hassan-nasrallah/

Chi è Jared Kusher? _E’ ex consulente di Donald Trump ed ex direttore dell’ Office of American Innovation .

Un neoconservatore di ferro, appartenente  alla lobby ebraica che, almeno nelle attività americane che riguardano il medio oriente, detta legge.

Inoltre  ,come tutti i neoconservatori, può  lavorare per Trump, che tra l’altro è suo suocero, come può lavorare con presidenti democratici.

Quindi , con buona pace delle anime pie, i sostenitori di Trump di casa nostra, io la penso come Jeffrey Sachs, ci sono ottime probabilità che non cambierà nulla qualunque sia il presidente degli  Stati Uniti.

Però ,quando parla uno  come Kushner, le parole hanno un peso, un perché.

Entità così radicate sul territorio non possono essere neutralizzate così sbrigativamente, non spariscono con bombardamenti a tappeto e omicidi di massa terroristici, perché, traggono ragione e consenso, dalle azioni militari israeliane, che coinvolgono sempre o quasi, i  civili.

Quindi il consenso aumenterà e quindi le adesioni ad Hamas ed Hezbollah.

L’odio porta odio.

Ricordate quello che è successo in Afganistan e Iraq? Si è destabilizzato tutto, e gli sciti iracheni  ora stanno manifestando per la morte di Nasrallah contro gli USA e cercano di assaltare l’ambasciata americana dentro la zona verde.

Quindi quando Kusher parla, alla fine di situazione fluida, da rimodellare, io non ne sarei tanto sicuro, perché tutto si potrebbe ritorcere contro questi che si credono i modellatori del mondo a loro piacimento.

Togliere il coperchio al vaso di Pandora, sicuramente.

Il problema è nostro, di noi europei, di noi italiani.

Per prima cosa queste politiche scellerate , sono state concordate, anzi comunicate agli alleati, dagli USA.

E noi non possiamo non aspettarci un aumento della instabilità importante in un area contigua alla nostra,

che ci coinvolgerà sicuramente ,sia per la sicurezza, sia  per i conseguenti flussi migratori.

E i migranti sono argomento di discussione, non solo negli  stati che fanno riferimento agli accordi di Visegrad, che non hanno mai dato alcuna importanza alle indicazioni  che gli arrivavano su questo argomento dalla EU, i pratica se ne sono fregati altamente,  ma anche in altri come Germania, Italia, etc.

Con la solita ineffabile Von der Leyen e compagnia cantando , che continua a ripetere che ci serve forza  lavoro, servile, aggiungo io.

Solo oggi in Austria , ha vinto un partito di estrema destra FPO, che ha basato la sua campagna elettorale sull’accoglienza indiscriminata dei migranti.

I “corrottissimi” politici della nostra Prima Repubblica , coltivavano una autonomia  politica dai decisori d’oltre oceano, consci del fatto che noi siamo una realtà mediterranea, e dobbiamo avere a cuore la sorte, le sorti, di tutto quello che si affaccia, anche indirettamente su questo mare.

Non  abbiamo nessun interesse alla escalation perseguita da Israele, nessuna.

Erano sicuramente più lungimiranti di questa classe politica, che sia di destra o di sinistra, poco importa, tanto si comportano tutti nella stessa maniera, su questi argomenti , sia su altri.

Sono  ancora con Jeffrey  Sachs,  negli USA, non cambierà nulla, deve cambiare l’atteggiamento dell’ Europa.

E gli stati, e parlo di noi Italia, in primis, devono  riscoprire  la Sovranità Nazionale, che è azione nell’interesse nazionale. Punto.

E torniamo sempre al vincolo esterno, che non esiste solo in ambito economico.

Dimenticavo una cosa importantissima, che il Libano è uno stato sovrano, né più ne meno dell’ Ucraina.

 




 

domenica 29 settembre 2024

Narcotopia. Indagine sul cartello della droga asiatico che ha sconfitto la CIA di Patrick Winn (Adelphi)

Narcotopia è la storia vera e mai raccontata dei Wa, una tribù birmana di ex cacciatori di teste che gestisce il più potente narco-Stato al mondo.


Una nazione a tutti gli effetti, con le sue leggi, le sue strade, le sue scuole e un esercito permanente, la cui economia si fonda sull’eroina e sulla metanfetamina che i Wa – da decenni nel mirino della DEA e della CIA – producono ed esportano in tutto il globo. Ma Narcotopia è anche la sconcertante saga di una minoranza indigena che, perseguitata dalla giunta militare birmana, si avvale dell’unico mezzo a sua disposizione – il papavero da oppio – per conquistare ciò che agli oppressi del mondo è spesso negato: la dignità, una patria, un governo autonomo. Numerosi conflitti si intrecciano su questo sfondo: quello tra l’idealista Saw Lu – un Wa di religione battista pronto a sacrificare ogni cosa pur di unificare e modernizzare il suo popolo liberandolo dalla schiavitù dell’oppio – e la sua nemesi, Wei Xuegang, il genio del crimine cui è dovuto il successo del cartello; quello tra la DEA, che combatte il traffico di droga, e la CIA, che invece lo sfrutta cinicamente per conseguire i suoi obiettivi geopolitici; e, ancora, quello tra la Cina e gli Stati Uniti, che occultamente manovrano tutti gli attori in campo, finanziandoli e armandoli per poi sbarazzarsene quando diventano inservibili. È dai tempi del Grande Gioco di Peter Hopkirk che un libro non descriveva con tanta maestria l’intrecciarsi di politiche imperiali e destini individuali nello scacchiere asiatico. Di tale intricatissimo scenario, che la densa Prefazione di Roberto Saviano ci aiuta a dipanare, Patrick Winn ci rivela coraggiosamente ogni dettaglio, regalandoci un reportage ricco di storia, umorismo e avventura.



Hanno vinto i ricchi. Cronache da una lotta di classe di Riccardo Staglianò (Einaudi)

Siamo l’unica nazione in cui, dal 1990 al 2020, i salari si sono ristretti del 3 per cento invece di crescere, certifica l’Ocse. Com’è stato possibile? E com’è che questo sconcertante dato non è diventato il cavallo di battaglia di ogni forza progressista del Paese? Eppure il disastroso primato non è avvenuto per caso. È stato meticolosamente preparato, in America come da noi, dall’ideologia neoliberista che vedeva il Male in ogni intervento perequativo dello Stato. Un’offensiva di fronte alla quale la sinistra si è fatta trovare drammaticamente impreparata. Questo libro nasce da tali domande – oltre che dalla celebre affermazione di Warren Buffett sulla lotta di classe, che esiste ma è stata vinta da ultraricchi come lui. Nessuno, nel frattempo, ha preso sul serio la fotografia della nostra disfatta e ha provato a intervenire. Anzi, come peculiare contributo, l’attuale maggioranza parlamentare ha affossato la ragionevole proposta di introdurre un salario minimo che, come il reddito di cittadinanza, senz’altro non era la soluzione alle cause strutturali della nostra debolezza ma con altrettanta certezza avrebbe giovato.



venerdì 27 settembre 2024

Intanto al Parlamento Europeo ... Intervento del Dott. Leonardo Elia

Risoluzione Parlamento Europeo ... 

Piroette ...

FI, PD, FDi votano no al paragrafo 8 della risoluzione del Parlamento Europeo, che  “invita gli stati membri a revocare immediatamente le restrizioni sull’uso delle armi occidentali contro obbiettivi militari legittimi sul territorio russo”.

Per poi in ordine sparso, , votare la risoluzione in toto, contenente l’articolo in questione.

E’ bene sapere il voto nei dettagli:

La Picierno e la Gualmini votano si alla risoluzione e all’art. 8

Bonifei, Corrado, Decaro, Laureti, Ricci, Ruotolo, Zan e Zingaretti votano NO al paragrafo e Si alla risoluzione che la contiene.

La Strada, vota  No al paragrafo e si astiene sulla risoluzione.

La Annunziata si astiene sul paragrafo e vota Si alla risoluzione, poi rettifica a verbale la sua astensione

Precisando la sua contrarietà al paragrafo, ma non alla risoluzione che lo contiene.

Tarquino non vota per ragioni tecniche, ma è per il no astenendosi sulla risoluzione.

I vari governatori, votano si alla risoluzione

Questi dati li ho presi e filtrati da Marco Travaglio.

Ma sono dati acclarati.

Comunque molta confusione a  sinistra, o sinistra presunta tale.

Chi vota contro sono Movimento 5 stelle, Lega, e Avs.  Hanno votato No a paragrafo e alla risoluzione, coerentemente e senza piroette.

Poi chi definisce gli obbiettivi militari “legittimi”?

Zelensky?

Se a lui e ai suoi scagnozzi  salta in testa di attaccare postazioni radar di allerta lontana, cosa che hanno già fatto, pochi mesi fa, danneggiando , una apparecchiatura  che è stato pensata  in caso di attacco nucleare, quindi, per adesso, fortunatamente ,nulla a che fare con la guerra in Ucraina, ma invece essenziale per mantenere una vitale deterrenza russa , cosa succede, cosa può succedere?

Con gli USA, che non si assumono  responsabilità, per le azioni degli ucraini come d’altra parte stanno facendo anche per Gaza e ora anche in Libano.

Gaza e principalmente Libano, servono a  trascinare l’Iran , altro dente cariato per i decisori d’oltreoceano.

La Casa Bianca formalmente   non avvalla  l’utilizzo dei suoi aiuti  in questi due teatri bellici per  operazioni militari  estreme, anzi non fa che ripetere la sua contrarietà e il suo non essere  mai informata prima.

Salvo fornire armi e intelligence in maniera completamente indiscriminata ai propri alleati, senza chiedere ragioni sull’utilizzo.

Imponendo all’Unione Europea un interventismo assolutamente , per me , autolesionista.

E per noi suicida .

Cose da pazzi.

Fermo restando che la nostra Costituzione obbliga la ricerca e l’utilizzo della via diplomatica , per la risoluzione delle controversie internazionali, cosa che la risoluzione in questione non fa, preferendo quindi  l’escalation.

Con un Cappellini, giornalista di Repubblica , che dice in un suo articolo, che votare contro la risoluzione, sarebbe stato un mettersi dalla parte di Vannacci, Salvini, e l’immancabile Orban.

Quindi , dice Travaglio ironicamente, i custodi della Costituzione ( art. 11), sono questi tre, e non il blocco degli atlantisti e relativi partiti, che per l’Ucraina ,soffiano sul  fuoco, e che su quello che sta succedendo in Palestina e Libano , osservano un silenzio rigoroso e fattuale, fornendo anche loro strumenti di morte

Nessun richiamo a Israele.

Guardate le immagini , del ragazzino con bandierina palestinese, inseguito a Berlino da poliziotti.

D’altra parte Sarah Wagenknecht, con il suo partito in costante ascesa in Germania, ha invitato il cancelliere Scholtz a unirsi a Orban(il demonio!) nel suo giro di consultazioni nell’ottica di una soluzione diplomatica della mattanza ucraina.

Comunque io non credo ad un reale cambiamento della politica americana, con le prossime elezioni, qualunque siano i risultati, prima per l’enorme  potere dei neoconservatori, e poi perché , chiunque sia il nuovo presidente, non avrà né la forza , né la volontà di cambiare rotta, di affermare politiche, che anche nel breve periodo, possano risultare controproducenti, per gli interessi americani.

Dovrebbe essere l’ Europa, ad assumere una postura assolutamente indipendente, specialmente  in questi due scacchieri, Medio Oriente e Ucraina, assumendosi la responsabilità di fermare il massacro, i massacri, che si stanno svolgendo a poca distanza da noi.

Lo dicono persone dello spessore Jeffrey Sachs , e di John Mearsheimer, due acuti,  politologi di fama internazionale.

Non ci può aspettare nulla dagli USA, come contenimento della politica Netanyau, anche perché

Israele,  per il peso elettorale e finanziario, di lobbies note a tutti, è in pratica il cinquantunesimo  stato dell’Unione

Inoltre  lo stato di Israele è uno dei miti fondanti della repubblica federale tedesca.

Tutto ciò per il senso di colpa per quello che è successo ottant’anni fa.

Però la storia va interiorizzata ed elaborata, non si può vivere in un limbo post storico per sempre, perché è un atteggiamento paralizzante, e non è bene  .

La notizia buona è che si è dimesso l’intero direttivo dei Verdi tedeschi, partito ultra atlantista, dopo la catastrofe elettorale , nei Land dell’est, con l’ ascesa di AFD e della Wagenknecht,, partiti sovranisti , cioè partiti che tornano a parlare di sovranità nazionale. Sovranità nazionale, che è strettamente collegata al parlamentarismo, al riconoscersi come comunità.




 

A Milano è morto l'arciprete. Don Achille Bolis 23 febbraio 1944 di Enrica Bolis, Clara Tacchi (Mimesis)

 Nelle primissime ore del 22 febbraio 1944, in una notte gelida in cui cadeva una pioggia leggera, una sessantina di militi fascisti arrestarono l’Arciprete di Calolzio, don Achille Bolis, che in seguito fu tradotto a San Vittore dove morì per le torture subite. La stessa notte e nei giorni successivi furono arrestati e deportati altri patrioti coinvolti nella Resistenza locale.




da Radio Onda D'Urto - SIENA: L’ATENEO VIETA LA CONFERENZA SU PALESTINA ORGANIZZATA PER IL 7 OTTOBRE (NO COMMENT)

“Il 7 ottobre è vietato parlare di Palestina e Israele all’università di Siena”: è la denuncia dell’associazione studentesca Cravos-Siena di fronte alla scelta dell’ateneo toscano di cancellare un dibattito dedicato alla situazione in Palestina. Il progetto della conferenza sulla questione israelo-palestinese, spiegano gli studenti, era inserito all’interno di un bando pubblico dell’università chiamato “Infondoècultura” e dopo aver ottenuto, nei mesi precedenti, l’approvazione da parte del rettore Roberto Di Pietra, l’autorizzazione è stata annullata.

Tra i relatori invitati ci sono Ilan Pappé, storico israeliano, Francesca Albanese, relatrice speciale Onu per il territorio palestinese occupato, Karem Rohana, attivista italo palestinese e Giuseppe Flavio Pagano, divulgatore di geopolitica


INFO LINK 




Volga Blues. Viaggio nel cuore della Russia di Marzio G. Mian (Gramma Feltrinelli)

 Sulle sponde del grande fiume che attraversa la Russia, alla ricerca delle radici di un paese travolto dal suo passato, àncora e demone, tabù e destino dei suoi tanti popoli.

«Dietro la nuova cortina di ferro: Stalin, caviale e nazionalismo.» - Harper’s Magazine

«Seimila chilometri e quattro settimane di viaggio lungo il Volga, alla scoperta della Russia profonda. Un paese sempre più nazionalista e ripiegato su se stesso, dove la guerra in Ucraina è solo una presenza lontana e spettrale.» - Internazionale


Vista da Occidente, la Russia è oggi una terra lontana, misteriosa, ostile. Dall’invasione dell’Ucraina sembra sprofondata in un buio ancora più fitto che ai tempi più bui dell’Unione Sovietica, come un pianeta a sé stante, un mondo reso sinistramente lontano e inaccessibile dalla guerra. Sfidando i paranoici controlli dei servizi di sicurezza, Marzio G. Mian è tuttavia riuscito a viaggiare per seimila chilometri nella pancia, nel cuore e nell’anima della Russia. Per farlo ha scelto la rotta maestra della sua storia: il Volga, il fiume, totem e destino, autobiografia del popolo russo, secondo le parole di Michail Piotrovskij, direttore dell’Ermitage. Sulle sue sponde si è radicata, infatti, la fede ortodossa dopo il crollo di Costantinopoli, è sorto l’impero zarista, si è affermato quello sovietico, con la battaglia di Stalingrado e l’industrializzazione forzata di Stalin, si è consolidato il progetto neo-imperiale dell’autocrazia post-sovietica di Vladimir Putin. “Patria” dei tatari, dei cosacchi, dei monaci-santi, degli sciamani, di Razin, Pugačëv, Lenin, Kerenskij, Gončarov, Puškin, Gor’kij, Chlebnikov, della Russia arcaica e rurale, di quella metropolitana e dei grandi spazi pieni di nulla, delle steppe e dei sovchoz, delle fabbriche e delle izbe, della tradizione più reazionaria e della rivoluzione più spietata, il Volga è il fiume in cui Europa e Asia si incontrano o si dividono, a seconda che la bussola della Storia russa indichi Oriente oppure Occidente. Viaggiando da nord a sud, dalla sorgente nella regione del Valdaj, tra San Pietroburgo e Mosca, fino ad Astrakan’ sul Mar Caspio, passando per Tver’, Dubna, Rybinsk, Jaroslav’, Nižnij Novgorod, Kazan’, Ul’janovsk, Samara, Saratov, Volgograd, senza mai incontrare uno straniero, senza ascoltare altra lingua che il russo, Mian svela l’“altro fronte” del feroce scontro in atto con l’Occidente, il fronte di un popolo fatto di molte nazioni e tenuto insieme dal brutale, fragile, antico sogno di una civiltà imperiale. Sulle sponde del grande fiume che attraversa la Russia, alla ricerca delle radici di un paese travolto dal suo passato, àncora e demone, tabù e destino dei suoi tanti popoli.



martedì 24 settembre 2024

La sconfitta dell'Occidente di Emmanuel Todd (Fazi)

Documentatissimo e basato su cinque decenni di ricerche, lontano dalle approssimazioni che caratterizzano il dibattito su questi temi, La sconfitta dell’Occidente è un contributo di straordinario valore per capire il nostro presente.


La sconfitta dell’Occidente, a cui fa riferimento il titolo di questo saggio dello storico e sociologo francese Emmanuel Todd, è duplice. Si tratta infatti di una sconfitta esterna, la guerra in Ucraina, ma soprattutto di una sconfitta interna: il declino demografico, morale ed economico delle società occidentali. Todd chiama in causa le classi dirigenti dell’Occidente, in primis quella degli Stati Uniti, con il conflitto russo-ucraino a fare da lente di ingrandimento e a contrapporre, secondo l’autore, una Russia stabilizzata, di nuovo grande potenza, a un Occidente in preda al nichilismo e in crisi irreversibile di egemonia. Utilizzando le risorse della sociologia, dell’antropologia e dell’economia, Todd pone a confronto le “oligarchie liberali occidentali” con la “democrazia autoritaria russa” per spiegare le ragioni profonde dei cambiamenti geopolitici in atto. In particolare, offre una lettura acuta e originale dei punti di forza e di debolezza dei due paesi in guerra (Russia e Ucraina), dei principali paesi occidentali (Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Francia), dei paesi scandinavi e dell’Europa orientale, senza dimenticare il resto del mondo nel suo complesso. I lettori ritroveranno qui gli elementi che hanno sempre reso unici e preziosi gli studi di Todd: l’analisi dei modelli familiari e delle statistiche demografiche ed economiche, la scrittura brillante, un’erudizione non comune e intuizioni geniali.



Presidente di tutti. Giorgio Napolitano nelle memorie di un segretario al Quirinale di Giovanni Matteoli (Il Mulino)

«Il presidente tenne sempre fede al compito di svolgere un ruolo di mediazione e di garanzia, del tutto coerente con la sua diffidenza per le contrapposizioni esasperate, le estremizzazioni e le faziosità. La sua intima convinzione era che l'Italia avesse bisogno di interventi di moderazione che evitassero i rischi molteplici per l'unità nazionale, sul terreno delle diversità regionali, delle disparità economiche, delle differenze sociali e della molteplicità di concezioni ideali e culturali». Giorgio Napolitano sale al Colle il 15 maggio 2006, subito dopo le elezioni politiche vinte di poco dal centro-sinistra federato per la seconda volta da Romano Prodi. Resterà al Quirinale nove anni, divenendo il primo Presidente della Repubblica rieletto e mantenendo un delicato «equilibrio europeo» anche quando a fare i titoli dei giornali saranno i marosi della politica italiana: dalla nascita del Partito Democratico all'affermazione del Movimento Cinque Stelle, dalla caduta di Silvio Berlusconi all'arrivo di Mario Monti, dall'ascesa di Matteo Renzi alla mancata riforma costituzionale del 2016. Giovanni Matteoli ha osservato quei difficili anni dal Colle più alto, ricoprendo diversi ruoli all'interno dello staff di Napolitano. Insieme al funzionamento «quotidiano» della prima istituzione della Repubblica, le sue memorie ci restituiscono la figura di un grande italiano, che ha rinvenuto nella sua profonda cultura politica la formula per custodire il nostro stato costituzionale nel difficile trapasso dal Novecento al «dopo» in cui ancora viviamo.



Il bolscevismo di Guido Manacorda (Oaks Editrice)

«La polizia segreta terroristica è il vero elemento specifico del DNA del bolscevismo, come spiega con parole diverse Manacorda nel capitolo dedicato all'argomento. Oggi il suo nome è ancora cambiato (Fsb), ma la sostanza è sempre la stessa. Non a caso Putin, che si è formato nelle fila del Kgb, preferisce addirittura definirsi un cekista, rivendicando quindi una continuità con le origini della polizia bolscevica, anche se esibisce spesso, con compiacimento, forse perché più coreografiche, simbologie risalenti all'impero zarista, con la benedizione delle più alte gerarchie della Chiesa ortodossa patriottica. Insomma, ancora e sempre la 'Russia eterna', come amano definirla i suoi attuali governanti, è tenuta in piedi dalla sua altrettanto eterna polizia. Per questo un saggio come "Il bolscevismo", scritto più di ottanta anni fa, su questi ma anche su altri aspetti, è ancora un libro attuale» (dall'introduzione di Aldo G. Ricci)



venerdì 20 settembre 2024

Anche i cercapersone esplodono … Intervento del Dott. Leonardo Elia

Il 18 di settembre altre esplosioni di apparecchi in Libano e Siria, questa volta non solo di cercapersone , ma anche di telefonini e altri aggeggi elettronici, tutti acquistati negli ultimi mesi.

Terrorismo , terrorismo e basta, si mira indebolire l’avversario attaccando , ferendo uccidendo la popolazione civile.

Ma c’è una novità, l’offesa  non è indirizzata ad un obbiettivo, simbolico quanto si vuole( twin towers) ma entra nelle case di tutti.

Calcolo aberrante.

E, forse, stanotte , è iniziata l’invasione del Libano .

Per me il governo Israeliano e coacervo di pazzi suicidi, quello che stanno facendo può sancire  la fine dell’idea stessa dello stato ebraico, non solo manu militari, stanno moltiplicando l’odio, ma stanno alienando il consenso che aveva  portato alla nascita di Israele ottant’anni fa dopo la tragedia della Shoah.





Questa terra è nostra da sempre. Israele e Palestina di Arturo Marzano (Laterza)

C’è una guerra reale con migliaia e migliaia di vittime e ce n’è un’altra virtuale, quella che sui social network e nel web vede contrapposti i sostenitori di Israele e quelli pro Palestina. Le fake news abbondano e la storia di questo conflitto è continuamente sottoposta a falsificazioni e strumentalizzazioni. È tempo di un “Fact Checking” che faccia finalmente chiarezza sulla questione.


Tra israeliani e palestinesi chi ha torto e chi ha ragione? Chi sono i ‘buoni’ e chi i ‘cattivi’? Gli israeliani, che ‘da vittime si sono trasformati in carnefici’? O i palestinesi, che ‘non vogliono altro che distruggere Israele’? E quando comincia il conflitto? A fine Ottocento, con la nascita del sionismo, negli anni Venti del Novecento o nel 1948, quando Israele viene attaccato dai paesi arabi ‘con l’obiettivo di annientarlo’, o quando si verifica la ‘pulizia etnica dei palestinesi’? E perché la pace non è mai stata raggiunta? Si tratta di un ‘odio atavico’ che rende questo conflitto ‘insanabile’ oppure è solo questione di tempo e la pace sarà a portata di mano? Questo libro vuole provare a rispondere a tutte queste domande, mettendo in discussione una serie di luoghi comuni, la stragrande maggioranza dei quali del tutto errati. L’obiettivo è presentare la realtà di Israele/Palestina nella sua complessità, con l’ulteriore ambizione di farlo in modo semplice, senza tuttavia cadere nel semplicismo. Solo comprendendo le legittime rivendicazioni delle due parti è possibile orientarsi lungo le tante vicende, spesso violente e dolorose, che costituiscono la storia del conflitto.



Sorpresa Rackete: la capitana vota a favore dell'uso di armi occidentali in territorio russo

L'europarlamentare ha dato il via libera al punto numero 8 della risoluzione. Così il voto di oggi a Strasburgo ha spaccato in due i partiti e le coalizioni di sinistra ed estrema sinistra




L’ACCADEMIA ITALIANA PELLEGRINI REPPRESENTA LA COMUNITÀ ITALIANA NELLA PARATA CIVICO-MILITARE DELLA FESTA DELL’INDIPENDENZA BRASILIANA

La data del 7 settembre è una ricorrenza molto speciale per il popolo brasiliano, poiché celebra la dichiarazione di Indipendenza del Brasile dal Regno Unito di Portogallo, avvenuta il 7 settembre 1822. Nel 2024 segna, quindi, i 202 anni di indipendenza brasiliana.

La ricorrenza viene celebrata ogni anno con parate civico-militari, manifestazioni e discorsi pubblici in tutto il Paese.

Nella città di Campinas, una delle più importanti e popolose città dello stato di São Paulo con più di 1 milione di abitanti, per il 3° anno consecutivo, l’Accademia Italiana Pellegrini ha rappresentato la Comunità italiana della città di Campinas nella tradizionale parata civico-militare organizzata dal Comune.

L’Accademia Italiana è uno degli istituti di lingua e cultura italiana più tradizionali dello stato di San Paolo ed è diretta dalla leccese Ilaria Bisanti, che vive in Brasile da oltre 15 anni.

Quest'anno i festeggiamenti sono stati ancora ancora più speciali poiché il 2024 segna i 150 anni di immigrazione italiana in Brasile.

“Sono felice che il mio istituto abbia rappresentato la comunità italiana in una delle celebrazioni più importanti e significative del Brasile, la festa dell’Indipendenza” ha dichiarato Ilaria Bisanti.  “Come me, milioni di italiani nei secoli passati, sono emigrati in questo Paese e hanno potuto costruire una famiglia, un lavoro, una nuova vita. In un certo senso, anche loro hanno lottato per la propria indipendenza. Questa festa è anche nostra!”

All'evento hanno partecipato anche i rappresentanti del COMITES-SP, comitato degli italiani all’estero nello Stato di San Paolo con i consiglieri Fernanda Mercurio e Sebastião Zoli, e il presidente del Patronato ACLI Campinas, Paulo Moretti.

La delegazione italiana ha sfilato in una delle principali arterie della città, Avenida Francisco Glicerio, con iconiche automobili italiane, tra cui Fiat 500, Ferrari e Lamborghini offerte dalle concessionarie Akkar Motors e Castello Motors di Campinas, tutte rigorosamente sventolando una bandiera italiana dai finestrini.

A chiudere la sfilata è stata un'imponente bandiera italiana lunga 10 metri tra gli applausi dei numerosi cittadini che riempivano la Avenida.

Secondo il Comune di Campinas, hanno partecipato alla manifestazione circa 20mila persone, tra cittadini, rappresentanti delle forze dell'ordine ed enti civili.

Viva il Brasile!

Viva l'Italia!

Viva il coraggio di chi comincia a scrivere la propria storia, sia nella propria terra che in un altro continente!

 

Crediti per le foto: José Altieri @altieri.foto

@accademiaitalianapellegrini @comites_sp @aclicampinas @akkarmotors

@castelomotors @prefcampinas




mercoledì 18 settembre 2024

Cercapersone come ordigni esplosivi in Libano e Siria - Intervento del Dott. Leonardo Elia

In Libano e Siria sono , letteralmente, esplosi dispositivi cercapersone provocando migliaia di feriti, alcuni gravi, e morti, almeno una decina.

All’inizi si pensava che tutto ciò fosse dovuto   al surriscaldamento delle batterie, indotto da un hackeraggio, ma vedendole immagini delle videocamere di sorveglianza di supermercati e vari luoghi pubblici dove sono avvenuti i i fatti, è subito sembrata un’ipotesi che non spiegava l’accaduto , sia l’entità del botto ,sia  in relazione alle ferite procurate ai malcapitati.

Secondo Snowden, ricordate Wikileaks, è molto probabile che sia stata inserita in queste apparecchiature una piccola quantità di esplosivo, innescata in vario modo.

Sono d’accordo.

Chiaramente  tutti pensano ad Israele, anche perché non ha confermato nulla , come suo costume.

Ho pensato subito all’omicidio mirato di Yahya Ayyash ,  soprannome “ l’ingegnere”,   brigate Izz al- Din al – Qassam, ricercatissimo dagli israeliani, ucciso nel 1996, con l’esplosione del suo cellulare.

Ci sono alcune considerazioni da fare su quanto avvenuto ieri.

Per prima cosa, è stata violata, e in maniera pesante , la catena di approvvigionamento  di Hezbollah,

quindi il loro nemico per antonomasia si è infiltrato tanto bene, da avere il tempo di inserire in migliaia di cercapersone una piccola, ma efficace , quantità di esplosivo, innescato da qualcosa di informatico, che sia un malware o qualche altra diavoleria.

Non sarà un caso ma ieri al largo del Libano, ha colato un C 130 H, strapieno di apparecchiature per la guerra elettronica.

Ora apprendo che le apparecchiature esplose sono di un’azienda taiwanese, e prodotti in Ungheria.

Ma perché questo, perché ora.

Alcuni canali israeliani indipendenti, partono  dalla considerazione che la mobilitazione di massa della milizia sciita libanese si basa sui cercapersone, che fanno passare molto velocemente i combattenti  dalla routine quotidiana, all’emergenza, la guerra di popolo per intenderci.

Ergo , non solo Hezbollah ha dimostrato, cosa gravissima, di essere violabile in settori strategici, ma principalmente ha dovuto subire perdite, sia morti , sia feriti gravi, per capirci , amputazioni agli arti,

che limitano la sua capacità di risposta in caso di conflitto.

Da parte di chi? Indovinate un po’.

Non bisogna dimenticare, che una parte del governo israeliano vuole iniziare una campagna militare in Libano e Siria,  non essendo riuscito a “pacificare” Gaza, con la preoccupazione  di avere la peggio , come e di più  del 2006, negli scontri con gli sciti, molto più armati e molto più addestrati di allora.

Senza che questi ultimi possano più usare il loro sistema di mobilitazione più importante.

Con l’Iran che , vedendo la loro difficoltà, potrebbe intervenire.

Escalation quindi.

Cosa che hanno sempre evitato, con grande lungimiranza, non cedendo alle provocazioni Israeliane.

Con l’Europa tutta, Italia compresa , che beatamente guarda, cullandosi nel sogno bagnato dei due popoli in due stati.




martedì 17 settembre 2024

Appiattimento del mondo. La crisi della cultura e il dominio della norma di Olivier Roy (Feltrinelli)

L’appiattimento del mondo è un saggio brillante e critico, controcorrente rispetto alla denuncia antimoderna dell’individualismo, ed esprime invece preoccupazione per la facilità con cui acconsentiamo all’estensione del dominio della norma.


Identità contro universalismo, genere contro sesso, repubblica contro comunitarismo, razzismo, femminismo, immigrazione... Ciò che accomuna questi temi, che da tempo ormai polarizzano la vita intellettuale con forti implicazioni politiche, è che coinvolgono la cultura, in ogni senso del termine. Olivier Roy respinge, però, la tesi di una “guerra di valori”. Ciò che è in crisi, sostiene, è la nozione stessa di cultura, oggi ridotta a un sistema di codici espliciti, decontestualizzati e spesso globalizzati che invadono le università come le nostre cucine, le lotte identitarie e le religioni come le nostre pratiche sessuali, e persino le nostre emozioni debitamente elencate e ridotte a espressioni in forma di emoji. La diagnosi impietosa di Roy è quella di una deculturazione globale, l’appiattimento del mondo appunto. Roy esamina i meccanismi e gli effetti paradossali di quattro grandi cambiamenti contemporanei (la liberazione della morale emersa negli anni sessanta, la rivoluzione di Internet, il neoliberismo sfrenato e la deterritorializzazione legata alla fine dell’idea dello stato-nazione per come lo abbiamo conosciuto e alle migrazioni globali): dove i dominanti si sentono minacciati e soffrono come i dominati; dove le lingue ibride e globalizzate (per esempio il globish) e i manga diventano simulacri che annientano la ricchezza della lingua inglese o della cultura giapponese; dove i “processi” di comunicazione producono un “divenire autistico”.